Le bugie su Aleppo

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2 risposte

  1. Stefano D'Andrea ha detto:

    Credo che la verità sia semplice.
    Non esistono ribelli moderati per quanto riguarda il modo di fare la guerra; ne esistono invece relativamente al modo di intendere l’islam (per esempio, tutti quelli che fumano, e in certi gruppi ve ne sono tanti, almeno a giudicare dai filmati, non hanno nulla del rigorismo di Jabath al fatah o dello Stato Islamico).
    Ovviamente non esistono nemmeno soldati moderati, siriani russi o iraniani, o mercenari settari sciiti moderati, pakistani, yemeniti, iraniani, iracheni, libanesi o afghani. “Fare la guerra moderatamente” è ridicolo.
    Tutte le parti del conflitto ricorrono al terrorismo e tutte sono terroriste.
    La “guerra al terrorismo” è sempre stata una categoria ipocrita e ingannatrice. Quando c’è veramente terrorismo, come in Italia negli anni settanta, non c’è alcuna guerra. Quando c’è guerra civile o rivoluzione non c’è terrorismo o meglio chi fa la guerra ai “terroristi” (siano Guevara o Mazzini o Lenin o i partigiani o Jabath al fatah o i ceceni indipendentisti o alcuni rivoluzionari dell’america latina, che controllavano ampie fasce di territorio) usa la categoria per ingannare e screditare il nemico che è un vero e proprio esercito. L’espressione “guerra al terrorismo” o “ai terroristi” era falsa e ingannatrice quando la usava Bush e resta falsa e ingannatrice ora che la usano Obama Trump e Putin.
    Non è dato sapere quale delle parti torturi di più o uccida i prigionieri più delle altre o spari colpi disinteressandosi degli effetti collaterali sui civili o demolisca interi villaggi o insediamenti. Bisogna ipotizzare che lo facciano nella stessa misura e in questa materia voler pesare i grammi o i decigrammi rivela un atteggiamento fazioso e insincero.
    Che sia in atto una guerra civile, non lo si può negare in considerazione del numero dei morti. Siano 250.000 o 300.000 o 400.000, secondo le varie “notizie” che circolano, non è possibile dubitare che vi saranno stati almeno 100.000-150.000 ribelli siriani uccisi dall’esercito siriano, dalle bombe russe, dalle truppe scelte iraniane e dalle sette sciite mercenarie dell’Iran. Questi numeri significano, approssimativamente, 300.000-450.000 ribelli feriti. In nessun luogo del mondo e in nessun tempo si sarebbe mai osato negare che, in presenza di numeri simili di morti e feriti tra i ribelli ( numeri di morti e feriti inferiori uguali o superiori nelle parti avverse), si sia in presenza di una guerra civile. Se poi si considera che i ribelli sono stati egemonizzati dai salafiti combattenti che vorrebbero creare (a seconda dei gruppi, talvolta in guerra tra loro) uno stato islamico o un emirato islamico o una repubblica islamica, nemmeno si può dubitare che sia in atto un tentativo di rivoluzione: i ribelli vogliono modificare le regole del gioco, i fondamenti della vita associata e non soltanto sostituire uomini al potere con altri uomini.
    Non esiste dunque nessuna ragione per criminalizzare Assad o le milizie sciite o le truppe iraniane o Jabath al fatah o ahrar al sham o lo Stato Islamico o la Russia o gli Stati Uniti.
    Ogni tentativo di criminalizzazione di una delle parti in guerra è pura propaganda.

  2. Erno Ferri ha detto:

    Grazie per la chiarezza e semplicità del’articolo.Sintetizzo: 1 -in Siria sta avvenendo una guerra per procura entrata nel suo sesto anno, 2- Prevale in Italia la disinformazione ( come distinguere una notizia falsa da una vera in questo contesto? ), 3- La guerra è sempre un affare sporco, 4- Perchè i militari siriani vengono accolti dalla popolazione con sollievo e questo non ci verrà mai raccontato? In queste poche considerazioni stanno anche risposte all’intervento di Stefano D’Andrea. Se sono corrette le considerazioni sulla natura della guerra mancano valutazioni sulle cause della guerra e sulle ingerenze esterne iniziali che l’hanno favorita. Qualunque rivoluzione nasce da condizioni interne e non è mai una guerra per procura. Qualunque intervento esterno nasce da valutazioni geopolitiche delle forze che intervengono e quando si valutano le conseguenze non si può prescindere dalle cause. Come è possibile valutare le conseguenze sul nostro Paese pensando sia sufficiente curare gli effetti senza agire sulle cause?

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