Una sommessa difesa del liceo classico

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3 risposte

  1. Stefano D'Andrea ha detto:

    “Quando andavo a scuola io le bocciature fioccavano sin dalla quarta ginnasio perché, più che insegnare il latino e il greco, bisognava scremare chi era ‘da liceo classico’ e chi non lo era. Adesso servirà, se non davvero più gentilezza, più pazienza, e applicazione anche con i non predestinati.”
    Le bocciature fioccavano anche sin dal primo ragioneria o industriale. Se in una classe di quarto ginnasio erano bocciati 7 studenti in una di primo ragioneria ne erano bocciati 8 e in una di primo industriale anche 10.
    Prima o poi capiremo che serve una (poco) sommessa difesa della (minaccia di) bocciatura. Con la minaccia di bocciatura e quindi con la bocciatura lo Stato tornerebbe a stabilire cosa è importante e quanto lo è e a pretendere dai giovani l’adempimento dei doveri, ossia tornerebbe a formare uomini. Altrimenti, ci pensa il mercato a stabilire gerarchie di valori e di produttori-consumatori.
    Per il resto concordo, persino con il tono sommesso.

  2. Paolo Di Remigio ha detto:

    A parte un uso del termine ‘metonimia’ e suoi derivati alquanto disinvolto per un ex-studente di Liceo Classico, l’articolo contiene una sequenza di punti disarmanti: il mondo è cambiato – come se la norma sia che rimanga fermo, come se fosse cambiato nella sua totalità. Oppure che se si dedicano ore a latino e a greco le si tolgono all’inglese e all’informatica – come se non si potesse fare questo e quello (e che si possa fare questo e quello, la scarsa coerenza dell’articolista lo consente più sotto). Oppure che il liceo classico non ha utilità pratica – come se l’utilità pratica non fosse proprietà delle applicazioni, anziché delle teorie, e le applicazioni fossero disponibili senza teorie. Oppure che si debba aumentare il monte-ore per fare posto a nuove materie, salvo lavorare più in classe ed avere meno compiti casa – come se il lavoro a casa fosse sostituibile dal lavoro in classe. Oppure che la letteratura antica sia equivalente al cinema moderno – come se leggere l’Iliade nella sua lingua equivalesse a guardare ‘Troy’. Oppure che”si tratta di insegnare agli studenti a conoscere e a interessarsi anche a questo mondo, dato che è quello in cui devono vivere” – come se gli studenti non fossero già interessati a questo mondo, come se una preparazione severa non fosse una condizione imprescindibile della sua conoscenza. Non una parola sull’altezza della cultura classica, sull’acquisizione delle competenze grammaticali e logiche legate alle lingue dotte. Non a caso le chiama ‘lingue morte’.

  3. Stefano D'Andrea ha detto:

    Hai ragione Paolo.
    Io ero stato (molto) meno severo, avendo in certo senso apprezzato, sotto il profilo della utilità politica, che a fianco alle difese “forti” si diffondessero anche difese “deboli”. Se invece entriamo nel merito della difesa debole, alle tue osservazioni si aggiunge anche una considerazione preliminare.
    Infatti, è la stessa idea che, siccome diminuiscano gli iscritti, una scuola debba essere soppressa o anche soltanto modificata, ad essere insensata.
    Se il liceo classico deve morire, deve morire perché gli studenti non vi si iscrivono più: seppure rimanesse soltanto un liceo classico in Italia, ubicato a Roma, dove andassero a studiare un centinaio di studenti ogni anno da tutta Italia, non vi sarebbe nessuna ragione logica per sopprimerlo.
    Modificarlo per non far ad esso perdere gli iscritti, invece, è apparentemente frutto della stessa logica perversa che caratterizza le trasformazioni dei partiti politici che non vogliono decadere e poi morire.
    Quando i partiti si trasformano, quelli che nascono sono sempre peggiori degli originari (PDS rispetto al PCI, Partito Popolare o UDC o CCD rispetto alla DC, SEL rispetto a Rifondazione; gruppetti socialisti rispetto al PSI).
    Peraltro, la similitudine è apparente, perché la trasformazione di un partito serve almeno (purtroppo) a salvare una classe dirigente decadente. La trasformazione di una istituzione, che vive di domanda, eventualmente calante, dei cittadini, che funzione avrebbe?
    In Italia, chiunque si trova ad occupare un posto in una commissione di nomina ministeriale o è chiamato da un ministro come consulente, propone una “riforma”, probabilmente credendo che sia stato chiamato per assolvere questo compito. Alla radice di simili proposte c’è l’esigenza di dare una funzione a personaggi modesti ai quali è stato dato un ruolo. E niente altro.

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