Patria e Nazione nella Costituzione: basta con l'ipocrisia

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6 risposte

  1. Cesco ha detto:

    Ineccepibile!
    D’altronde, i Costituenti sapevano bene quanto fossero strette le relazioni fra i concetti di Patria, Nazione, cittadinanza, democrazia e SOVRANITA’ DEL POPOLO.

    • Roberto Casiraghi ha detto:

      Sono arrivato su questo bel blog seguendo un link su Simplicissimus2. Circa due anni fa avevo creato un blog intitolato “Risorgimento italiano”, la pensavo grosso modo come Lei. Ma nel giro di alcuni mesi densi di riflessione ho capito che non aveva senso. L’Italia unita, in fondo, nacque come è nata adesso l’Unione Europea ossia contro i popoli di allora (i vari Stati che popolavano la nostra penisola e che poi ci siamo abituati a chiamare sprezzantemente staterelli) così come l’UE si è formata contro i popoli di oggi (italiano, francese, greco, tedesco eccetera). Gli stati e le identità nazionali dei popoli della penisola italica vennero travolti allora da un vento ideologico artificiale e dalla minaccia delle armi. Si trattava già, secondo me, di globalizzazione ossia della necessità per le grandi aziende di ampliare i propri mercati oltre i confini nazionali. Sospetto anche che la regia di allora e la regia di oggi, che ha portato gli italiani (ma anche i francesi, gli spagnoli, i finlandesi ecc.) a benedire la UE, che è l’atto di morte ufficiale della propria patria e della propria lingua, costituiscano una tradizione di potere occulto che deve essere iniziata diversi secoli fa e almeno dalla rivoluzione industriale. La storia andrebbe rivista alla luce di questa ipotesi. Mazzini, in fondo, potrebbe non essere tanto diverso, funzionalmente, dai vari Prodi e compagnia bella che ci hanno portato a desiderare la scomparsa del nostro paese in quanto soggetto politico sovrano. E persino le società segrete tipo Giovine Italia potrebbero essere l’equivalente dei think tank odierni dove si progettano regime changes senza fare tanto rumore.
      Quanto alla nostra Costituzione, essa ha dovuto essere approvata dagli invasori americani (chiamati impropriamente liberatori), quindi non è un monumento alle libertà o ai diritti ma un monumento, semmai, all’ipocrisia per cui ci siamo finti un paese autonomo e sovrano nonostante il nostro territorio fosse vulnerato da basi militari di un paese esterno nemico (era tale prima che ci “liberasse”) e i nostri servizi segreti e militari rispondano ai servizi segreti americani e alla Nato (vedi Gladio, Stay Behind, gli anni del terrorismo, i servizi descritti come deviati mentre in fondo non facevano altro che obbedire ai loro veri padroni).

      A riprova del fatto che la Costituzione nasce con un peccato originale di ipocrisia è che non ci elargisce mai un diritto senza poi aggiungere “a meno che una legge non dica il contrario”. Oppure che consente l’instaurazione di una dittatura legale mediante la “dimenticanza” consistente nel non aver fissato un limite di volte alla rielezione del Presidente della Repubblica (ce ne siamo ricordati con Napolitano, ma l’articolo della Costituzione è sempre lì, leggibile da quando è nata e sempre regolarmente interpretato dai costituzionalisti come se dicesse “è vietata la rielezione del Capo dello Stato”!). Non parliamo poi di come la Costituzione ci impegni a rispettare i trattati internazionali per cui se qualcuno dei nostri limpidi governanti facesse un trattato che vende l’Italia per un piatto di lenticchie, la Costituzione non ci farebbe da scudo, anzi, darebbe ragione a chi ha venduto. Vogliamo poi ricordare che l’articolo iniziale che sembra una poetica valorizzazione del lavoro, può essere ben utilizzato anche per giustificare il lavoro gratuito all’Expo e persino quello degli schiavi d’America? Che cosa c’è di bello nel dire che una repubblica è fondata sul lavoro se non si aggiunge subito dopo che questo lavoro deve essere remunerato in modo da garantire una vita degna di essere vissuta?
      Infine ricordo che la Costituzione è un testo che viene rimaneggiato e persino malmenato di sovente. Che senso aveva includere l’obbligo di pareggio di bilancio a parte compiacere la Merkel e i suoi padroni americani? O ammettere, in forma indiretta, che la Costituzione deve rispettare la non-Costituzione degli ordini di Bruxelles?
      Insomma, la Costituzione non ci ha difeso dall’essere svenduti all’Unione Europea, non ci permette oggi di tornare indietro e dunque va vista per quello che è: una dichiarazione di principi non fondata su definizioni precise, ambigua, modificabile a piacere da parte del potere in carica e che i cittadini continuano ad interpretare come se fosse il massimo forse perché non l’hanno mai letta o non si sono accorti di come è stata cambiata rispetto alle origini.

      • stefano.dandrea ha detto:

        Sono in totale disaccordo.
        Intanto è fuorviante, antistorico, antiscientifico, non logico e anzi totalmente insensato parlare di popolo con riguardo agli anni 1821-1860, intendendo tutti i maggiorenni o addirittura tutti i viventi. Le masse (e non tutte) entrano nella storia nel 1848 in altri Stati. In Italia molto dopo. Il partito socialista fu fondato nel 1892.
        A quel tempo il popolo era la borghesia italiana, nonché nobiltà e clero. Ebbene la borghesia italiana, parlava e scriveva nella stessa lingua, studiava gli stessi autori, leggeva la stessa letteratura. E aveva una aspirazione storico-ideale all’unità politica che risaliva almeno a Machiavelli. Tutti elementi che non ricorrono con riguardo all’unione europea.
        La borghesia degli stati italiani, in ritardo rispetto a quelle straniere, voleva fare la rivoluzione borghese. Erano pochissimi nel 1821 a credere e volere concretamente l’unità.
        In Italia il risorgimento si identifica in primo luogo con la rivoluzione borghese. Chiedevano libertà di stampa, libertà di parola e certamente anche libertà dei commerci, vincolata non tanto o non soltanto da altri stati, mediante dazi, ma anche dagli stati di appartenenza (e di questi vincoli si voleva l’abolizione o meglio la riduzione).
        A questo elemento primario se ne aggiungeva un altro, anche esso primario: la lotta per l’indipendenza dallo straniero, che non era di per sé lotta per l’unità. Dopo i moti liberali e borghesi del 1821 e del 1831, i rivoluzionari borghesi si resero conto che non si poteva avere la libertà senza l’indipendenza. I moti infatti furono sconfitti soltanto per l’intervento degli stranieri. Gli Stati italiani che dal 1815 al 1821-1831 erano stati illiberali ma indipendenti, ri-divennero stati vassalli,come tante volte era accaduto in passato.
        Tra gli Stati l’unico che non accettò lo stato di vassallaggio fu il Regno dei Savoia, lo Stato piemontese – ed è bene rendere ad esso onore, altrimenti non si capisce perché si ammiri Assad o Gheddafi – il quale quindi fece propria la battaglia per l’indipendenza e concesse lo statuto liberale (quarto o quinto stato al mondo), arrivando a dichiarare guerra all’Austria, che non è cosa di poco conto, perché sarebbe come se oggi l’Italia dichiarasse guerra agli Stati Uniti.
        La lotta contro gli stranieri, dunque divenne necessaria per ottenere la libertà. E nel frattempo si diffondeva l’idea che l’indipendenza non potesse esservi senza unità.
        L’episodio glorioso della Repubblica Romana dimostrò che esistevano valorosi uomini italiani, che senza alcun problema economico ma anzi di condizione agiata, magari provenienti dallo stato che aveva concesso lo statuto, erano disposti a perdere gli averi e a dare la vita per l’unità e l’indipendenza, oltre che per la libertà. Ma il Papa fu difeso da eserciti stranieri e dall’esercito dei borboni del regno delle due sicilie (i neo borbonici questo fatto non lo ricordano, perché vogliono evitare di dire che sono a favore della restaurazione dello stato pontificio!). Il “tradimento” della Francia, che attaccava la Repubblica Romana fu enorme e mostrò ancora una volta che non poteva esserci libertà senza indipendenza e indipendenza senza unità.
        Le decine di migliaia di patrioti morti per il risorgimento stanno a marcare un’altra differenza abissale con il processo elitario unionista, privo di martiri e di sacrifici da parte dei fautori dell’Unione.
        Certamente, se il Re di Napoli avesse mantenuto lo Statuto che aveva concesso, è molto probabile o probabile che l’unità non vi sarebbe stata, o almeno non vi sarebbe stata immediatamente (io credo che nel medio periodo vi sarebbe stata ugualmente). Ma la scelta reazionaria del re convinse tutti i più grandi uomini del regno, da Francesco De Sanctis, a Poerio, a Pasquale Stanislao Mancini a Spaventa, e la borghesia tutta, che seguiva i primi, che libertà, indipendenza e unità dovevano andare assieme. Alla fine tutti, non soltanto nel sud, accettarono l’idea che la strada della egemonia piemontese era l’unica per realizzare questo disegno, sia coloro che un tempo avrebbero voluto il re borbonico alla testa del movimento unitario, sia coloro che un tempo avrebbero voluto il papa, sia i federalisti, sia i repubblicani sia i pochi radicali.
        Indubbiamente Cavour si rivolse alla loggia Ausonia per avere aiuto nella invasione del Regno delle due Sicilie. La loggia Ausonia fu il partito della nazione al quale Cavour poté appoggiarsi nel sud, era proprio il partito del quale aveva bisogno. Ma anche le rivoluzioni francese e americana furono guidate da loggie, che a quel tempo avevano un valore oggi inimmaginabile ed erano cosa del tutto diversa da ciò che sono divenute.
        Dunque stessa lingua, stessa letteratura, connessione con la lotta per la libertà e l’indipendenza dagli stranieri, qualche decina di migliaia di martiri, soprattutto giovani provenienti da famiglie agiate senza alcun problema economico, totale unità di intento della migliore borghesia dei vari stati, ossia dei “popoli” di allora (e alla fine dei baroni del sud, classe dominante e non dirigente, come osservato in un recente articolo pubblicato su Appello al Popolo da Luciano Del Vecchio): tutti elementi che differenziano nettamente il Risorgimento dal processo unionista.
        Quando Borges viene nel sud per tentare di riconquistare il regno ai Borboni, annota che tutti (TUTTI) i ricchi, ex baroni e borghesi (avvocati, professori, notai, farmacisti, dottori, insomma tutti coloro che a lungo erano stati semplicemente liberali del sud e che avevano partecipato ai moti del 1848 – Gramsci, nei quaderni, commenta un libro nel quale si allude complessivamente a 100.000 sottoposti a varie misure, dalla pena di morte all’obbligo di firma. Dunque al sud i liberali c’erano ed erano forti) stanno con i “rivoluzionari” (così Borges e i gli stessi Borboni chiamavano i garibaldini e la guardia nazionale, cosa che i suddisti di oggi omettono di considerare), mentre la gente povera era tutta per il re (e non era ancora successo niente a livello economico: stava con il re, perché a quei tempi per i servi della gleba e i braccianti il re era come Dio, non per altro).
        Infine osservo che in Italia restarono sei banche di emissione, proprio per volere delle correnti autonomiste (non solo al sud). Dunque unità politica ma una moneta semicomune (e forse non una moneta in senso proprio, dunque). L’unica banca di emissione si avrà soltanto nel 1926, ossia sessantasei anni dopo l’unità. Allora l’Italia aveva una grande classe dirigente!
        Suggerirei di stare attento a talune teorie semplificate, antistoriche, semplicistiche e finanche complottistiche che circolano in rete da un po’ di tempo e che hanno proprio la funzione di rafforzare l’Unione europea: l’Europa è una cosa grande; le macroregioni pure (le due cose stanno assieme); le regioni e le città sono importanti; l’unico male è lo Stato nazionale italiano.
        Quanto alla Costituzione, essa assolutamente non fu approvata dagli statunitensi. Le consiglierei di approfondire questo periodo storico, che credo lei conosca molto poco.
        Magari ne parliamo un’altra volta. Ora devo preparare la relazione per l’assemblea nazionale dell’ARS, che si svolgerà a Roma domenica 7 giugno, alla quale è invitato (indicazioni nella colonna a destra).

  2. Roberto Casiraghi ha detto:

    Buongiorno Stefano, grazie per la sua lunga risposta. Anche se mi dà dell’ignorante non mi offendo perché anch’io ero come Lei, vedevo la storia come una serie di certezze. Comunque non sono arrivato alle mie attuali convinzioni in un solo passaggio, è stato un processo abbastanza lungo e mi rendo conto che dichiararle tutte assieme può determinare l’effetto “ma chi è questo pazzo?”. Le faccio però i miei migliori auguri per il suo progetto sovranista. Saluti.

  3. Giuseppe D'Aidone ha detto:

    Sono d’accordo con Stefano D’Andrea e vorrei saperne di più sulle sue idee politiche e per il suo progetto sovranista. Saperne di più e leggere su Fronte Sovranista Italiano e su Patria e Politica.

  4. Stefano D'Andrea ha detto:

    Caro Giuseppe D’Aidone, i documenti ufficiali approvati dalle assemblee dell’ARS e poi del FSI li trova qua: http://www.riconquistarelasovranita.it/wp-content/uploads/2018/07/Documenti-FSI-2018.pdf
    Se vuol conoscere le azioni che abbiamo compiuto negli ultimi due anni, le trova qua: https://appelloalpopolo.it/?cat=5110
    Se vuole scriverci ci trova qua: italiasovrana@gmail.com
    Infine, se vuole associarsi, segua questa procedura: http://www.riconquistarelasovranita.it/il-progetto-e-il-programma-politico-del-fsi

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