La problematica che affligge la realtà odierna italiana è rappresentata dalla scarsità di risposte adeguate del sistema scolastico alle continue sollecitazioni provenienti dalle difficoltà che si sono susseguite nella dinamica dell’integrazione sociale. Infatti, la scuola dovrebbe essere lo strumento che per eccellenza favorisce e garantisce il pieno sviluppo delle capacità personali dell’individuo, strettamente collegato al contesto sociale, politico ed economico di un determinato periodo storico. Oltretutto, la scuola ha il compito di formare il cittadino, di consegnarli le basi empiriche e metodologiche per affrontare il mondo che lo circonda.

Tenendo a mente queste basi, sarebbe stato facile iniziare da una critica a “la buona scuola” targata PD, ma sarebbe stato altrettanto sbrigativo ed inattuale rincalzare la coperta della colpa sul letto delle riforme che l’hanno preceduta. Concentreremo invece l’attenzione su un iter che definiremo ideologico, per il quale la definizione di cultura viene subordinata alla produzione di capitale umano, per cui l’educazione è concepita come una struttura in cui le conoscenze devono essere impartite, nella quale si definisce la formazione dello studente in base ad una meritocrazia viziata dalla competizione ed infine nella quale il corpus docenti è subordinato ad un preciso sistema economico, politico e sociale. Stiamo parlando, dunque, della democrazia. In altre parole, il sistema capitalistico che incarna la figura della democrazia, intesa come ciclo individualizzante in cui la base fondante può essere visualizzata dalla sterilità, un terreno di invenzioni e convenzioni.

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Pare doveroso, dunque, introdurre il nostro protagonista, ovvero il desiderio. Seguendo la traccia lasciata da Deleuze e Guattari nei loro lavori “L’Anti Edipo” e i “Mille piani”, ci possiamo accorgere come l’operazione foucaultiana di smantellamento dei sistemi di potere ha provato l’esistenza di una sovrastruttura tanto ideologica quanto pratica; la quale esiste per creazione stessa dell’individuo, per usufrutto di un catalizzatore chiamato capitalismo, il quale ingloba, assoggetta, individualizza, racchiude l’inconscio definito collettivo nella gabbia della divisione sociale. E questa schiavitù del desiderio, a stretto contatto con la storia ed il tempo, rappresenta una composizione sociale in costante trasformazione, che altera i sistemi di produzione, che tramite lo sviluppo tecnologico, economico e politico muta la sua influenza sulla società.

Mike Davis, nei suoi libri “City of Quartz and “ecology of Fear” mostra come la qualità dell’esistenza che influisce sul nostro sistema psicologico si stia deteriorando, in relazione alla perdita di valori collettivi come la comunità sociale e alla sterilizzazione dell’attenzione collettiva sul problema della sicurezza. La sicurezza, dunque, è colonna portante del progetto chiamato democrazia. Ma, tornando al desiderio, possiamo definirlo nella visione deleuziana come:

Non una forza, ma un campo. E un campo in cui è messa in scena una intensa lotta, o meglio un campo di linee di fuga che collidono, in cui predomina il conflitto e lo scontro di forze differenti.

Il desiderio, dunque, può essere intuito come un campo che lavora sulla nostra psicologia, dove l’immaginazione è la forza dei vettori che collidono, in cui predomina il caos e gli interessi collidono tra di loro. Non è solamente un impulso vitale, per dirlo alla maniera di Bergson, ma un qualcosa di vivo, un corpo senza organi che rappresenta la vita. Per cui, il campo del desiderio è centrale nella storia, dal momento in cui quello stesso campo rappresenta la cruciale formazione della coscienza collettiva, della cultura, e di conseguenza i differenti sviluppi del progressio sociale, raggiunto tramite sovrapposizione e conflitto.

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Dopo questa breve introduzione alla filosofia di Deleuze e Guattari, sarà più semplice comprendere il perché sia stato necessario presentare il desiderio prima di parlare direttamente dei temi principali di questo articolo. Infatti, se applichiamo il concetto di desiderio ai dogmi della società moderna, possiamo osservare come la scuola, l’educazione e la cultura, si conformino a primati che rappresentato una sovrastruttura chiamata capitalismo. Infatti, non sarà necessario agire dall’esterno, in maniera legislativa, e nemmeno salverebbe il messaggio di Stephan Hessel per cui il sistema possa essere cambiato dall’interno.

Il sistema messo in atto non prevede cambiamenti, se non quelli dettati dall’accumulazione di capitale. Il capitalismo non può funzionare diversamente dall’assoggettamento del desiderio, da entrare come un virus in seno al suo portatore, il quale non potrà fare altro che individualizzare il suo desiderio, procedere per i dogmi stabiliti. L’operazione del capitalismo è quella di devitalizzare l’espressione di Guattari per cui per comprendere se stessi bisogna comprendere l’altro; mettersi in contatto con il diverso, perché da questo contatto la vita prende forma, in questo preciso campo composto di intensità differenti.

Gilles Deleuze

Gilles Deleuze

In ambito scolastico, dunque, possiamo trattare con il primo stadio di questo assoggettamento. Un individuo che deve essere formato, in maniera tale da poter pensare ed agire solamente in una direzione: la glorificazione della sua indipendenza. Ma il processo di individualizzazione, messo in atto tramite il processo educativo, non garantisce la libertà dell’individuo, bensì la sua concentrazione verso se stesso. La chiusura verso l’esterno, sia verso colui che dal sistema è garante del sapere sia verso l’altro, il diverso da lui. Il sistema culturale, quindi, tende a omologare lo studente ad un preciso modus operandi, che lo porterà dunque ad inserirsi nel sistema prestabilito dai determinati canoni economici e politici.

Il distacco avvenuto alla fine degli anni ’70 tra i movimenti studenteschi e i collettivi operai è la prova di un operazione messa in atto che ha permesso il distaccamento di quelle precise classi sociali, rendendole sterili l’una e l’altra contemporaneamente. Si è puntato sul progettare una scuola che inserisse nel mondo del lavoro, invece che progettare una scuola che creasse lavoro, sia intellettuale che empirico. Dividi et impera. La forza del movimento capitalista risiede nel creare limitazioni a quel campo di intensità chiamato desiderio, canalizzando il suo turbine, la sua forza costruttiva e distruttiva, verso canali prestabiliti da un tipo preciso di potere economico. In questo contesto, può essere più chiaro come l’analisi del problema dell’immigrazione e dell’integrazione in Italia possa avere una chiave di lettura diversa. Si tende sempre a pensare, in conformità con la perdita dei valori del sistema capitalista, come debba essere l’altro a conformarsi al mio modo di vivere, deve essere l’estraneo messo in condizione di comprendere e di uniformarsi al mio sistema culturale. In questo modo, tuttavia, si agisce verso il percorso contrario: si individualizza, si caratterizza il diverso verso un percorso di studi sterile.

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La domanda, invece, dovrebbe essere di tutt’altro calibro: come posso comprendere io l’altro e il suo modo di vivere se costringo la sua cultura ad essere indottrinata? Perché non si è avvicinato e rinnovato il mondo dell’istituzione organizzativa in merito alle culture provenienti da paesi diversi dal nostro? Infatti, se osserviamo la cultura in un ambito del tutto empirico, potremmo concludere la sua enorme potenzialità di integrazione dal punto di vista sociale. Se invece di essere succubi di vere e proprie barriere del nazionalismo culturale fossimo inclini ad un apertura verso la comprensione della cultura e della storia delle persone provenienti da diversi paesi interessanti dal problema dell’emigrazione, saremmo dunque più comprensivi, sviluppando un tipo di empatia sociale che non può essere creata dal nulla. Portare all’attenzione dei più giovani le dinamiche sociali che stanno portando nel mondo moderno significativi cambiamenti al complesso sociale di diversi paesi dell’Unione Europea, sarebbe altresì una prerogativa di una società che vuole crescere, che vuole progredire e che tende alle libertà sancite nella Costituzione:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

(Articolo terzo della Repubblica italia)

Il promuovere la rimozioni di ostacoli, però, non può passare se non dalla cultura, dall’educazione e dalla scuola in sé. Nella società della globalizzazione, le integrazioni vengono promosse dal punto di vista economico, che poi influirà sul contesto sociale, ma la formazione di quello stesso strato di popolazione è lasciata allo sbando dal punto di vista della formazione culturale; ciò che in primis potrebbe abbattere le barriere create dalle diversità linguistiche, morali, economiche, ideologiche e sociali. La canalizzazione del desiderio, quindi, passa per lo strato della struttura capitalista, che perviene queste linee di fuga e le dispone su un piano ben definito, con sbocchi precostruiti per un’élite di persone che formeranno poi gli ambiti di potere del Paese.

Michel Foucault

Michel Foucault

Se, da un lato, possiamo tenere conto di un lavoro estratto dall’opera di Foucault, “Il soggetto e il potere” del 1982, nel quale vengono delineati i bordi per una definizione di una specifica forma di potere:

Questa forma di potere si applica nella vita quotidiana categorizzando gli individui, marchiandoli della loro individualità, incatenandoli alla loro identità, imponendo una legge della verità in se stesso; la quale l’individuo e la collettività deve riconoscersi. Una forma di potere che soggioga l’individuo.

In questa critica di Foucault al sistema di dominazione in atto sull’individuo, egli identifica nella figura dello Stato il principale indiziato, sia nel suo complesso democratico sia come forma di utilizzo del potere:

Lo stato è raffigurato come una sorta di potere politico che ignora gli individui, proponendosi solamente alla sicurezza degli interessi della totalità o di un élite al di sopra dei cittadini e, continua, il potere dello stato è sia individualizzante che totalizzante. Questo paradosso che si forma all’interno dell’istituzione statale è dovuta alla canalizzazione del desiderio attraverso apparati burocratici, i quali sono composti da singoli individui che muovono l’ingranaggio della democrazia. Bisogna sottomettersi a determinate procedure, a determinate norme costituite.

Risuona dunque sempre più forte il “Was heisst Aufklarung?” kantiano: “Chi siamo, davvero?”. Come ci riconosciamo con il titolo di società in questo determinato periodo storico? Come riconosciamo noi stessi, se non siamo nemmeno capaci di comprendere il diverso?  Siamo di fronte al paradosso del capitalismo, nel quale la carcassa della scuola viene smembrata fino all’osso, in cui si cerca di contrapporre all’integrazione sociale una dogmatizzazione del modus vivendi proprio del desiderio. Andrà, infine, effettuata una presa di coscienza collettiva, fuori dai canoni dell’istituzione opprimente del capitalismo, in grado di costruire un’identità partendo dalla molteplicità, costruendo finalmente una cultura di tutti, per tutti.