Scontro di Capitali? Rumsfeld e Cimoli vs Charney

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  1. Andrea.Mensa ha detto:

    bellissimo articolo che dimostra come una politica stupida e retriva , che dimentica le persone per vedere la forza lavoro solo come numeri, sia ampiamente disastrosa, sul lungo periodo.

    In Italia abbiamo avuto anche tanti imprenditori illuminati , che hanno sapto fare il loro mestiere, in sintonia con i loro tempi.

    ricordo in proposito Camillo Olivetti, di cui vidi l'opera visitando Ivrea la prima volta.

    Asili, mense, case popolari… tutto un insieme studiato per far sentire i dipendenti a loro agio, toglier loro i patemi del vivere, dar loro sicurezza, ampiamente ricambiato se solo si pensa a quel gioiellino di allora , lettera22, che fu l'invidia del mondo intero.

    solo chi considera i dipendenti una risorsa, avrà da essi la conferma di ciò, mentre chi penserà solo a sfruttarli, stressarli, abbruttirli, in paga avrà solo declinio aziendale.

  2. stefano.dandrea ha detto:

    L'articolo è interessante perché segnala un errore frequente. Non c'è nstato un succedersi di un tipo di imprenditore ad un altro. Ancora oggi esistono imprenditori e imprenditori. I migliori, pur non essendo nazionalisti e quindi razzisti e suprematisti, vogliono produrre su una terra, la loro terra, dove "loro" sta a significare della nazione alla quale appartengono.

    Sembra tuttavia da eviatare l'errore opposto, ossia quello di ritenere che non vi sia stata successione di un tipo di capitalismo ad un altro. La successione vi è stata. E il secondo tipo di capitalismo, che è un tipo giuridico, prima di essere economico ed è quindi stato promosso e costituito con leggi e giurisprudenza (nel frattempo che si affermava sotto il profilo ideologico), è il capitalismo di Rumsfeld.

    Cosa fare? Non certo chiedere agli imprenditori di fare i bravi, di amare, oltre il denaro, la produzione, la terra, la nazione e i concittadini. Se qualcuno è bravo è bravo. Gli altri non lo seguiranno. Salvo che diventi conveniente. Salvo che diventi obbligatorio.

    Tutto ciò è compito della politica. Sarebbe compito di un partito che non esiste e che dovrebbe conquistare l'appoggio di una parte dei capitalisti. Quali? Quelli bravi? Non soltanto loro (evitiamo i moralismi). La categoria è più ampia. Tutti quelli, anche cattivissimi, che hanno interesse a una economia impiantata nel territorio dello stato, fondata sulla remunerazione del lavoro produttivo e non della intermediazione, liberata dal giogo del capitale finanziario, rispettosa della natura e dell'ambiente, che riserva allo stato la programmazione, il controllo e eventualmente l'0esercizio delle imprese strategiche. In cambio, i ceti popolari dovrebbero essere favorevoli alla protezione delle imprese rispetto ai concorrenti esteri (dunque niente concorrenza e prezzi più bassi),  dovrebbero acquistare italiano e infine dovrebbero voler punire tutti i lavativi e gli approfittatori. Uno scambio, dove si dà qualche cosa in cambio di qualcos'altro.

  3. Tonguessy ha detto:

    @Andrea:

    vero, Olivetti finche è durato è stato il fiore all'occhiello dell'imprenditoria italiana. Altro che Marchionne!

    @Stefano:

    tutto vero, esistono imprenditori illuminati ed esiste la deriva del capitalismo dovuta alla mancata regolamentazione da parte dello Stato. O peggio alla combine Stato-Elites, cioè i rappresentati dei Cittadini che diventano rappresentanti delle lobbies.

    Voglio però fare una precisazione: anche se è per certi (o molti) versi è auspicabile un ritorno al fordismo, non dimentichiamoci che lo scempio ambientale non viene meno.

    Il problema dell'industrializzazione che porta a inquinamento e degrado lo si ritrova comunque, buoni o carogne che siano gli industriali (anche se preferiamo sempre quelli buoni…)

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