La gloriosa Repubblica romana

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3 risposte

  1. aaron ha detto:

    Abbiamo “sbagliato” tutto, ciò che ha fregato questo paese è la totale assenza dell’Epica, non quella di Stato o di Regime, ma quella Popolare.
    La Repubblica Romana era sullo stesso binario delle 5 Giornate di Milano del ’48 ( a Milano i vecchi usano ancora l’espressione ” facciamo un quarantotto” per indicare una grossa ribellione ), anticamera del Risorgimento ( epica tanto amata dai Leghisti che se ne appropriarono come atto di rivalsa nei confronti del potere centrale, dimenticando che gli Eroi di quei giorni sarebbero stati anche gli Eroi della Repubblica Romana e dell’Unità d’Italia ).
    Il Risorgimento aveva svegliato l’animo di tantissimi giovani, a Milano sulle barricate di quelle giornate epiche si affiancarono alla lotta i pezzenti delle campagne e i giovani borghesi di città.
    La toponomastica ( come nelle migliori saghe ) avrebbe risentito di quest’epica consegnando al futuro
    città come Groppello Cairoli e Cava Manara, anonimi paesini di campagna pavese che diedero alla luce dei veri Eroi.
    Nella Repubblica Romana questi giovani si ritrovarono, come in una simbolica Itaca che accoglieva il ritorno dei suoi Argonauti, in una Gerusalemme del Diritto e della Costituente , nella Roma Antica Risorta che per celebrazione coniò una delle poche monete di quei giorni, un baiocco con il fascio Littorio a commemorare i grandi giorni del nostro passato.
    Sbagliammo tutto nel non saper raccontare questa storia, nel lasciare ai marmi scoloriti il compito di tramandarla, rilegandola nei musei e nelle celebrazioni istituzionali la funzione della Memoria.

    Occorre rispolverare i libri, trasformare le storiE in storie buone da raccontare ai figli e lasciarli a coltivare, dentro di loro, quel seme del riscatto, del coraggio e della dignità.
    Torneranno a crescere una generazione forte.
    Dimostreremo così agli anti-italiani che il sangue, le ossa e la terra sono ancora quelle di allora.

    Complimenti per l’articolo Andrea.

    Aaron

  2. anna biancalani ha detto:

    Nelle scuole degli altri popoli è insegnata la Storia della Nazione. Da noi manca un programma e un corso di studi, che sia alle elementari o della scuola media, che venga dedicato specificamente alla Storia d’Italia. Dimenticanza? Sottovalutazione? Altro? I nostri allievi imparano qualcosa delle azioni eroiche che hanno reso grande il nostro popolo, in modo frammentario e superficiale alla scuola elementare e media, e poco meglio agli istituti superiori, ove per mancanza di tempo e per il simultaneo estendersi dei programmi di Storia , lo studio ne è reso forzatamente superficiale disorganico, e incompleto, se non addirittura alternativo! E invece quanto bisogno abbiamo noi stessi, e ancor più i nostri giovani, di conoscere i luoghi e la storia ad essi connessa! di sapere le grandi virtù di cui tanti italiani sono stati vessillo, le gesta per cui anch’essi meriterebbero altre iliadi ed altre eneidi, gli eroismi che richiamassero genti in pellegrinaggio verso le nostre camelot, ben più numerose di quelle altrui! e da essi imparare ad essi ispirarsi e connaturare il proprio gesto e la propria fede politica ed etica.
    Grazie ad Andrea R. per l’adesione storica e il pathos che rendono indimenticabile l’articolo .

  3. Gianluigi ha detto:

    Andrea, sono mesi che pensavo di scrivere un articolo sulla Repubblica Romana. Mi hai anticipato scrivendo un articolo da incorniciare.
    Durante l’assedio di Oudinot, come hai ricordato, oltre a Righetto caddero numerosi volontari (circa un migliaio), tra i quali numerosi giovanissimi. Vorrei ricordare anche il povero Domenico Subiaco, detto il “Tamburino” sedicenne, figlio di umili contadini della campagna romana. Domenico, a cui oggi è dedicata a Roma la “Scalea del Tamburino”, vicino al luogo della sua morte, accorse volontario per difendere la giovane Repubblica in cui credeva. Non ritenuto adatto al combattimento fu nominato tamburino. Racconta Ceccarius: “al grido di ‘Viva l’Italia!’’”Viva Roma!’, raccolse il fucile di un soldato caduto al suo fianco, spianandolo contro il nemico, ma una palla francese lo colpì nel mezzo della fronte”. Camillo Roviati, altro testimone, riporta: “dall’alto della porta di S. Pancrazio tirò a petto scoperto gettata l’uniforme – e lo vid’io nel mattino di quel giorno stesso 3 giugno – da dieci a dodici colpi contro i francesi che assalivano il bastione ottavo, facendosi porgere l’arma carica dai compagni che gli erano di sotto, finché una palla nemica lo colpì nel parietale sinistro e lo gettò rovescio e moribondo a basso”.

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