Professionismo politico, classe dirigente, militanza: facciamo un po’ di chiarezza.

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6 risposte

  1. Paolo Di Remigio ha detto:

    Poiché è di sinistra e per la sinistra non ci sono interessi nazionali ma soltanto lotta di classe, Giannuli dimentica che il difetto più grave dei politicanti della seconda repubblica non è la corruzione o l’ignoranza (questi ci sono a profusione, per carità), ma il tradimento, il loro rispondere a interessi stranieri opposti agli interessi degli Italiani. Quando Napolitano non solo non difese Gheddafi, che era nostro alleato, ma aiutò Inglesi e Francesi a bombardarlo, non si trattò né di corruzione, né di incomprensione, ma di obbedienza a interessi anglo-americani in contrasto con gli interessi italiani. Per non dire dell’euro, dell’austerità e delle mille altre cose. E il Mov5stelle non ha fatto assolutamente nulla per formarsi una classe dirigente per il semplice motivo che è il gruppo più eterodiretto dall’estero della storia d’Italia.

  2. Erno Ferri ha detto:

    Articolo semplice e chiaro su un argomento complesso la formazione necessaria per una classe dirigente. Si può condividere o meno ma l’esempio citato della formazione /conoscenza dei singoli argomenti e delle regole dell’azione politiche è sempre stato molto importante e oggi lo è ancora di più per la maggiore complessità dei problemi. Importante è anche il riferimento alla necessaria onestà dei pubblici rappresentanti come elemento indispensabile ma non sufficiente. Sono invece perplesso dal commento di De Remigio, ottimo in altre occasioni, perchè affronta un argomento diverso da quello in discussione e il riferimento poi alla sinistra assolutamente fuori luogo. La sinistra quando ha mantenuto il contatto con la sua base sociale e con i concreti interessi della stessa ha operato nella Resistenza come nelle lotte sociali con coerenza rispetto agli interessi nazionali. Il problema è che coloro che si dicono, per convenienza, rappresentanti della sinistra da qualche decennio operano per interessi diversi.Tanti elementi però ci dicono, dal processo di aggregazione europea a tante altre scelte , che anche forze che si ispiravano al centro e alla destra hanno sostenuto incredibili cessioni di sovranità. Resta quindi determinante al di la delle etichette analizzare le caratteristiche che un processo di rinnovamente deve contenere e valutare le influenze che possono essere esercitate anche dall’estero.

  3. Paolo Di Remigio ha detto:

    Condivido l’articolo di Giannuli, ma mi sembra gravato da una lacuna che riconduco alla sua cultura di sinistra. Ripeto: accetto quello che scrive, rifiuto quello che non scrive. Il problema più grave dei politici italiani della seconda repubblica non è teorico: è probabile che non sappiano tante cose, vero, ma non le sanno perché non vogliono saperle. Prendiamo la teoria dell’austerità espansiva: alcuni economisti l’hanno tirata fuori dal cappello, poi sono stati smentiti da altri economisti e dai fatti e non hanno osato insistere, anzi qualcuno, come Blanchard del FMI, ha fatto anche autocritica. Non per questo i politici hanno cessato di attuare l’austerità con l’aspettativa di un’imminente crescita; ma non perché abbiano capito la teoria dell’austerità espansiva e non abbiano capito la sua confutazione, bensì perché sono fantocci dei poteri atlantici e della loro UE che può sussistere solo a condizione dell’austerità suicida nei paesi meno competitivi. Credo che i politici della prima repubblica fossero meno fantocci – per questo sono stati eliminati; forse la loro vicinanza alla chiesa romana ha impedito loro di farsi umili esecutori dei troppo massoni poteri atlantici. L’asservimento allo Stato straniero è invece tipico della sinistra. Storicamente il PCI è stato finanziato dall’Unione Sovietica ed ha avuto molta tenerezza per la dottrina della sovranità limitata con cui l’URSS opprimeva i suoi satelliti. D’Attorre, in un bell’articolo di qualche tempo fa, mostrava che la passione europeista è nata nel PCI dopo la delusione sul compromesso storico. Secondo me le cose stanno messe peggio, cioè che lo sganciamento dell’eurocomunismo di Berlinguer dall’URSS si è trasformato da subito in una traiettoria di agganciamento agli USA, non è stato una liberazione ma un cambio di padrone. Qualcosa di simile si può dire dell’area a sinistra del PCI: non aveva patria, dunque è stata da sempre infiltrata dai servizi segreti stranieri. Alla permeabilità storica della sinistra italiana agli interessi stranieri corrisponde il suo massimalismo teorico, l’attenersi a Marx per cui il proletariato non ha patria e che concepisce la società come una guerra civile. Quando, con la fine della prima repubblica a guida DC, il massimalismo che si fa strumento di poteri stranieri pur di vincere i conflitti interni è diventato lo stile comune alla nuova classe dirigente, la sovranità italiana è decaduta a livelli ancora più bassi che nell’immediato dopoguerra; allora, infatti, dagli americani venivano i soldi per la ricostruzione, non il terrorismo e le guerre finanziarie. Il trilemma di Giannuli: politicanti corrotti – dilettanti onesti – tecnocrati, esiste, certo, ma non spiega il degrado politico della seconda repubblica. Non è difficile vedere che questo degrado è il frutto della slealtà e del tradimento di un ceto politico cooptato all’interno di poteri esteri che hanno programmato la ruralizzazione dell’Italia; non è neanche difficile vedere nell’antistatalismo marxista il presupposto teorico di questa slealtà. Che Giannuli non vi riesca, lo imputo alla sua appartenenza politica di sinistra, che gli fa credere che gli Stati-nazione non esistano e non abbiano interessi propri, che siano soltanto uno spazio di guerre civili.

  4. Erno Ferri ha detto:

    E’ confermato, la posizione del PCI verso la UE e il Patto Atlantico si ha con Berlinguer nel tempo in cui lancia l’euromunismo, è sufficiente leggere gli interventi di Berlinguer di quel tempo. All’interno del PCI non è però mai mancato il confronto tra linee diverse, basta pensare ai fatti del 1936, 1956 e uscita del gruppo del Manifesto tra gli altri. La linea di Berlinguer prevalse ma altri , pur essendo marxisti, sostenevano idee ben diverse. Marxisti contro lo stato o le imprese pubbliche, non ha alcun riscontro, con amministrazioni legate al PCI sono state innumerevoli le aziende pubbliche come positivo è stato il giudizio sulla nazionalizzazione dell’energia elettrica , delle imprese telefoniche e delle imprese in difficoltà.Difficile pure sostenere il nazionalismo della DC impegnata dall’inizio nel progetto di unificazione europea e diligente esecutrice degli ordini USA e della Nato, le volte in cui ha disubbidito si contano facilmente. Giannuli ha affrontato un aspetto particolare è quindi naturale che esistano altri ambiti come la difesa degli interessi nazionali che non sono rientrati nel suo articolo ma non credo avesse la presunzione di essere esaustivo. Che poi l’asservimento a interessi esterni sia importantissimo è certamente vero ma non riguarda solo il ceto politico, purtroppo, ma uno schieramento enormemente più vasto che comprende gli organi di informazione, gruppi consistenti di intellettuali e importanti forze economiche e finanziarie.

  5. Paolo Di Remigio ha detto:

    Leggo sul libro di Barba e Pivetti che, nella sua desolante incultura economica, il PCI è restato sempre fermo al liberalismo moralistico di Luigi Einaudi: il caso Padoan, che nel 1975 su ‘Critica marxista’ scrive che Keynes va rifiutato perché (cito a memoria) attenua le contraddizioni del capitalismo dalle quali sgorga la rivoluzione socialista e da vecchio si fa alfiere dell’austerità espansiva, non ha nulla di eccezionale. Cerco di riflettere su fatti macroscopici: contro la prima repubblica si è scatenata prima la strategia della tensione, poi tangentopoli – dirette entrambe dall’estero, se è vero che il loro esito è la fine della sovranità italiana. Dalla tempesta è emerso il ceto dirigente di sinistra: quello derivante dalla sinistra parlamentare ha fatto da tramite tra poteri atlantici e politica italiana – il caso Napolitano è quello più eclatante; quello derivante dalla sinistra extra-parlamentare ha fatto da tramite tra poteri atlantici e mondo giornalistico e culturale italiano (vedi per es. il dottor Mieli o Luigi Berlinguer). Vero che la sovranità garantita dalla DC è stata minima; è anche vero, però, che la politica atlantica nei confronti dell’Italia fino agli anni ’70 non aveva un carattere distruttivo; perciò il problema della sovranità non si poneva con urgenza. Per la seconda repubblica vale il contrario; e la sinistra si è messa al servizio dei poteri atlantici proprio quando questi hanno deciso di ruralizzare l’Italia. So che l’articolo di Giannuli non voleva essere esaustivo, ma ha taciuto proprio la causa principale del fenomeno, come se qualcuno parlasse del fascismo saltando Mussolini. La ringrazio comunque dell’attenzione.

    • MorenoD. ha detto:

      Nelle elezioni del ’48 , elezioni decisive per i 40 anni successivi , i soldi del capitalismo americano sono andati a sostegno della DC o del PCI e PSI ? a me sembra della DC..
      Da Piazza Fontana e per tutti gli anni di piombo , non il gruppo de IlManifesto o PotereOperaio o LottaContinua , erano finanziati da , e in contatto con , i servizi segreti americani , ma il SISDE e i neofascisti …
      Gladio , finanziata dai servizi segreti americani , era un’organizzazione neofascista .
      I governi Berlusconi , dagli anni ’90 in poi , hanno sostenuto tutti i trattati neoliberisti .
      Bush e il suo clan , 8 anni di presidenza degli Stati Uniti , erano amici di Berlusconi .

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