Gabriele Pedullà: Territorio, identità nazionale e tradizione fanno parte di un progetto aperto

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6 risposte

  1. AP ha detto:

    Per quel che può valere sono d'accordo.

    Non è tanto importante criticare e magari fare a pezzi l'apprenti sorcier che mette la marmellata di lime, l'importante è avere a portata di mano (difeso e accudito con cura) qualcuno (meglio molti) che sappia fare il Bacalà alla vicentina come si deve.

  2. da ha detto:

    Il solito gioco di sovrapporre alla "condensazione storica" il senso di appartenenza all' istituzione statale. Purtroppo la nazione è la forma politica che permette di giocare sullo scacchiere dello sviluppo ineguale tra nazioni, altrimenti detto mercato mondiale. Se l'aspirazione alla indipendenza nazionale fu la forma moderna in cui si espresse la prassi secolare, la sua realizzazione, lo stato-nazione, da lungo tempo ha cancellato (impossibilitata a svilupparla storicamente, portata a renderla folclore, ossia una differenziazione artificiosa nell'ambito di una comune prassi economica mondiale) la sua stessa premessa.

     

     

  3. Giampiero Marano ha detto:

    E quindi? Dobbiamo rassegnarci a questa cancellazione e subire fatalisticamente la comune prassi economica mondiale?

  4. da ha detto:

    fatalista è la chimera di porre limiti politici, territoriali, giuridici, etici ad una potenza che nasce dai rapporti sociali di produzione. comprensibile invece piazzare questa merce al mercato dell' ideologia come progetto di liberazione

  5. stefano.dandrea ha detto:

    Bah. Lenin vide nel prevalere della libera circolazione dei capitali rispetto alla circolazione delle merci uno degli elementi dell'imperialismo come fase ultima del capitalismo. Però poi la circolazione dei capitali fu enormemente limitata.

    Comunque, la "vera liberazione" può venire soltanto da ciò che sa "piazzarsi al mercato dell'ideologia come progetto di liberazione"; mentre, ovviamente, non tutto ciò che sa piazzarsi come merce al mercato dell'ideologia come progetto di liberazione porta alla liberazione (insomma, sapersi piazzare al mercato è condizione necessaria ma non sufficiente). Però una cosa è certa: tutto ciò che non è spendibile come merce al mercato dell'ideologia come progetto di liberazione è pippa mentale per deficienti.

  6. da ha detto:

    Mangiato troppo problemi di digestione ?

    "Lenin vide nel ..come fase ultima del capitalismo." Vero, è il titolo, ma ne dai una lettura elementare: una volta abbattuto per ipotesi il potere dei monopoli sarebbe ricomparso il capitalismo della società civile borghese. Altro che limite, niente di essenziale cambia! A te interessa potenziare il Capitale nazionale, anche questa è tradizione, i miei interessi immediati non sono affatto i tuoi.

    Così dovrebbe essere chiarito brevemente il senso dei due commenti sopra, ma sentiamo l' internazionalista pratico Lenin:

    "L’imperialismo puro, senza il fondamento del capitalismo,non è mai esistito, non esiste in nessun luogo e non potrà mai esistere. Si è generalizzato in modo errato tutto ciò che è stato detto sui consorzi, i cartelli, i trust, il capitalismo finanziario, quando si è voluto presentare quest’ultimo come se esso non poggiasse affatto sulle basi del vecchio capitalismo. Ciò è falso. Ed è falso specialmente per l’epoca della guerra imperialista e per l’epoca che segue la guerra imperialistica … E oggi non soltanto in Russia e non soltanto in Germania, ma anche nei paesi vincitori, incomincia appunto un’immensa distruzione del capitalismo moderno, che elimina ovunque quest’apparato artificioso e risuscita il vecchio capitalismo … Se ci trovassimo di fronte a un imperialismo integrale il quale avesse trasformato da cima a fondo il capitalismo, il nostro compito sarebbe centomila volte più facile. Avremmo un sistema nel quale tutto sarebbe sottomesso al solo capitale finanziario. Non ci resterebbe allora che sopprimere la cima e rimettere il resto nelle mani del proletariato. Sarebbe cosa infinitamente piacevole, ma che non esiste nella realtà. In realtà lo sviluppo è tale che si deve agire in tutt’altro modo. L’imperialismo è una sovrastruttura del capitalismo. Quando crolla, ci si
    trova di fronte alla cima distrutta a alla base messa a nudo … C’è il vecchio capitalismo, che in diversi campi si è sviluppato fino all’imperialismo".

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