Capita spesso negli ultimi anni di sentire da diverse forze politiche che “destra” e “sinistra” sono due concetti superati. Da un certo punto di vista, si tratta di un’evidente semplificazione: sappiamo bene che le ideologia di “destra” e di “sinistra” esistono dalla notte dei tempi e continuano ad esistere tuttora. Eppure è chiaro che qualcosa non funziona più in questo bipolarismo, tanto che sempre più persone asseriscono (almeno a parole) di non riconoscersi più né in una né nell’altra parte. Ma cosa si è rotto?

Fintanto che l’unica forma di governo conosciuta era quella monarchica, veniva facile identificare la “destra” con le élite di allora (perlopiù famiglie reali, nobili e alta borghesia), mentre la “sinistra” era riconducibile a una forza rivoluzionaria, perché se non erano gli stessi sovrani a mostrare magnanimità verso il popolo, le spinte rivoluzionarie erano l’unica forma di tutela possibile per quest’ultimo.

Con l’avvento della democrazia molte cose sono cambiate, e in seguito al riconoscimento di sempre maggiori libertà ai cittadini si è creata moltissima confusione tra il concetto di forze politiche di “sinistra” e forze politiche “liberali”. Questo ha portato negli anni ad una visione politica comune estremamente distorta.

Un esempio: nella mentalità comune Iosif Stalin è a sinistra, esattamente come un qualsiasi punk anarchico di un centro sociale, eppure se analizzassimo la loro visione politica noteremmo che la distanza tra i due è enorme e che le loro posizioni sono pressoché inconciliabili.

Lo stesso si può dire per la destra, portando due esempi a caso come un dittatore fascista tipo Mussolini e un dirigente industriale tipo Marchionne. Entrambi sono politicamente a destra, ma la distanza ideologica è anche in questo caso enorme.

Come possiamo allora uscire da questa visione estremamente limitata e confusionaria? Le variabili per definire una posizione politica al giorno d’oggi sono tantissime, ma è sufficiente aggiungerne una per avere le idee molto più chiare.

L’immagine di sopra si chiama “political compass”. La sua interpretazione è molto semplice. Sull’asse orizzontale una certa posizione politica viene definita di “destra” o di “sinistra” in senso puramente economico: chi vuole forme di tutela verso i lavoratori e un una redistribuzione di ricchezza verso le classi meno abbienti si colloca alla sinistra dell’asse (economic left), mentre chi non vuole nulla di tutto ciò o addirittura auspica un accentramento di benessere economico verso chi già ne possiede si colloca a destra dell’asse (economic right). L’asse verticale, invece, indica la preferenza per una forma di governo autoritaria (authoritarian), il cui estremo più alto è riconducibile ad una dittatura, o libertaria (libertarian), il cui estremo basso è riconducibile all’anarchia.

Usando il political compass è molto più facile capire la reale posizione politica – nostra e di chi ci dovrebbe rappresentare. Praticamente qualsiasi posizione ci porta in una direzione o nell’altra su questo grafico. Prendiamo come esempio alcune posizioni dell’attuale governo:

  • Favorevole al licenziamento di un lavoratore per motivi economici (economic right)
  • Favorevole alle unioni civili (libertarian)
  • Abbassamento del costo del lavoro per migliorare la competitività (economic right)
  • Imposizione di misure di austerità per rientrare nei vincoli di bilancio europei (economic right)
  • Favorevole allo ius soli (libertarian)
  • Promozione dell’obbligo di vaccinazione per i bambini della scuola materna (authoritarian)

Facciamo un po’ di chiarezza sul perché tali posizioni si classificano in questi termini. Perché essere favorevoli alle unioni civili è da considerare un provvedimento “libertario” e non “di sinistra economica”? Perché tale provvedimento garantisce una libertà al singolo cittadino, ma non impatta il benessere economico delle classi meno abbienti e non promuove alcuna redistribuzione di benessere. È un diritto dell’individuo, che potrà scegliere in totale libertà se usufruirne o no. Tutela una minoranza (quella degli omosessuali) – e in questo senso è lodevole – ma senza impatti sul benessere economico e sociale di quella minoranza o della società nel suo insieme.

Perché l’obbligo dei vaccini è un provvedimento che si qualifica in senso “autoritario” (termine in questo caso molto fuorviante)? Perché esso non può considerarsi un provvedimento né di “destra” né di “sinistra” in quanto, anche in questo caso, non impatta il benessere economico né delle classi meno abbienti né delle classi dirigenti. È un obbligo volto unicamente alla tutela della salute pubblica. Il termine “autoritario” non implica che il provvedimento venga imposto da un dittatore, ma implica una limitazione alla libertà del singolo, e tale limitazione può avvenire per tutelare la collettività (come in questo caso), ma anche per altri motivi. Da questo punto di vista anche il limite dei 50 km/h in centro è da considerarsi “autoritario”; infatti all’estremo basso del grafico, dove c’è l’anarchia, tali limiti non vi sarebbero (l’anarchia comporta appunto l’assenza di istituzioni che facciano rispettare le regole).

Per quanto riguarda il “Jobs Act” e l’abbassamento del costo del lavoro, non si tratta di riforme che impattano la libertà del singolo individuo ma di provvedimenti che invece impattano i diritti e il benessere di talune classi sociali, in questo caso favorendo nettamente gli imprenditori e gli investitori (che hanno già maggior potere economico rispetto ai dipendenti) a scapito dei lavoratori. Ecco perché rientrano nella categoria di “destra economica”.

Una volta compreso come valutare le posizioni politiche e come orientarle sul political compass, dove collocheremmo il nostro governo di “centro-sinistra”?

Come potete vedere di “centro” c’è qualcosa, ma di “sinistra” non c’è proprio niente. Cosa avverrebbe, allora, se tentassimo (con una certa approssimazione), seguendo le indicazioni di sopra, di posizionare i partiti attualmente presenti in Italia nel grafico sulla base delle loro posizioni?

Questo è approssimativamente il quadro attuale. Come potete notare, quella che nella testa di molti è una linea retta che va dalla “estrema destra” alla “estrema sinistra” è in realtà una linea curva, molto curva e molto sbilanciata verso destra.

In conclusione, il punto interrogativo rappresenta una posizione che è rimasta sempre più scoperta nel nostro panorama politico: un’area che rispetti le istituzioni democratiche, che le difenda da chi le vuole distruggere e che ne faccia uso per tutelare le fasce più deboli. Il nostro lavoro deve partire da qui.