La fredda felicità dell'uomo immagine

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  1. stefano.dandrea ha detto:

    Non mi permetto di soffermarmi sulle singole frasi. Mi sembra pensiero puro. E profondissimo.

  2. Tonguessy ha detto:

    "La freddezza è uno dei loro tratti più spiccati: sono freddi nei confronti del dolore altrui, ma anche nei confronti di se stessi."

    Proviamo a contestualizzare storicamente questa frase: la radio all'epoca della prima guerra mondiale era appena stata inventata, quindi la bidimensionale generazione radiofonica doveva ancora essere partorita. Questo non ha impedito (faccio un solo esempio su mille possibili) a Cadorna di schierare i Carabinieri dietro alle truppe di assalto per sparare direttamente contro chi non avanzava, nè ha impedito ai carabinieri stessi di sparare ed uccidere i loro stessi concittadini. Le carneficine della Grande Guerra, quando la radio non aveva ancora spostato l'immaginario collettivo, non hanno bisogno di commenti.

    Si apre quindi l'ipotesi secondo cui la generazione radiofonica altro non sia che una variante dell'insensibilità al dolore che permea la cultura europea.

    Come poi tale insensibilità possa diventare sensibilità, così come auspicato nell'ultimo paragrafo, non è purtroppo dato sapere. La mia idea è che una cultura insensibile non possa che formare umanità insensibile, e solo agendo in ambito educativo e sociale (culturale in senso lato) si possano spostare quei parametri che forgiano le generazioni.

  3. stefano.dandrea ha detto:

    Caro Tonguessy,

    il punto fondamentale è questo: "È a questo punto evidente che l'operazione richiesta in questo senso alla pedagogia non coincide con quella che spettava a un'educazione alla «cultura» tradizionale". A rigore non c'è una insensibilità che diventa sensibilità.

    Per quanto mi riguarda, credo che chi agisce sul piano politico – e non su quello religioso, o del volontariato o della solidarietà umana – debba prendere atto che "la gente" si forma una "opinione" adattiva. E' predisposta anche a farsi una opinione critica, anche severamente critica, anche ad assumere il ruolo di truppa d'assalto – senza che da dietro i carabinieri sparino -; ma ciò accade soltanto in presenza di due presupposti: i) la scomparsa della droga fino ad un certo punto fornita dal sistema e la fine delle precedenti "certezze", che erano parte fondamentale della "opinione" – una grave crisi economica o un declino che comporti una progressiva riduzione dei consumi e anzi delle entrate è pertanto necessaria; ii) l'esistenza di una significativa "fonte" dell'opinione contraria e radicale. Sotto questo profilo la necessità anche di una televisione, sul tipo di quella posseduta da Hezbollah è fondamentale. Naturalmente, prima della televisione servono centomila militanti e una classe dirigente.

    Insomma la gente, intesa come massa amorfa dei cittadini, è l'ultimo dei problemi. Non è cinismo. Credo che sia un fatto. Ed è comunqueil risultato della mia "interpretazione", risultato del quale non sono per niente felice; e tuttavia si impone sui mei desideri. L'"ambito educativo e culturale" deve essere utilizzato per formare i centomila militanti. Poi esaurisce quasi completamente la sua funzione. A quel punto sei un concorrente con altri per il potere e utilizzi i mezzi (slogan, frasario ideologico, rischio di scatenare istinti pericolosi) per formare l'opinione adattiva, ossia per persuadere la gente che è tempo di comportarsi come dici tu, di tener conto di ciò di cui tieni conto. Quando poi hai il potere, se sei un grande, puoi tornare ad utilizzare al meglio l'ambito educativo e culturale.

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