Le trappole della rete: l’illusione quantitativa

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10 risposte

  1. altrecorrispondenze ha detto:

    infatti la prima fase della guerra di liberazione non è nè vinta nè persa, meglio orientarsi su altre considerazioni
    non mi ricordo più chi scrisse che ogni epoca è rappresentabile con una tecnologia: il XVIII secolo con l' orologio meccanico, il XIX  con il treno, il XX con il computer molteplice che si fa network, nel XXI probabilmente saranno le biotecnologie
    "non ho mai visto mezzi che non siano anche fini!" disse un filosofo, da questo punto di vista l'universalizzazione virtuale del network va di pari passo con la gabbia d'acciaio del solipsta, che, come nota Stefano, casca nella trappola gnoseologica: ho l'informazione, mi può bastare. invece non basta.
     

  2. stefano.dandrea ha detto:

    Altrecorrispondenze,

    ovviamente sono d'accordo, forse anche sul fatto che la prima fase della guerra di liberazione non è vinta ma non è persa. Comunque, è un dato di fatto che certi temi certi problemi e certe parole d'ordine, non soltanto hanno avuto una certa diffusione nella rete ma si sono affacciate fuori di essa. Bagnai ha un blog su il fatto quotidiano; Paolo Becchi sostiene le posizioni su Libero; entrambi assieme ad altri, come Borghi, hanno avuto modo di parlare in TV; in fondo si sono aggiunti ad Ida Magli; Brancaccio è approdato, sia pure per le vie tortuose della politica (non vuole essere una critica, bensì una presa d'atto che si tratta oltre che di un validissimo studioso di un coerente uomo di partito, che cerca di traghettare quest'ultimo e non lo abbandona) alla fuoriuscita dall'euro, con tutti i corollari – e anche Brancaccio va in tv e talvolta interviene su qyuotidiani di rilievo nazionale; Barnard e gli studenti della MMT vogliono tutti la riconquista della sovranità; essi hanno già cominciato un diffuso lavoro di informazione nelle città italiane e il 21 ottobre organizzeranno una seconda riunione nazionale di MMT; noi dell'ARS abbiamo in programmazione già sei convegni o conferenze in città italiane e credo che ben presto ne metteremo in cantiere altre sei; per il bene comune svolge attività simile alla nostra;  Luigi Cavallaro concede un'intervista a "oltre la crisi", che ha avuto notevole diffusione (anche se sul web), nella quale sostiene la tesi dell'assoluto contrasto tra Costituzione e trattati europei; gli economisti che hanno scritto oltre l'austerità sono andati ben oltre la famose "lettera degli economisti". Insomma, tutto questo tre anni fa non c'era;eravamo quattro gatti, guardati anche con sospetto. Ora non siamo più quattro gatti e alcuni si sono conquistati il diritto di tribuna fuori dal web. Se non è una vittoria è comunque un bel passo avanti e induce a perseverare.

  3. altrecorrispondenze ha detto:

    lo stato dei fatti lo vedo diverso
    occorre perseverare nella critica, a mio avviso, renderne più acuminate le armi, e sotto questo punto di vista invece il discorso – dalla Grecia, quindi da 2 anni- si è addirittura arenato
      come ho già qui detto l'assunzione dello spazio nazionale come unico spazio possibile per qualsiasi  politica economica sociale  è una reazione, una reazione meccanicamente, come tutte le reazioni, acritica e che ha bisogno urgentemente di sviluppo teorico, pena dare retta a tanto redivivo stalinismo/statalismo ( fatto non a caso spesso da economisti) di cui non  sentivo la mancanza
    per conto mio mi piaceva l'ipotesi comunitarista (le tante ipotesi comunitariste che girano), ma anche questa mi pare che si sia insabbiata nelle secche della contingenza politica e dell'indigenza teorica, dovendo rispondere nell'immediato a fenomeni ancora da capire sia nelle ricadute sia nella sostanza

  4. Tonguessy ha detto:

    dare retta a tanto redivivo stalinismo/statalismo…

     

    Non capisco la necessità di accostare lo stalinismo (di cui nessuno sente la mancanza) allo statalismo, ovvero alla necessità che lo Stato si faccia garante dell'interesse della popolazione invece di lasciare che sia il Mercato a decidere cosa e come.

    L'articolo di Stefano è ben scritto e articolato e dice che ciò che manca non è l'impulso propositivo (che degenera facilmente nel populismo) ma l'organizzazione. La rete (presenza nella virtualità) contro la presenza in luogo, fisica.

  5. altrecorrispondenze ha detto:

    la parola chiave del mio commento è "a/critica", senza critica per me non si potrà riproporre la comunità politica nazionale, a cui non sono ideologicamente ostile
     
    In Italia stalinismo del PCI e statalismo democristiano  sono andati a braccetto per un bel  pezzetto, con incontestabili quanto congiunturali meriti in termini di modernizzazione ed arricchimento del paese, ma, ad un livello più sostanziale, mi pare difficile sostenere che l' emancipazione finisca lì, nel senso sostenuto allora correttamente, per forza di cose,  solo da rarissimi intellettuali 
     
    entrambi, stalinismo e statalismo, erano -come si ricorda-  programmaticamente a sovranità limitata perchè entrambi articolazioni del Capitalismo keynesiano, la sola realtà che non si poteva contestare nel merito. Se poi sono stati sostituiti dal liberismo nella versioni falco o colomba, questo non fa venire meno la loro funzione che prima o poi verrà consegnata alla storia del novecento e non riproposta, neppure nella versione di socialismo sotto il capitalismo. Alcune magagne di allora sono, trasformate,  quelle che ci troviamo di fronte oggi.
     
    il post di Stefano è ben scritto, ho cercato di ampliarlo, non gli è piaciuto l'appunto sulla guerra delle parole, ma era un dettaglio. ho colto allora  l'occasione per parlare di un altro aspetto della realtà politica che mi preme

  6. stefano.dandrea ha detto:

    altre corrispondenze,

    consentimi una domanda. Secondo te, tra le esperienze storiche, dove e in che periodo si è stati più vicini a una società socialista o meno lontani da essa?

  7. altrecorrispondenze ha detto:

      l'uomo non è ancora uomo ! il processo è però in atto

  8. stefano.dandrea ha detto:

    Così però sfuggi. E siccome sei acuto, sai che questa fuga non è dovuta a labilità ma ad acutezza. Infatti, se non riesci nemmeno ad affermare che una esperienza storica è stata meno lontana dal tuo ideale rispetto alle altre, è chiaro che, secondo te, le concrete esperienze storiche sono macchiate dall'uomo, che le ha rese tutte lontanissime anni luce dall'ideale del mondo nuovo. E perché il processo sarebbe in atto? Perché l'uomo sta migliorando? No. Perché le condizioni materiali starebbero peggiorando (suppongo), spingendo verso la una rivoluzione dei rapporti materiali che genererebbe la attesa catarsi.

    Tanto acume dentro una visione religiosa? Non c'è niente di male, basta essere chiari.

  9. altrecorrispondenze ha detto:

    una cosa alla volta

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