L'uccisione di Osama Bin Laden: riflessioni su un simulacro

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  1. daniela ha detto:

    Sono completamente d'accordo con l'autore di questo articolo, sorattutto con le sue conclusioni. Aggiungerei che non dovrebbe chiedersi solamente l'uscita dell'Italia dalla Nato e dal raggio di azione degli Stati Uniti, ma l'uscita dell'intera Europa, senza la quale l'Italia non può sopravvivere. Si dirà che non lo farà mai, ma questo è vero anche per l'Italia. Una forza politica che si opponga veramente dovrebbe assumere questa volontà e imbracciare questo vessillo.

  2. Claudio Martini ha detto:

    "L’ evento mediatico rinforza la ideologia statunitense: dà per scontato e conferma che gli islamisti internazionalisti sono puri e semplici terroristi (tesi sostenuta dai vertici Statunitensi). Questa tesi è accolta da tutti. Persino da coloro che contestano in uno o altro modo la versione ufficiale dell’attacco alle torri gemelle. E persino da coloro che hanno ammirato la resistenza “laica” del popolo iracheno e quella dei partigiani talebani."
    Sentendomi chiamato in causa, provo brevemente a replicare. Che l'Islam politico faccia uso di atti terroristici non se lo sono inventati gli americani, ma è un fatto acclarato dall'evidenza storica. Dalle Filippine all'India, dallo Yemen all'Algeria alla Cecenia siamo in presenza di gruppi che considerano la violenza non come l'estrema ratio, come i giacobini, ma come loro caratteristica peculiare, come i sanfedisti o i fascisti. Che la loro opera possa contribuire alla liberazione di quella parte di mondo dall'imperialismo è quantomeno discutibile. In particolare, Usama Ben Laden ha collaborato con gli Stati Uniti in Afghanistan, in Bosnia e in Kosovo; inoltre, in occasione della seconda guerra del golfo (1991), tra l'Iraq socialista e le infami petro-monarchie arabe  il Nostro non ha avuto alcun dubbio, schierandosi con quest'ultime. Chi non vorrebbe un nemico così? Concludo sulla questione della resistenza iraqena. è improprio parlare di resistenza "laica", in quanto l'idea di laicità è estranea al mondo arabo. La laicità è l'attegiamento proprio di un ordinamento che prevede la separazione tra Stato e Chiesa, entrambe entità sconosciute (specie la seconda) alla tradizione araba. Tutte le componenti della resistenza iraqena si richiamano sovente ad Allah; il problema, fino a qualche anno fa, era costituito da alcune fazioni, guidate evidentemente da psicopatici, che in nome della "purezza" sunnita si dedicavano, più che a combattere gli occupanti, a far strage di civili di altre confessioni. In ciò dette fazioni costituivano il contraltare delle terribili milizie sciite, le quali, al soldo di Teheran e in collaborazione con Washington, hanno tentato, a suon di atrocità, di deviare la popolazione iraqena dalla guerra di liberazione alla guerra settaria.

  3. stefano.dandrea ha detto:

    Non eri stato chiamato in causa e per rispondere dovrei scrivere un post diverso e ulteriore a quello che ho scritto. Hai segnalato una lacuna che colmerò

    Modifico il commento, aggiungendo che ho scritto di “puri e semplici terroristi” e non avevo negato il terrorismo. Anche gli stati uniti e isralele secondo me non sono puri e semplici terroristici. Sono sicuro che anche secondo te non sono puri e semplici terroristici.

  4. Andrea.Mensa ha detto:

    se scrivendo di "stati uniti" riusciremo , prima o poi fare distinzione tra governo degli S.U.  e popolazione degli S.U. che nella teoria dovrebbe essere un tutt'uno ch eidentifica , col territorio, l'essenza dello "Stato", cominceremo finalmente a capirci qualcosa.

    nello stesso modo con cui si comincerà a capire qualcosa se si riuscirà a separare alcune "organizzazioni fondamentaliste islamiche" dai paesi e dalle popolazioni islamiche.

    l'abitudine ormai invererata diconsiderare i governi come un'espressione del popolo, cosa peraltro che sta mostrando sempre più la propria falsità, porta a commettere dei grossi errori di prospettiva.

    specificare , quando si allude alle popolazioni, e quando ai governi, farebbe finalmente un po' di chiarezza.

  5. stefano.dandrea ha detto:

    Bah, Andrea, non sono sicuro che dal nostro punto di vista o da altri punti di vista esterni al popolo statunitense – differente è, ovviamente, quello dei membri del popolo statunitense – la tua distinzione assuma un rilievo primario.

    Una volta che gli stati uniti, come governo, come esercito e con il consenso dell'opinione pubblica (l'unica cosa che esiste; il popolo non esiste) attaccano l'Iraq, ossia lo stato iracheno (organizzazione, territorio e popolo) e, senza alcuna colpa della popolazione irachena, uccidono un milione di persone, te la senti di rimproverare moralmente l'iracheno che dicesse: dispongo di un virus in grado di provocare milioni di morti; gli stati uniti hanno ucciso un diciottesimo della popolazione irachena; io voglio fare altrettanto con quella statunitense; sono trecentosessanta milioni, quindi voglio ucciderne diciotto milioni, non uno di più non uno di meno? E' orrendo soltanto pensarlo. Ma è ciò che è stato fatto al popolo iracheno. L'unica differenza sarebbe che nel primo caso ad agire è stato un governo che formalmente è riconducibile al popolo, popolo che, almeno nella parte istruita, è composto da persone che al 95% sono convinte che il loro sistema politico-economico-istituzionale sia migliore di tutti gli altri (questa almeno è la mia esperienza), un governo che si è servito di un esercito di tre milioni di persone che o aspiravano ad avere la cittadinanza o a pagarsi gli studi o "intendevano vendicare l'11 settembre". Nel secondo caso ad agire è (indubbiamente) un terrorista. Insomma, non si può reputare responsabile il popolo iracheno di ciò che il governo e l'esercito iracheno hanno fatto agli stati uniti (governo, territorio e popolo), perché nulla di male è stato fatto a questi ultimi. Non si può escludere la responsabilità del popolo statunitense per ciò che gli stati uniti hanno fatto al popolo iracheno. Soltanto facendo una rivoluzione e rischiando di morire a milioni e scatenando una guerra civile il popolo statunitense può sottrarsi alle responsabilità che va accumulando.

    D'altra parte, il discorso potrebbe farsi anche con riguardo all'economia. "Il livello di vita degli americani non è negoziabile" è  il mantra che unifica democratici e repubblicani. Dunque i politici sono chiamati dal popolo a fare di tutto per: i) mantenere la moneta degli scambi internazionali, in modo che si emettano assegni a vuoto che non verranno mai portati all'incasso; ii) attirare capitali stranieri nella borsa statunitense in modo che i pezzetti di carta e ora le imputazioni elettroniche certificate in un documento (le azioni) in mano a oltre il 50% degli statunitensi si rivalutino, e gli statunitensi possano continuare ad avere uno stile di vita elevato (SUV, debiti ecc. ecc.); iii) perseguire politiche volte a far accettare da tutte le nazioni discipline giuridiche che aumentino e allunghino la tutela dei brevetti, in modo che le imprese statunitensi abbiano rendite (che in fondo vanno ad alimentare il – poco ormai – lavoro degli statunitensi); iv) diffondere i prodotti di holliwood in tutto il mondo, accusando ideologicamente le quote di mercato nazionale che qualche stato ancora vuole imporre e facendo pressioni di vario tipo contro le quote, in difesa dell'industria cinematografica statunitense e quindi anche di lavoratori statunitensi; v) vendere in tutto il mondo le armi prodotte da lavoratori che sono membri del popolo statunitense.

    Insomma, seppure fosse mai possibile che un popolo non debba rispondere verso l'esterno (verso altri popoli, altri stati, altre persone) dell'operato del proprio governo, dei propri capitani di industria e del proprio esercito, pur godendo di rendite che derivano dalle politiche economiche e militari messe in essere dai vertici, in ogni caso questo criterio generale, che è fallace per qualsiasi popolo che si avvantaggi di politiche espansionistiche regionali, è del tutto infondato per il popolo di uno stato imperialistico.

    Chi desidera: i) che gli stati uniti non facciano più guerre e che ci sia un maggiore equilibrio nel possesso degli armamenti tra più potenze; ii) che gli stati e i popoli più deboli possano tutelarsi contro i brevetti statunitensi e di altri pochi stati; iii) che scompaia qualsiasi moneta di riserva internazionale e dominante nei traffici internazionali e che in luogo di essa vi sia un equilibrio tra più monete; iv) che gli stati pongano norme volte a promuovere l'investimento in loco e ad impedire o tassare o comunque scoraggiare l'esportazione di capitali e l'investimento in borse straniere; ecc. ecc.; chi desidera tutto ciò, anche se non lo sa, desidera che il popolo statunitense si impoverisca e di molto rispetto alla situazione attuale, fino al rischio di un collasso economico che implica milioni di vite perdute. So bene che nessuno, consapevolmente, desidera questi corollari – nemmeno io li desidero, d'altra parte. Ma il complessivo raggiungimento degli obiettivi indicati comporterebbe anche il verificarsi dei corollari.

    Il popolo statunitense si può sottrarre alle proprie responsabilità soltanto facendo una rivoluzione e rischiando o subendo milioni di morti. Che il popolo italiano sia ridotto a fanghiglia è un dato di fatto che paga soltanto il popolo italiano e pochi altri (qualche libico, qualche iracheno, qualche afghano). Che il popolo statunitense sia un popolo di consumatori obesi indebitati che non intendono diminuire i consumi, il peso e i debiti e che a questo fine votano l'uno o l'altro partito è un altro dato di fatto. Ma a pagarne le conseguenze sono interi popoli. Non è che gli statunitensi siano peggiori di noi. Soltanto che la loro pochezza, la loro miseria morale e la loro avidità recano a terzi molti più danni che non le nostre avidità, miseria e pochezza. E' soltanto questa la ragione per la quale devono pagare.

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