Nell’analizzare l’attentato di Barcellona dell’agosto 2017, molti commentatori hanno correttamente posto l’attenzione su una certa debolezza del sistema spagnolo, costituita da un lato da un’eccessiva benevolenza nell’ospitare musulmani in particolare di origine marocchina e, dall’altro, in una concreta deficienza di intelligence, dovuta forse anche a uno scarso coordinamento tra la Catalogna – e, quindi, i Mossos d’Esquadra – e i servizi centrali dello stato spagnolo.

Meno attenzione è stata, invece, posta sul valore simbolico dell’attentato terroristico. Quando Napoleone Bonaparte dopo il 12 maggio 1797 decretò la fine della millenaria Repubblica di Venezia, diede disposizione di scalpellare i leoni di San Marco e bruciare il Bucintoro, per cancellare i due più importanti simboli dello stato marciano e del potere dogale. Nella sola città di Venezia furono così distrutti a martellate quasi mille leoni di San Marco e il 9 gennaio 1798 il Bucintoro venne dato alle fiamme.

Napoleone fu, a seconda delle tesi, un feroce criminale ovvero un genio universale. Di certo, manifestò grande attenzione, come si è visto, ai valori simbolici e non esitò a colpirli. Nei mesi immediatamente precedenti i fatti di Barcellona, lo Stato Islamico e altri gruppi jihadisti hanno prodotto video e documenti che esortano i musulmani a riconquistare “al Andalus”.

Al Andalus è il nome che gli arabi hanno dato a quei territori della Spagna e del Portogallo occupati dai conquistatori musulmani, conosciuti anche come “mori”, dal 711 al 1492. Rappresenta quindi, il paradiso perduto, ma anche il luogo di una sconfitta da cui non si sono mai ripresi.

Molti islamisti ritengono che i territori perduti durante la riconquista cristiana della Spagna appartengano ancora al regno dell’Islam. E che la legge islamica dia loro diritto di ristabilirvi una dominazione. Nell’opuscolo diffuso in quei giorni dallo Stato Islamico si legge non a caso che «la Spagna è uno stato criminale che usurpa la nostra terra». Il testo invita i jihadisti a «perlustrare rotte aeree e ferroviarie per compiere attentati» ed esorta anche i suoi seguaci ad «avvelenare cibo e acqua» con insetticidi Il documento conclude dicendo che «le azioni dei vostri antenati sono la causa delle nostre azioni di oggi».

Esistono dei precedenti: il 15 luglio 2016 lo Stato Islamico ha diffuso il primo video di propaganda con sottotitoli in spagnolo. L’ottima qualità della traduzione, sia per ortografia che per sintassi, ha indotto alcuni analisti a concludere che il traduttore fosse di madrelingua spagnola e che i sottotitoli potessero essere stati realizzati in Spagna. Il 30 maggio successivo, lo Stato Islamico ha divulgato un documento di due pagine in spagnolo in cui minaccia direttamente la Spagna. Il 3 giugno, in pieno Ramadan, mese di “conquista”, ha diffuso un video in cui Al Andalus è menzionata quattro volte (la Spagna è l’unico paese non musulmano citato). Nel testo si affermava: «arriveremo e uccideremo ogni infedele spagnolo che si trova nelle terre musulmane».

In un video del 31 gennaio 2017, poi, un jihadista spagnolo dello Stato Islamico ha avvisato la Spagna che «la pagherà molto cara» per aver espulso i musulmani da Al Andalus: «giuro su Allah che la pagherete cara e la vostra morte sarà molto dolorosa. Riconquisteremo al Andalus, col volere di Allah. O carissimo al Andalus! Pensavi che ti avessimo dimenticato. Giuro su Allah che non ti abbiamo mai dimenticato. Quale musulmano potrebbe dimenticare Cordoba, Toledo, Granada? Ci sono molti musulmani fedeli e sinceri che giurano di ritornare ad al Andalus». E così via, sino all’ultimo monito che ha preceduto l’attacco di Barcellona, dove un jihadista con forte accento nordafricano dice in spagnolo: «Lancio al mondo libero questo avvertimento: viviamo sotto la bandiera del Califfato Islamico. Moriremo per essa fino a quando non libereremo queste terre occupate da Giacarta all’Andalusia. Io vi dico che la Spagna è la terra dei nostri padri e ci accingiamo a riprenderla con la potenza di Allah».

Dopo i fatti di Atocha del 2004 e la conseguente sconfitta elettorale di Aznar, il governo di Madrid come noto si è ritirato da ogni impegno militare in Medio Oriente e ha, quindi, implicitamente incoraggiato gli islamisti a proseguire sulla strada del Jihad. Oggi, lo Stato Islamico ricalca a suo modo quel percorso e, qui come altrove, rilancia campagne di propaganda che si ammantano di un alto valore simbolico, puntando sulla suggestione e sulla distruzione di tutto ciò che rappresenta l’Occidente. Un fatto non trascurabile, che sinora è stato imprudentemente trascurato.