Priapo, la mimetica, i cosmetici e le pecore: ovvero, la questione della lingua

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14 risposte

  1. aaron ha detto:

    Caro Domenico,

    leggere il tuo articolo mi ha sottratto un sacco di tempo alla correzione della bozza del mio articolo che uscirà tra due giorni con tema Welfare e Terzo Settore. Non ho potuto sottrarmi alla lunga lettura perche reputo l'argomento molto interessante e intendo prenderlo e analizzarlo da punti di vista di chi, come te, ha speso molto tempo nello studio. Devo farti una domanda che resta sul tema, qualche anno fa mi capitò un articolo di giornale ( perdonami se ora non ricordo più quale ) dove veniva illustrato uno studio di settore che metteva in luce un dato agghiacciante: nel giro di 20 anni a partire dalla metà degli anni 80, i giovani studenti delle scuole superiori italiane avevano "perso" l'uso di circa 600 parole del nostro vocabolario.

    Detta così, perdona se non sono più accurato nei dettagli, questa notizia darebbe manforte all'idea che la nostra lingua stia lentamente morendo anche se condivido l'idea che invece la nostra lingua invece stia mutando lentamente.

    Tu che appunto studi e fai ricerca puoi confermarmi questo dato oppure è una delle solite ricerche strampalate ?

     

     

    Ti ringrazio per il contributo

     

    Aaron

     

  2. sinigagl ha detto:

    Ringrazio Domenico dello splendido articolo e condivido in pieno la sua analisi: il problema non è la nostra lingua ovviamente ma "Il problema risiede nel carattere arretrato e provinciale delle classi italiane medio-elevate e nella mancanza di una classe dirigente nazionale colta e aperta che s’impegni sinceramente in un’opera di sostegno incondizionato e di investimenti continui e crescenti a favore del sistema dell’istruzione pubblica, della cultura, della conservazione del patrimonio artistico e della ricerca nelle scienze e nei saperi".

    Più modestamente avevo notato la stessa cosa in occasione della decisione, provinciale appunto, del Politecnico di Milano di far svolgere in inglese tutte le lezioni di tutti i corsi delle lauree magistrali… http://www.lospaziodellapolitica.com/2013/06/vietare-litaliano-non-fa-bene-al-politecnico/

  3. Tania ha detto:

    Molto bello . Ho imparato tante cose che non conoscevo . Grazie

  4. Matauitatau ha detto:

    La cosa sorprendente è che mi hai oreso per un purista della lingua italiana.
    Capisci bene che se non hai caoito che non c’entro niente con un purista non hai caoito niente della mia posizione in generale.
    Incidentalmente ho fatto un post sull’Accademia Fiorentina e i Salterelli dell’Abbrucia ma quello curiosamente non lo hai letto; se lo avessi fatto avresti (forse) capito cosa intendevo quando dicevo che la decadenza della lingua è cominciata prima della supremazia degli anglosassoni.
    Tanto per dire hai letto come una contraddizione il fatto che io abbia usato i termini post, thread e work in progress il che, se ci riflettessi un secondo o magari due, dovrebbe farti venire dei dubbi sulla tua interpretazione del mio punto di vista.
    La cosa sorprendente è che vieni a scrivere che non è la lingua italiana a versare in uno stato disastroso ma casomai la classe intellettuale e quella dirigente; non rendentotene conto hai fatto mezzo passettino nella direzione che ti avevo indicato.
    Avevo cercato di aiutarti facendotene fare un altro paio in piú ma hai preferito difendere il tuo punto di vista
    Piuttosto che interessarti alla possibilità che ne esistano altri diversi dal tuo, non in competizione col tuo.
    D’altronde la difesa del proprio territorio può essere una questione vitale ed è già tanto che tu per marcarlo
    ti sia limitato a spargere parole.
    Fidati, se rileggi quello che ho scritto e quello che tu hai capito della mia trascurabilissima opinione ti accorgerai che stavo parlando d’altro; tanto per dire, e chiudo, considererei molto positivo il fatto di prendere parole inglesi e di storpiarle per formare neologismi italiani, cosa che succede in qualche modo nelle lingue iberiche in America Latina.
    Non mi interessa minimamente la difesa della vecchia lingua (al contrario di quello che mistriosamente hai capito tu) e mi auspico piuttosto una rinnovata capacità di giocare con le parole a partire dal basso, dalla cultura popolare, da tutte le subculture in generale.
    Ma io con queste cose non ci devo mangiare, tu sí e quindi è ovvio che tu ti metta sulla difensiva.

  5. Domenico.Di.Russo ha detto:

    Cara Tania,

    grazie a te.

  6. Domenico.Di.Russo ha detto:

    Caro Aaron,

    è difficile commentare un articolo che non si è letto. Così, a naso, per esperienza, mi sembra una delle solite uscite un po' strampalate tanto strombazzate dai grandi mezzi di comunicazione. Se riuscissi a ritrovare l'articolo, potrei esprimere un giudizio più serio.
    Ciao

    Domenico
     

  7. Domenico.Di.Russo ha detto:

    Caro Matauitatau,

    lei sosteneva delle tesi e poneva delle domande alle quali credo di aver risposto con metodo, dati e argomenti più che sufficienti. Non a caso, nel suo commento ha sorvolato su tutte le mie confutazioni, e bene ha fatto.

    Chiunque legga attentamente ciò che lei ha scritto noterebbe una vena purista, la quale però, e qui ha ragione, non esaurisce la sua posizione. Ad ogni modo, a ogni sua tesi ho cercato di rispondere puntualmente offrendo le idee e le intuizioni dei più grandi linguisti che abbiamo avuto fin qui.

    Quanto alla sua allusione neanche troppo velata al fatto che io stia difendendo le posizioni dell'accademia, e nella fattispecie la mia rendita di posizione, sappia che sono un precario lontano anni luce dall'essere strutturato, non ho nulla della spocchia accademica, che invece ho avuto la sventura di subire almeno in un paio di occasioni che magari un giorno le racconterò. Inoltre, tra gli studiosi che ho citato, compaiono non accademici, come Gramsci, e due gemme rare, come Saussure e Wittgenstein, i quali, anche se inseriti nell'accademia, non erano certo dei baroni ma anzi dei professori piuttosto sui generis.

    Insomma, lei mi aveva rimproverato di non sostenere con prove e argomenti gli ammonimenti che avevo lanciato nei commenti all'articolo di Del Vecchio. Nel mio articolo l'ho fatto. Non mi pare serio dire che io mi sia trincerato nella difesa di ciò con cui mangio, anche perché, al momento, non percepisco un euro da nessuna università.

    Saluti

    Domenico

     

  8. Matauitatau ha detto:

    A) lei è riuscito a capire che sono un purista accanito nonostante io abbia detto tutt’altro. Primo punto e ci rifletta su.

    B) uso termini stranieri quando scrivo e lei è riuscito a dedurne che cadevo in contraddizione con il mio purismo linguistico. Non è che le è venuto il dubbio che questo purismo da parte mia non esiste; no, ne ha dedotto che ero contraddittorio io. C’è un termine tecnico per quelli che considerano realtà di fatto le loro personali interpretazioni.

    C) lei è perdutamente libresco e lo è per compensare a un deficit ermeneutico abbastanza pronunciato (proprio quello che le ha fatto intendere la mia posizione all’esatto contrario)

    D) non solo. Lei se ne è uscito allegramente dicendo che non è la lingua a essere disastrata ma lo stato morale e etico degli intellettuali e della classe dirigente. La cosa buffa è che il mio discorso era esclusivamente su questo con delle conclusioni che vanno molto ma molto al di là di quella sua timida conclusione ma lei non ha visto nemmeno quello.
    Per di più ho fatto tutto un post sull’Accademia Fiorentina, la polemica Annibal Caro, Bronzino versus Lodovico Castelvetro che si conclude non a caso con l’intervento indiretto di Cosimo I ma quello lei non l’ha letto, guarda un po’.
    Se a questo punto io le facessi notare analogicamente che il percorso dell’attitudine verso la lingua popolare dei primi sostenitori del volgare segue precisamente quello di Firenze nel suo passaggio da Repubblica a Granducato, e ancora più sottilmente quello della famiglia De’Medici da ricchi e potenti banchieri borghesi a ricchi e impotenti granduchi in qualche modo segnando un destino per le future modalità di manipolazione della lingua italiana, lei fraintenderebbe a priori e si esibirebbe in una lunghissima e poco sostanziosa litania di citazioni che ovviamente non hanno alcuna attinenza col problema che ho sollevato.
    Io ho detto alcune cose alle quali lei NON deve essere per forza interessato; se però vuole dialogare con me è necessariamente costretto a interessarsene se vuole risoondere sul merito.
    Se poi deve parlare da solo o con i suoi aficionados (parola spagnola…strano per un purista…) non so che gusto ci prova ma faccia pure.
    Ave atque vale (latino…endogeno?…ma no…esogeno…o forse no…mah…).

  9. Domenico.Di.Russo ha detto:

    Caro Matauitatau,

    nei suoi commenti lei toccava due punti fondamentali: 1) il fatto che l'inglese abbia molte più parole dell'italiano; 2) l'idea che gli italiani abbiano perso la capacità di plasmare la propria lingua.

    Non solo, poneva anche alcune questioni: a) il rischio dell'invasione delle parole straniere; b) il "problema" della scarsità lessicale dell'italiano; c) il "problema" della lunghezza eccessiva delle nostre parole; d) l'handicap della vocale in finale di parola; e) l'idea che la vitalità di una lingua si misuri dalla sua capacità di produrre onomatopee.

    A questi punti e questioni, che peraltro si era limitato a proclamare senza dimostrare alcunché, ho risposto prendendomi tutto lo spazio di cui avevo bisogno e offrendo quel poco di professionalità che ho. Ho confutato passo dopo passo tutti i suoi punti e le sue questioni portando dati, analisi e argomenti, all'insegna di un metodo.

    Ora, lei non vede o non vuol vedere le mie risposte e si aggrappa ad altro, cercando di metterla sul personale. O forse, più semplicemente, elude le mie risposte perché non ha elementi da opporre alle mie argomentazioni.

    Dovrebbe apprezzare il fatto che abbia dedicato tanto spazio e un po' di tempo a delle grossolanerie sparate senza rifletterci su. Dovrebbe apprezzare il fatto che il mio articolo non ha nulla di libresco ma si rifà al meglio della linguistica mondiale, perché Saussure è l'apice della storia delle idee linguistiche, e a seguire Wittegenstein e tutti gli altri.

    Lei però glissa e non entra mai nel merito delle analisi linguistiche che le ho proposto e si rifugia in ciò che ha scritto in uno dei suoi commenti a uno dei tanti articoli qui pubblicati e che non ho avuto modo di leggere.

    Quand'è così, io con lei non perderò un minuto di più. Quel che penso, benché non sia uno storico dello lingua e il mio campo di ricerche sia un altro, l'ho già scritto ma, a parte le righe nelle quali l'ho assimilata ai puristi, lei sembra ignorarlo, perciò non credo di doverle rispondere o aggiungere altro. Di carne al fuoco ne avevo messa tanta ma, se lei è vegetariano, alzo le mani.

    Saluti

    D.D.R.

     

  10. Matauitatau ha detto:

    Ma lascia perdere Domenico.
    Non hai idea di cosa parli e basterebbe citare il problema della vocale finale che costituisce un problemaccio per tutti i parolieri di canzoni come solo tu non sai (chiunque abbia letto un minimo di poesia italiana -inclusi i lbretti d’opera – sa che l’ultima vocale viene spesso elisa. E sa l’estremo bisogno che avevano i vari poeti o librettisti di parole tronche che abbondano in francese e che sono la regola nell’inglese monosillabico).
    Ma si può stare a perdere tempo con uno che continua a tirar fuori DeSaussure senza citare Lacan e Deleuze.
    Temo che cosí raterai precario tanto tempo.
    Saluti e svegliatevi un po’ che su ARS siete di un rigido da far ridere.

  11. Domenico.Di.Russo ha detto:

    Caro Matauitatau,

    a questa sua sciocchezza sulla vocale in finale di parola ho risposto nel mio articolo, risposta che lei continua a ignorare.

    Ma ora capisco perché. Se lei pensa che per fare linguistica siano imprescindibili Lacan e Deleuze, allora non sa di cosa sta parlando. Chiunque abbia una qualche familiarità con l'analisi dei fatti linguistici, che lei evidentemente non ha, sa bene che cosa abbia significato, significhi e per certi versi dovrà ancora significare Saussure.

    Il suo è l'atteggiamento di chi spara a zero contro una disciplina senza averla prima neanche studiata. Un atteggiamento ancor più irrispettoso nei confronti di coloro che tanto ci hanno dato e grazie ai quali sappiamo qualcosa di più, e che lei invece si ostina a derubricare come espressioni di un'accademia di cui evidentemente parla per sentito dire.

    Pertanto la diffido dal rispondere ultreriormente a questo articolo e ai miei prossimi, a meno che lei non voglia uscire dall'anonimato dietro il quale pontifica e distrugge. E visto il modo in cui irride l'ARS, peraltro per delle idee che ho esposto io non l'ARS nel suo insieme, mi auguro che lei frequenti sempre meno Appello al Popolo.

    In attesa dei suoi imminenti lavori d'importanza capitale per le sorti della linguistica, di fronte ai quali Saussure, Bally, Benveniste e Culioli sfigureranno, le rinnovo i miei saluti.

    D.D.R.

     

  12. stefano.dandrea ha detto:

    Mi associo alla richiesta di Domenico.

    Non abbiamo bisogno di persone che si dilettino a dare consigli e limitino ai consigli e agli insegnamenti il loro apporto alle discussioni. Dopo aver dato 10 consigli, una persona è moralmente e per costume obbligata a proporre 10 domande a ad esternare 10 apprezzamenti. Altrimenti questa  persona è chiaramente un presuntuoso, quando non un narciso, in ogni caso un maleducato e comunque uno squilibrato.

    Aggiungo che il nuovismo imperversa da almeno 20 anni e non ha portato nessun risultato positivo in uno o altro campo. Essere nuovisti oggi vuol dire soltanto difendere il proprio passato costellato da errori e limiti.

  13. Aaron.Paradiso ha detto:

    Purtroppo l'articolo online non si trova, credo a questo punto anchio che sia stata una uscita strampalata di qualche giornalista.

  14. Mauro.Poggi ha detto:

    Un ottimo articolo pieno di informazioni preziose. Dovrò per forza leggermi qualcuno dei libri citati, almeno quelli di Di Mauro. Grazie.

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