Macerata, sabato 3 febbraio 2018, ore 11 circa. A bordo di un’Alfa 147 nera, Luca Traini percorre le vie del centro, sparando alcuni colpi di arma da fuoco verso alcuni immigrati africani, ferendone sei. Il fatto, di per sé, è in bilico tra intento terrorista, finalizzato a provocare il panico e colpire dei civili, e delinquenza comune, considerato il modus operandi. Il movente è svelato dai dettagli della cattura: prima di venire fermato dai carabinieri, si è rivestito del tricolore e ha rivolto un saluto romano.

Ne conosciamo anche la figura: ventotto anni, alto un metro e ottanta, capelli rasati, sguardo truce, tatuaggio runico in prossimità del sopracciglio. Gli elementi del suo aspetto basterebbero a rendere concreta latangibilità allegorica del suo valore. Traini, con intento omicida probabilmente venato di razzismo, spara dallauto in corsa senza uccidere nessuno e rischiando di ferire non soltanto gli obiettivi, ma anche i suoi connazionali. Oltre che una ridicola marchetta da circolo dei nostalgici, si rivela per ciò che è: un penoso dilettante. Forse aveva ragione un grande scrittore, quando diceva che “i fascisti sono una trascurabile maggioranza”. Il saluto romano prima del sipario – chapeau! – è un inno alla cialtroneria. Ecco l’immagine di un anti-immigrazionismo fatto con i piedi e mai con la testa, affetto da cecità razzista, più vicino allo stile Gomorra che alla ragionata contestazione delle politiche (im)migratorie perpetrate con fare padronale dagli ultimi governi (va da sé, per la gioia dei trafficanti di uomini e delle mafie e mafiette nostrane).

Una nazione non è quel parco giochi che la gente chic immagina, in cui il verde è curato e le giostre donano universale intrattenimento. È fatta di quartieri periferici, dimenticati, brutti come il cemento di cui sono saturi, sporchi come la coscienza di chi finge che non esistano. È fatta di vite per le quali la violenza è pane quotidiano, impastato di rancori sociali, lievitato nella miseria della desolazione. È fatta di centri vittime di degrado, in cui la pessima amministrazione e il malaffare promuovono metastasi edilizie e sociali. Tutto ciò (e molto altro) si riassume nel risentimento che cala come nebbia sulla visione del paese che verrà. È sempre uno sparo, un maledetto sparo, a ricordare ai va-tutto-bene che l’Italia non è quel parco giochi, bensì una realtà sempre più complessa, corrosa dalla povertà e dalla precarizzazione, principi che oltrepassano l’economia e si imprimono sulla condizione umana.

Su questo sfondo vanno collocati gli effetti della mancanza di progettualità che costituisce l’eccellenza dei nostri governanti. Il disciplinamento dei flussi di immigrati, cioè la loro agevolazione o restrizione, è una pratica antica quanto le prime forme di comunità politica. I governi che si sono susseguiti nell’attuale legislatura sono stati ostaggio dell’idea, propagandata dall’assenza di pensiero propria degli intellettuali, sacerdoti del semicoltismo, che tale funzione di controllo non è compito dello Stato, ma della laica provvidenza del buon sentimento. Da qui l’humus che fa crescere come erbaccia situazioni insostenibili, che si aggiungono al disagio di una consistente parte del paese.

Luca Traini si riveste del tricolore, ma non ne è degno. Sono nefasti e disgraziati coloro che si macchiano di simili scelleratezze, in contiguità con l’immaginario truculento e sgrammaticato di certa fascisteria. Da molte parti, perfino da Casapound, si è levata la condanna morale del gesto criminale. Che altro, allora? C’è una lezione da trarre, in negativo, dall’apologo del pistolero di Macerata. Una lezione di stile. Il grande aviatore italiano Guido Keller non contestò il trattato di Rapallo seminando il terrore a Belgrado; anzi, a bordo del suo biplano Ansaldo omaggiò Montecitorio con il lancio di un pitale, nell’eloquenza di un insulto liberatore: non siete altro che piscio e merda. Sia fulgido esempio, perché vi siano più D’Annunzio e meno Mussolini.