Narciso e il ritorno alla Lira

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7 risposte

  1. Gianluigi Leone ha detto:

    Condivido l'analisi dell'articolo.

    Ci sono anche coloro che desiderano scomparire perché non amano le vetrine, né l'altrui né la propria. Questo è l'altro aspetto della società atomistico-consumistica: l'autodisintegrazione.

    Direi che il depresso è recuperabile, il narciso no.

  2. aaron ha detto:

    Complimenti,

     

    ottimi spunti per avviare dei seri ragionamenti, il nostro compito (parlo come militante di ARS ) è appunto contribuire ad una guerriglia culturale fatta anche e sopratutto dei contributi come il tuo, senza questa modalità di partecipazione e condivisione non è fattibile costruire un progetto di lunga portata. Continuiamo a contribuire con testi come questi,perchè da qui estrapoliamo i contenuti e le riflessioni necessarie a realizzare ai documenti politici di ARS.

  3. Roberto Bortolotti ha detto:

    Consiglio anche il classico di Lasch, La Cultura del Narcisismo (1979)

  4. walter impellizzeri ha detto:

    Bel pezzo Davide, il culto edonistico narcisistico della felicità lo possiamo vedere anche nell'abrogazione della Consulta della legge sulla fecondazione eterologa. Una coppia non viene educata alla possibilità che non sia in grado di generare prole ma deve godere di questo diritto a tutti i costi. 

    Consiglio un video anziché una lettura, The Century of the Self di Adam Curtis che analizza come sono stati utilizzati gli studi di Freud attraverso il nipote Edward Bernays per controllare le masse verso la cultura del consumo nella società della democrazia rappresentativa

     

     

  5. Mauro Poggi ha detto:

    Ottima riflessione. Anche in questo caso, come nel post di Marino, l'aspetto considerato è molto plausibile. L'apatia politica è un fenomeno riconducibile a un iniseme variegato di cause, ciascuna delle quali lo spiega in parte. Io continuo a ritenere quella della Shock Economy un'ottima chiave di lettura per ciò che accade: indurre una situazione di trauma per  cui ciò che prima è considerato "politicamente impossibile" diventa "politicamente inevitabile". Dopodiché subentra la sindrome della rana bollita, e i giochi sono fatti.

     

  6. Zamjatin ha detto:

    Articolo molto pertinente e articolato, tuttavia non lo condivido, così come quello di Badiale. Secondo me questi discorsi sul consumismo sono troppo sovrastrutturanti e non spiegano il problema. Per carità, il narcisismo esiste ed è una brutta malattia, il problema è che il narcisismo molto spesso è una fonte del nostro stesso temperamento, che è innato e non si può cambiare. L'uomo è sempre stato quello che è stato, inutile pensare di rendere tutti più educati, più gentili e più disponibili. Quindi questi discorsi sull'antropologia non li condivido perchè l'uomo è un singolo e ogni uomo ha sue particolarità, c'è chi è più altruista e cè chi meno. Temo proprio che Bakunin e Rothbard avessere ragione e che Antony Burgess è stato il miglior sociologo che la storia dell'uomo abbia mai avuto

  7. stefano.dandrea ha detto:

    Zamjatin,

    non so se è il caso di invocare la natura dell'uomo.

    A naso penso che si possa convenire:

    1) che una società educata a cercare i "veri maestri" sia meno individualista e narcisa rispetto a una che non riconosce alcun "maestro" o che eleva a "maestri" innumerevoli idoli dello spettacolo;

    2) che una società educata a venerare le glorie del passato sia meno piena di narcisi rispetto a una che non è educata in tal senso;

    3) che una università in cui nei concorsi, almeno da ordinario, passa una terna a concorso, sia una società con meno "maestri" e più veri maestri di una che in quindici anni triplica gli ordinari di un determinato settore scientifico-disciplinare;

    4) che una società che incoraggia il risparmio, fa molti figli e che muove dal presupposto (morale comune) che la mobilità sociale si raggiunge progressivamente, di generazione in generazione, in più generazioni, sia meno piena di narcisi rispetto a una società fondata sull'idea che puoi e devi diventare ricco o importante in una generazione;

    5) che una società che vietava il contratto di sponsorizzazione stipulato da personaggio noto per le doti intellettuali, perché era considerato contrario al buon costume che le qualità di critico d'arte, giornalista, ecc. fossero monetizzate pubblicizzando prodotti di consumo aveva meno narcisi di quella attuale;

    6) che una società nella quale le figlie dei contadini e degli operai volevano divenire maestre, professoresse, poi dottoresse e avvocatesse aveva meno narcisi rispetto a quella in cui le figlie dei contadini e degli operai vogliono diventare veline, cantanti o attrici;

    7) che una società in cui la morale dominante imponeva un certo senso del pudore aveva meno narcisisti rispetto a quella che ha cancellato il senso del pudore;

    8) che una società in cui erano diffusissimi giudizi severi (con tutti i limiti e i costi che questo carattere comportava) considerava palesemente pagliacci, zioni, buffoni, cretini, vanesi, puttanieri, femminucce, ecc. ecc. persone  e personaggi oggi narcisi e idolatrati;

    9) soprattutto, che una società nella quale erano diffuse in modo quasi sistemico le figure degli "uomini ideali" era molto meno piena di narcisi rispetto a una che disconosce lo stesso concetto di uomo ideale

    e si potrebbe continuare all'infinito.

    Tempo fa lessi su il corriere della sera un articolo, che non linko perché non sono riuscito a trovarlo, nel quale si narrava della idea di molti psichiatri di eliminare dal manuale delle malattie psichiatriche il narcisismo patologico, in ragione del fatto che nell'uomo contemporaneo i sintomi erano divenuti "normali".

    La verità, a mio avviso, è che il narcisismo patologico un tempo era diffuso soltanto tra una elite di uomini. Oggi, per una serie di ragioni che in parte emergono dagli esempi recati (si potrebbero aggiungere facebook e molte altre ragioni), la maggior parte delle persone è narcisa e sono molte le persone comuni affette da narcisismo patologico (il loro narcisismo fa a pugni con l'essere persone senza qualità, spesso senza nemmeno le qualità più comuni: onestà, semplicità, simpatia, ecc. ecc.). Basti pensare all'umiltà, che è sempre stata considerata un valore – magari perché assieme alla pazienza era lo strumento principale per tentare scalate sociali o economiche di ogni genere o perché semplicemente descriveva una situazione di partenza svantaggiata, che tuttavia poteva essere abbandonata – e che ora è considerata da molti un'offesa.

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