Sul cosmopolitismo

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3 risposte

  1. Mirco ha detto:

    Un tempo si viveva in piccole comunità e il senso di appartenenza era riservato al clan o alla tribù. L’evoluzione sociale e tecnologica ha indotto gli esseri umani a organizzarsi in strutture più ampie e complesse trasferendo, di volta in volta, quel senso di appartenenza alle polis, alle nazioni. L’istintivo, spontaneo “senso di appartenenza” è stato codificato e trasformato in “cittadinanza”. “nazionalità”. Inevitabilmente, si giungerà a considerare “unitario” il pianeta: è solo una questione di prospettiva. Se il “male” è da identificarsi nell’estensione del concetto di “patria” al mondo intero, allora non resta che recuperare le origini e riconsiderare la massima parcellizzazione possibile della società (il clan?). Ma considererei ragionevole ipotizzare che le derive neoliberiste/globaliste che viviamo abbiano origine nella debolezza tipica delle nascenti democrazie che, a fronte di strutture anche già funzionali, sono pressoché del tutto prive dell’elemento fondamentale: i “democratici”, ovvero gli individui capaci di comprendere e gestire il sistema coerentemente e la cui proporzione, nel totale dei componenti della società, non può essere inferiore a una “sostanziosa minoranza”. Una parola, infine, sulla citazione attribuita a Rousseau. I momenti storici e le vicissitudini politiche condizionano, più che il pensiero, i lemmi e la loro interpretazione. Ragionevole ritenere che, al sorgere della prima rivoluzione industriale, la pressione sulla società perché assumesse la forma più utile alle nuove emergenti tecnologie (e al sistema economico-politico che si stava per affermare) fosse estrema e condivisa anche da menti illuminate che vedevano nel progresso un destino ineluttabile (da cui la necessità inevitabile di adattarvicisi). Ma i tempi cambiano e mutano i paradigmi: ha davvero senso, ancora, preoccuparsi per il “capitale” e la “produzione”? Quali elementi identificano il concetto di “patria”, “nazione”, “stato”, e quanto si può ragionevolmente prevedere che evolvano nel prossimo futuro? Esistono soluzioni alternative a quelle note e sperimentate, alcune ancora inesplorate.

  2. Lorenzo ha detto:

    Buon articolo, anche se sfiora appenai due nodi centrali:

    1) la fallacia della metafisica liberale della soggettività individuale, che induce i pennivendoli di regime a dichiararsi “contro l’identità”: come se l’etica e la politica cosmopolite, a base di diritti umani e rispetto della proprietà privata, fossero alcunché di meno arbitrario e pregiudiziale rispetto a qualsiasi altra religione o ideologia;

    2) l’impossibilità di sopprimere la radice aggressiva dell’essere umano (questa “scimmia assassina”), che se non viene incanalata nell’odio verso l’altro-da-sé si riverbera verso l’interno disfacendo il vincolo comunitario: la sostanza del ‘politico’, liquefacendosi, si rende massimamente pervasiva e la creazione di uno stato mondiale si risolve nella guerra civile strisciante e permanente.

    Ma sbaglierebbe chi attribuisse la paternità di questi concetti a Schmitt e alla cultura nazi-fascista, perché essi erano stati enunziati, con impareggiabile pregnanza, dal più grande fra i letterati italiani (faccio il copia-incolla):

    “L’uomo non si potrà mai (come nessun vivente) spogliare dell’amor di stesso, né questo dell’odio verso altrui. Riconcentrato il potere, tolto agl’individui quasi del tutto il far parte della nazione, di più, spente le illusioni, l’individuo ha trovato e veduto il ben comune come diviso e differente dal proprio. Dovendo scegliere, non ha esitato a lasciar quello per questo. E non poteva essere altrimenti, essendo uomo, e vivendo. Sparite effettivamente le nazioni, e l’amor nazionale, s’è spento anche l’odio nazionale, e l’essere straniero non è più colpa agli occhi dell’uomo. S’è perciò spento l’odio verso l’altrui, l’amor proprio? allora si spegnerà quando la natura farà un altro ordine di cose e di viventi. La fola dell’amore universale, del bene universale […] ha prodotto l’egoismo universale. Non si odia più lo straniero? ma si odia il compagno, il concittadino, l’amico, il padre, il figlio; ma l’amore è sparito affatto dal mondo, sparita la fede, la giustizia, l’amicizia, l’eroismo, ogni virtù, fuorché l’amor di se stesso. Non si hanno nemici nazionali? ma si hanno nemici privati, e tanti quanti son gli uomini; ma non si hanno più amici di sorta alcuna, né doveri se non verso se stesso. Le nazioni sono in pace al di fuori? ma in guerra al di dentro, e in guerra senza tregua, e in guerra d’ogni giorno, ora, momento, e in guerra di ciascuno contro ciascuno, e senza neppur l’apparenza della giustizia, e senz’ombra di magnanimità, o almeno di valore, insomma senz’una goccia di virtù qualunque, e senz’altro che vizio e viltà; in guerra senza quartiere; in guerra tanto più terribile, quanto più è sorda, muta, nascosta; in guerra perpetua e senza speranza di pace. Non si odiano, non si opprimono i lontani e gli alieni? ma si odiano, si perseguitano, si sterminano a tutto potere i vicini, gli amici, i parenti; si calpestano i vincoli più sacri; e la guerra essendo fra persone che convivono, non c’è un istante di calma, né di sicurezza per nessuno. Qual nemicizia dunque è più terribile? Quella che si ha co’lontani, e che si esercita solo nelle occasioni, certo non giornaliere; o quella ch’essendo co’vicini si esercita sempre e del continuo, perché continue sono le occasioni? […] LA SOCIETA’ NON PUO’ SUSSISTERE SENZ’AMOR PATRIO, ED ODIO DEGLI STRANIERI. Essendo l’uomo essenzialmente ed eternamente egoista, la società per conseguenza, non può essere ordinata al ben comune, cioè sussistere con verità, se l’uomo non diventa egoista di essa società, cioè della sua nazione o patria, e quindi naturalmente nemico delle altre […]. Resta dunque che l’egoismo sociale abbia per oggetto una società di tal grandezza ed estensione, che senza cadere negl’inconvenienti delle piccole, non sia tanto grande, che l’uomo per cercare il di lei bene, sia costretto a perdere di vista se stesso; il che egli non potendo fare mentre vive, ricadrebbe nell’egoismo individuale. L’egoismo universale (giacché anche questo non potrebb’essere altro che egoismo, come tutte le passioni e tutti gli amori de’viventi) è contraddittorio nella sua stessa nozione, giacché l’egoismo è un amore di preferenza, che si applica a se stesso, o a chi si considera come se stesso: e l’universale esclude l’idea della preferenza. Molto più poi è stravagante l’amore sognato da molti filosofi, non solo di tutti gli uomini, ma di tutti i viventi, e quanto si possa, di tutto l’esistente: cosa contraddittoria alla natura […]. Prima del Cristianesimo […] i vinti erano miseri e schiavi, cosa naturalissima in tutte le specie di viventi, oggi lo sono né più né meno anche i vincitori e fortunati, cosa barbara ed assurda; allora chi moveva la guerra, era spesso ingiusto colla nazione a cui la moveva, adesso chi la muove è ingiusto, appresso a poco, tanto con quella a cui la move, quanto con quella per cui mezzo e forza la muove: e ciò tanto nel muoverla, quanto in tutto il resto delle sue azioni pubbliche ” (Giacomo Leopardi, Zibaldone, maiuscolo originale).

  3. Franco Scalenghe ha detto:

    Quanto appare lunga e difficile la strada per arrivare ai concetti di Natura delle cose e di Proairesi!

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