Ci ha lasciati Walter Bonatti, un altro Italiano del quale possiamo andare fieri

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  1. Michele Bina ha detto:

    Complimenti, il miglior articolo che ho letto sinora sulla preziosa eredita' che ci ha lasciato Walter Bonatti – ogni giorno alzandoci al mattino ogni Italiano dovrebbe pensare a come onorare il ricordo, le gesta e la lezione morale che uno come lui ha saputo darsi e dare a tutti noi.  L'Italia ne potrebbe solo beneficiare. 

  2. stefano.dandrea ha detto:

    Grazie Michele. Pur non essendo un rocciatore ma un semplice amante della montagna, mi capitò una volta di ascoltare le sue parole. Ne rimasi incantato. Testimoniavano una pulizia morale, una purezza d'animo, che spesso tendiamo a negare che esistano, per sottrarci alla sfida con noi stessi, alla sfida per migliorarci, per avvicinarci a quella purezza.

  3. buzz ha detto:

    Giuste considerazioni, per un uomo che non ha fatto cose normali, le sue imprese alpinistiche erano ventanni in anticipo sui tempi, ma che è stato eccezionale, alla luce di una intera vita, per quelle qualità umane che dovrebbero essere normali: la tenacia, la correttezza, la coerenza con un'etica cristallina.
    Come alpinista, ho letto i suoi libri, conosco le sue montagne, ho potuto comprendere, sfiorandole, il valore delle sue imprese. Ma è l'uomo quello che ammiro. 
    Di questi tempi è raro sentirsi orgogliosi di essere italiani. walter bonatti è uno dei rari motivi.

  4. Piero Pagliani ha detto:

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    In quanto appassionato alpinista non posso non intervenire.
    Walter Bonatti è stato un uomo che in un particolare settore dell’agire umano, l’alpinismo, ha precorso i tempi di almeno una generazione. Un fatto straordinario, concesso solo a pochissimi.
    Basti pensare al suo inintenzionale bivacco senza attrezzature, assieme all’alpinista pakistano Amir Mahdi, sotto la cima del K2 (all’epoca, 1954, giudicato impossibile dai fisiologi) per finire con la meravigliosa apertura in solitaria invernale di una nuova via alla parete Nord del Cervino. Un altro fatto inaudito.
    Cose per l’epoca fuori dal mondo e possibili solo a qualcuno proveniente dai lontani paraggi di Kripton.
    Ma Bonatti non era un superman. Era in tutto e per tutto un Italiano ed è stato trattato dal potere come il potere tratta un Italiano: in modo mafioso.
    Walter Bonatti ha dovuto lottare tutta la vita per ristabilire la verità su quel che successe quella famosa notte sul K2, qualcosa di poco meno di un mancato omicidio colposo ai suoi danni e a quelli di Mahdi.
    Solo nel  2004, cioè cinquant’anni dopo, il Club Alpino Italiano riconobbe la fondatezza della versione data ripetutamente da Walter Bonatti sui fatti del K2.
    Ho purtroppo ripetuto solo due degli itinerari aperti da Bonatti sulle Alpi ma mi è bastato per capirne, passaggio dopo passaggio, la genialità, l’eleganza e l’audacia.
    Eppure ancora qualche anno fa un giovane fortissimo alpinista aveva affermato che Bonatti era solo un “carpentiere” (sic!), perché secondo lui aveva usato troppi chiodi. Una dimostrazione di cosa succede se si perde il senso della Storia e dell’uomo. Purtroppo quel giovane fortissimo alpinista era “progressista” e purtroppo ciò è quanto spesso accade ai progressisti. Sarà per questo che a “progresso” io preferisco il termine “emancipazione”.
    Amavo Walter Bonatti per le sue imprese, i suoi libri, la sua intelligenza e la sua generosità (nell'ennesimo infuriare di polemiche contro di lui, l'alpinista francese Pierre Mazeaud affermò che se lui si era salvato dalla tragedia del Pilone Centrale del Freney era solo grazie a Bonatti).
    Ma soprattutto l’ho amato  perché non ha mai smesso di lottare contro un establishment molto più potente di lui.
    La sua compagna, Rossana Podestà, si è invece dovuta accorgere di un altro segnale della pochezza morale del nostro povero Paese, quando è stata scacciata dalla stanza della clinica religiosa dove Walter stava morendo perché “non era legalmente sua moglie”. Carità cristiana!
    Un abbraccio affettuoso alla signora Podestà-Bonatti e al diavolo le ipocrisie.
     
     Piero Pagliani

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