La sfida dell’‘interessante’

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12 risposte

  1. Matauitatau ha detto:

    Bell'articolo che ha un sacco di "applicazioni" in vari campi e situazioni.

    Cominciamo a vedere cosa significa "interessante"; utile? Non proprio e nemmeno"bello" o "buono".

    E' tutto ciò che non solo fornisce un'interpretazione del mondo (o modo di "servirsi del modno" che è uguale anche se in un'ottica utilitaristica più limitata) ma la dà inserendola in una possibilità di "discorso" generale, di "ermeneutica" del mondo condivisa dal gruppo (ossia non come insegna la nostra cultura liberista d'accatto a "formare l'individuo" ma a permettere la condivisione, lo scambio delle idee, il rapporto. Per questo è il discorso quello che conta, ciò che va "veicolato" e fatto nascere con l'insegnamento, non il travaso di un concetto).

    Pensate agli ebrei dopo il 70 d.C e dopo l'ultima ribellione ai Romani (quella di Bar Kokhba); la loro terra era devastata, la loro comunità in buona parte dispersa il loro tempio un cumulo di macerie; non avevano più nulla se non un libro. Eppure è da lì che è nata una nuova identità ebraica sostanzialmente indistruttibile; ed è stato possibile perché hanno cominciato a operare l'attività fondante e costituente qualsiasi senso di appartenenza cioè un'ermeneutica condivisa; in quanto ermeneutica del libro sacro era un'ermeneutica del loro stesso senso di appartenenza, un'ermeneutica al quadrato quindi.

    Su questa ermeneutica libera e diffusa che lentamente si sedimentava e solidificava senza dimenticare nessun contributo fosse anche il più piccolo e marginale è nato uno spirito di comunità formidabile che dovrebbe servire da esempio per tutti.

    Dal punto di vista pratico sarebbe indispensabile ripensare radicalmente i programmi scolastici che si basano su idee abbastanza strampalate come quella che identifica lo studio di qualsiasi cosa con la sua "storia". Vuoi studiare arte? Devi studiare "storia dell'arte". Filosofia, musica etc? Lo stesso. Non funziona così, nessuno di noi che abbia una passione che abbia coltivato negli anni fin da ragazzino ha mai cominciato in ordine cronologico.

    Bisogna inserire nei programmi scolastici e metterlo alla base del metodo di studio quella che si chiama "comprensione del testo", cosa che già si fa nel miglior sistema scolastico del mondo che è la Finlandia.

    Dobbiamo "predicare" un sistema di insegnamento fondato principlamente non sull'apprendimento di concetti (anche quello per carità) ma, soprattutto nelle materie umanistiche che sono importantissime, nell'interpretazione e reinterpretazione dell'opera letteraria, pittorica, del fatto storico, del teorema geometrico o matematico, compiuta dal gruppo tutto insieme cercando di progredire attraverso il confronto delle idee. Lo scopo è far ritrovare il piacere di partecipare e una volta arrivati a quello il resto verrà da sé (meglio del disastro attuale di sicuro comunque).

    La parte più specificamente tecnica verrà dopo; quello che rappresenta la novità è che la tradizione da tramandare non può più essere un pacchetto di concetti (cosa che porta alle disfunzionalità illustrate da Bolzonello) ma un modo di stare insieme e di pensare insieme. La cosa più antisistema che si possa pensare.

    Assurdo

  2. stefano.dandrea ha detto:

    Molto interessante e pieno di spunti il tuo ragionamento. Il sistema finlandese è certamente il ororiginale, da quanto dici: che sia il migiore va ancora dimostrato; magari potresti postare qualche dato, ammesso che si tratti di misura calcolabile con dati.

    Resto però ancora convinto – lo so che io sono vecchio rispetto a te – che la noia, l'impegno, il sacrificio, le ore trascorse davanti a un problema, la tradizionale lettura, siano ancora essenziali, fermi tutti gli stratagemmi per rendere interessante e desiderato un tema o argomento o esercizio. E' chiaro che ormai non sarà più la massa ad essere educata (anche) in questo modo. Questo mi sembra un dato indiscutibile. Probabilmente sarà una nuova elite. Ma fino a quando la differenza è fondata sulla scelta, sull'accettazione della noia, del sacrificio, del rischio della bocciatura e della sconfitta, e non sul sangue o sul denaro, non ci vedo niente di male.

  3. Matauitatau ha detto:

    Per esempio ecco il primo che ho pescato

    http://thelearningcurve.pearson.com/index/index-ranking

    Non sei vecchio rispetto a me. Sono sicuramente più vecchio io.

    Non lo sapevi che negli anni"d'oro" i ragazzi erano abituati a pensare fuori dagli schemi?

    Sull'accettazione del sacrificio e sulla necessità della capacità di soffrire hai ragione ma la cosa strana è che ritieni che lo Stato se ne debba far carico per aumentarne la dose.

    I ragazzini hanno già tanti problemi e inquietudini per i fatti loro.

     

    Hai perfettamente ragione a dire che questa è l'educazione di élite, è proprio così.

    Cominciamo a farne un sistema del nostro modo di essere comunità.

    Riveliamo alla gente (a chi vuole capire subito ma ci sono anche quelli che devono recepire senza capire e poi un giorno, non si sa come e perché, aprono gli occhi) che la loro condizione di subalternità è costruita ad arte impedendogli di "riflettere e interpretare", permettendogli solo di "divertirsi", "distrarsi", "commuoversi". In altri termini autorizzandoli a fare tutto ciò che è analogicamente corrispondente a "consumare".

    Non tutti capiscono e un movimento serio deve anche parlare dei problemi terra terra che sono fondamentali; ma se non li inserite in una visione più ampia, se non fomentate il desiderio di riscatto e di rivalsa contro chi ci sta riducendo a una degradante condizione di sottomissione affamandoci e umiliandoci spiritualmente, il vostro messaggio non passerà se non come rivendicazione settoriale e contingente.

    In sostanza un programma politico non può essere una serie di proposte da governance ma deve offrire una prospettiva di "government" ossia ha bisogno di ideali, di principi, di fede e di rabbia. Bisogna individuare i responsabili sia in quanto sistema che in quanto gruppi concreti.

  4. stefano.dandrea ha detto:

    Ancora una volta siamo completamente d'accordo, almeno credo. Però prova a costruire un soggetto collettivo e ad aggregare sulla base di ciò che proponi: scommetti che impiegherai anni a raggruppare venti persone che si stancheranno? Purtroppo – ma è un dato di fatto, quindi "purtroppo" non ha senso – bisogna muovere dalla materialità della riproduzione sociale.

    "Divertere" significa deviare dalla strada, cosa che può accadere in certi frangenti e in precisi momenti della giornata. I ragazzini non hanno alcun problema e inquietudine. O meglio hanno problemi falsi e assurdi che il sistema genera. L'alternativa è metterli davanti ad altri più seri problemi e dare ad essi strumenti per "riflettere e interpretare" al fine di risolverli.

    I bambini vanno educati a riflettere, ad interpretare e per far ciò ad impegnarsi e concentrarsi e ad avere passione ed interesse. Io credo che si tratti di un circolo virtuoso: la passione e l'interesse spingono all'impegno e generano concentrazione ma è anche vero che l'impegno e la concentrazione generano se non passione almeno interesse. Quindi i vecchi metodi (intendevo vecchio in questo senso), eventualmente ammodernati alla finlandese o come preferisci, vanno riscoperti. Naturalmente bisogna distinguere tra elementari medie e superiori; ma a 14 anni si va in miniera otto ore al giorno – i bambini sottratti alla miniera vera, vanno immessi nella miniera dello studio impegnativo – altrimenti a 16 si torna al duro lavoro di fatica, che ovviamente va tutelato. Nella misura in cui fino a 14 anni non hai sviluppato interesse e passione, lo studio comporterà sofferenza e sacrificio e l'esito dell'impegno sarà incerto e comunque modesto. Senza impegno, a 16 anni si torna al nobile e tutelato lavoro di fatica.

    Non la dobbiamo fare troppo facile.

  5. Matauitatau ha detto:

    Ci sarebbe tanto da dire come il fatto che "divertire" – o in latino "divertere" – lo hai usato tu, non io ed è curioso che tu abbia intepretato come "di-vertimento" le modalità di apprendimento di cui ho scritto. Ho parlato solo ed esclusivamente di anteporre l'ermeneutica fatta autonomamente da ognuno e condivisa e confrontata nel gruppo sotto la guida dell'insegnante, all'apprendimento quasi acritico e individuale di concetti o nozioni che finiscono ovviamente per diventare funzionali alla riproduzione di un sistema sociale e di potere sempre più sclerotizzato.

    Tu però per motivi che sarebbe interessante analizzare hai pensato che questo fosse "divertente" e in quanto "di-vertente" hai diffidato, l'hai presa per una "deviazione dall'obiettivo principale", hai pensato che il lavorare creativamente in gruppo non prepari abbastanza alle durezze della vita. Magari temi un allentamento del senso di disciplina…Ma sei sicuro? O magari abbiamo sotto gli occhi la prova che sta succedendo il contrario e che l'attuale sistema educativo corrisponde a delle classi  subalterne (media e bassa) che stanno terminando di essere sconfitte su tutta la linea senza saper reagire; non metti in relazione sistema educativo e condizione attuale delle classi subalterne?

    La cosa stranissima è che poi dici tu stesso che sarebbe un sistema educativo adatto a delle élites; e allora se è adatto alle élites è funzionale, è di alta qualità, è adatto alla formazione di una coscienza da classe dirigente.

    Non crederai forse che le élites siano delle femminucce delicatine inadatte alle durezze della vita per caso? Saresti un pelino fuori strada…

    Dici che l'élite si può permettere di perdere tempo e la classe subalterna no? Ma sei sicuro che è una perdita di tempo? Vediamo i risultati concreti in un qualsiasi grafico; te ne ho linkato uno…

    Aspettiamo il post di Domenico Russo che è legato a doppio filo all'argomento di questo thread e speriamo che nasca questo "discorso" di cui parlo.

  6. Matauitatau ha detto:

    Scusa Stefano un'aggiunta.

    Mi ha molto colpito il tuo improvviso riferimento al "divertimento" espresso come se fosse inerente al "mio" discorso.

    Ti riporto quello che ho scritto prima della tua ultima risposta:

     

    "una condizione di subalternità costruita ad arte dal potere impedendogli [alle classi subalterne] di "riflettere e interpretare", permettendogli solo di "divertirsi", "distrarsi", "commuoversi"."

    Cioè io ho parlato di "divertimento" solo in senso negativo…curioso che tu lo abbia interpretato come il rischio del mio modo di vedere. Forse esistono degli schemi mentali che andrebbero superati (soprattutto in "guerra").

    Avevo parlato di "piacere di partecipare tutti insieme"; è una deviazione dalla retta via anche quello? Secondo è la primissima e più importante cosa da insegnare a dei giovani.

    • stefano.dandrea ha detto:

      Assolutamente. Ho capito che la utilizzavi in senso negativo e concordo. Conosco bene le elite. E ti assicuro che, almeno quelli che vengono educati, sono sottoposti ad un forte e continuo stress, persino troppo. C'è il rischio di implosione o esplosione e lo stress produce spesso, quando non si implode o esplode, cattiveria e cinismo fino al sadismo.

      Ma si devono evitare soltanto queste esagerazioni mostruose (sia quando producono apparentemente risultati, sia quando uccidono; forse uccidono anche nel primo caso). Per il resto la disciplina, sanamente intesa, è il fondamento della forza, anche per chi si sottrae spesso ad essa e quindi la subisce soltanto parzialmente.

      Le classi subalterne sono state abbandonate al permissivismo assoluto, generando un narcisismo che per soggetti con limitate capacità è penoso e quasi incomprensibile e incredibile. L'esito è disastroso. Questa almeno è la mia esperienza.

      Ovviamente il docente può fare molto durante il corso universitario (qui parlo per me) ma solo per il 20% dell'aula. Per gli altri poco o niente, anche perché deve dedicarsi al 20%.

  7. Matauitatau ha detto:

    Fatto sta che Bolzonello dice una cosa molto interessante.

    E ho notato che nel suo blog parla proprio di "condivisione" che è un fondamentale concetto al quale ho accennato anch'io.

    http://invito-a.blogspot.it/2010/11/lideologia-della-condivisione.html

    Poi secondo me oggi c'è più necessità di dolcezza che di disciplina.

    Sarebbe interessante sentire l'opinione di Bolzonello.

  8. stefano.dandrea ha detto:

    Dolcezza!?

    Questo è un mondo sdolcinato: il dovere di lavorare (costituzionale) di partecipare alla vita sociale e politica del pase (costituzionale) di difendere la patria (costituzionale) di adempiere il servizio militare o in alternativa il servizio civile (costituzionale) sono ignorati. I giovani sono abilitatio a cazzeggiare fino a 25 anni senza che sia obbligatorio disprezzarli o almeno ammonirli. I genitori coccolani i figli fino a tarda età. E tu credi che ci sia bisogno di dolcezza!? Per me resta vero il motto del Che: "bisogna essere duri senza mai dimenticare la tenerezza". Questa frase è molto profonda. Vale nel rapporto con se stessi e con gli atri.

  9. Il primo dei miei 4 figli è dislessico. Se applicassi l'approccio proposto da Stefano – che sintetizzo, probabilmente banalizzo, nel concetto di 'disciplina' – non non lo aiuterei a costruire la sua vita.

    Ha sicuramente bisogno di allenamento, anche duro, ma che si sviluppa lungo logiche, metodi e modalità assolutamente diverse da quelle tradizionali.

    Allora ecco che l'apprendimento, quello che fa crescere, viene abilitato dalla passione (http://www.lafeltrinelli.it/products/9788870784114/Passione_e_apprendimento/Ugo_Morelli.html), anzi, mi spingo ad utilizzare un concetto che sicuramente urterà Stefano: l'apprendimento passa attraverso una relazione d'amore che non necessariamente ha a che fare con la 'dolcezza', neppure con la 'durezza', piuttosto con ciò che ha bisogno l'interlocutore.

    In altre parole il presupposto necessario è essere 'interessanti' e saper veicolare questa risorsa nella modalità più efficace per l'interlocutore, che può essere diversa da persona a persona.

  10. stefano.dandrea ha detto:

    Alessandro, io condivido completamente ciò che scrivi: bisogna essere interessanti è il presupposto dell'insegnamento. Da parte mia cerco di esserlo. Preferisco svolgere due ore di lezione di seguito, senza concedere il quarto d'ora accademico (in realtà la lezione dura 85-90 minuti) perché sfido me stesso – e ci riesco – a tenere in silenzio l'aula per tutto il tempo. Qualche volta che evidentemente sono meno interessante, sospendo dieci minuti dopo 75 minuti circa di lezione. Comunque al secondo sussurro sospendo.

    Direi che sul tuo articolo non ho dubbi da sollevare o contestazioni da fare.

    La discussione che si è sviluppata, la quale poggiava sul presupposto che i docenti devono essere interessanti, e che ovviamente non teneva conto di casi eccezionali come quello di tuo figlio,  riguardava il rapporto tra l'interesse per la materia e l'applicazione alla materia e prima ancora tra l'interesse e la "disciplina", ossia il dovere di attenzione, concentrazione e sforzo in generale e la passione per le regole necessarie ad apprendere qualcosa (ci sono regole da imparare per salire su un albero, per scavalcare un muro e per quasi tutto). Io segnalavo quest'ultimo profilo, sostenendo che vi sono ampi margini per pretenderlo e possibilità di ottenerlo  e reputavo che vi fosse una certa circolarità tra iteresse e "disciplina" (che in realtà è dovere di sforzo, concentrazione e attenzione e comprensione e interesse per le regole procedurali). Certo che chi insegna deve amare il discente e suscitare nel discente l'amore per la materia. Ed è certo che ciò significa relatività del metodo, in considerazione del discente (immaginando dato il docente). Tuttavia si possono amare i figli e gli alunni e essere severi con loro; anzi per me, ma forse qui generalizzo la mia persona, non li si può amare bene senza essere giustamente severi. Poi bisognerebbe spiegare cosa signifca essere severi. Ma so che qui nessuno crederà cose assurde: diciamo che significa creare nei figli una spinta psicologica a fare ciò che il padre ha in precedenza insegnato, perché così desidera "l'autorità amata", far amare le cose, le azioni, i pensieri per il tramite dell'amore per una persona che i figli riconoscono autorevole. Nel rapporto fisliologico ben presto i figli ameranno pensieri cose e azioni in se considerate (magari perché apprendono di essere "grandi pittori"). Essere duri quando fanno i capricci, senza mai dimenticare la tenerezza quando sei riuscito a farli smettere, per me è di fondamentale importanza. Con me non li fanno, nemmeno se trascorro 24 ore di seguito con loro. Con la mamma e i nonni si. Io posso uscire da solo e stare 10 ore fuori con figli che hanno quattro anni o meno. Mia moglie non può, perché non è riuscita a disciplinarli fino a quel punto. La disciplina serve a far sì che un bambino di quattro anni sia capace di saltare da un metro di altezza, di scavalcare una recinzione alta un metro e mezzo e al tempo stesso sia capace di stare tre ore seduto a pranzo con gli adulti senza alzarsi. La disciplina è un bene (strumentale) in sé.

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