Nonno Attilio

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9 risposte

  1. Questo post è stata occasione per rileggersi quelli sulle relazioni fra USA e Germania nazista, cui si rimanda nei post sul cartello petrolchimico (nota 3).
    Il link del primo scritto è stato aggiunto al nostro post su USA-Germania: la partita infinita, nella speranza che vengano letti.
    Grazie e complimenti
    p.s.
    sarebbe altresì interessante comprendere perchè a Torino le fabbriche del sig. Bianchi verranno bombardate, e quelle della Fiat risparmiate dai bombardamenti alleati. Sarà per la presenza in città di Almirante che nel frattempo, come racconta Vinciguerra, si era rifugiato presso una famiglia ebrea residente a Torino per scampare alla presa dei partigiani?
    Ma non è da scandalizzarsi: i conflitti non sono mai quelli apparenti. Per questi motivi la Germania non volle l'euro, mentre oggi si ostina a difenderne l'architettura che non la vide d'accordo. Leggere meglio le dinamiche in gioco sullo scacchiere globale ci potrebbe aiutare a comprendere se ci stiamo comportando come cani che corrono dietro la lepre. 

  2. SARMATA ha detto:

    Ho inviato il link di questo bellissimo articolo a molti amici, alcuni dei quali molto giovani.
    Spero proprio che questi ultimi lo leggano con la dovuta attenzione e sensibilità.
    Hvala lepa.

  3. Lorenzo ha detto:

     
    Buona questa esaltazione strisciante del passato preindustriale. Perfetta per chi non l’ha mai vissuto.
     
    I bei tempi antichi erano quelli in cui la stragrande maggioranza della popolazione mangiava carne una volta a settimana e viveva beatamente (questo sì) nello stato di idiozia rurale stigmatizzato dal giudeo di Treviri (quello stato che la società multimediale sta ripristinando mutatis mutandis).
     
    Tempi in cui chi arrivava all’età adulta era effettivamente robusto perché gli altri, nell’assenza di antibiotici, morivano in fasce. In cui i bambini venivano messi al lavoro in ferriera o nei campi a otto anni, otto o dieci ore al giorno non perché a quell’età fossero in grado di contribuire significativamente alle attività produttive, ma perché dovevano asimilare fin dalla più tenera età quello che sarebbe stato l’immutabile destino di una vita di fatiche, sei giorni e mezzo la settimana.
     
    In cui i vecchi non avevano pensione e venivano mantenuti (spesso controvoglia e in malo modo) dai figli, presi in giro o a sassate dai monelli per la strada.
     
    In cui le mogli venivano regolarmente pestate dai mariti che tornavano ubriachi a casa il sabato sera, e in assenza di contraccettivi, oltre che di svaghi diversi dal sesso, si logoravano fra un parto e il successivo, al punto che la durata media della vita femminile era 12 anni più bassa di quella maschile.
     
    Con tutto questo ascolto con simpatia chi mi dice di voler tornare a quel mondo. Diciamo che lo vedo meglio come una crudele punizione da infliggere a un’umanità votatasi al più stucchevole culto del consumismo, che non come un felice recupero di un eden smarrito, giusta la favola soggiacente a tutti i progetti escatologici.
     
    Taccio qui sulla mitologia antinazista: per quale motivo al mondo i nazisti avrebbero dovuto rispettare l’altrui umanità, visto che appunto si riconoscevano nella religione della razza?!
     

  4. Tonguessy ha detto:

    Scrive Lorenzo:

    Con tutto questo ascolto con simpatia chi mi dice di voler tornare a quel mondo.

    Quindi è meglio un mondo di umani raffazzonati alla bell'e meglio da una medicina al servizio del capitale piuttosto che un'umanità "filtrata" da accidenti che ne garantiscono una invidiabile salute?

    Un dato solo, per smontare questa risibile critica: se, come ci informano tutti i dati medici, il tumore è una delle maggiore cause di decessi, e gli antibiotici sono un elemento che concorre alla formazione di tumori, non ti pare che l'idea di curarci con qualcosa che poi alla fine ci farà fare una vita di inferno sia la classica cura peggio del male? Certo, ci prolungano la vita. Ma lo fanno per causare dipendenza da farmaci.

    Si tratta di metodi per renderci sempre meno umani e sempre più consumatori: consumiamo droghe allopatiche dalla nascita alla morte. Immagina quanto costa una cura antitumorale e che indotto ha. E magari nasce da antibiotici presi in infanzia che hanno obbligato quella persona ad una salute malferma e sempre nell'atrio del medico di base.

    http://www.partecipasalute.it/cms_2/node/957

     

    Non so poi in quale rivista di avanspettacolo tu abbia letto che i vecchi venivano presi a sassate, dato che le società di qualche decennio fa erano decisamente più patriarcali di adesso, e c'era conseguentemente un rispetto più rigoroso per i vecchi.

    Per il resto, al solito, assisto ad una messe di luoghi comuni di un certo segno culturale che hanno raro riscontro alcuno con il reale.

  5. Luciano Fuschini ha detto:

    Se l'Autore non me lo proibirà, pubblicherò questo splendido testo sul blog di Movimento Zero

  6. Luciano Fuschini ha detto:

    Grazie

  7. Lorenzo non dice castronerie: la realtà, soprattutto quella delle aree rurali ma non unicamente, era quella descritta dalle sue parole. 
    Quindi la sua sollecitazione a non affrancarsi dall'attuale modello di sviluppo economico-produttivo e delle parallele relazioni sociali riprendendo acriticamente un'idea (spesso appunto molto ideologica) aurea ed arcadica di un passato più morale e umano rispetto a quello attuale, è da prendere in seria considerazione. Il rischio che così si corre è solo quello di essere nostalgicamente memori di una presunta superiorità civile e/o etica delle società pre-industriali e rurali. Un rischio che soprattutto sembra denunciare l'impotenza del soggetto contemporaneo a pensare e a ripensarsi in un mondo diverso, sia dall'attuale come da quello passato, senza affrancare la propria memoria dalle lacerazioni profonde che ogni tempo segna sulla carne degli uomini.
    Quindi, così come questa società sviluppista e dei consumi è un modello (in parte subito in parte coprodotto, come sono le dinamiche reali di soggettivazione e di assoggettamento di foucaultiana descrizione) che ha visto i nostri padri pensare e costruire un modello sociale "diverso" da quelli dei loro padri (e nostri nonni), così a noi spetta pensare e costruire (nella fatica di trovare nuovi equilibri) un modello produttivo etico e sociale "diverso" da quello stesso dei nostri nonni e dei nostri padri, senza tranciare affatto nessuna memoria e connessione con quelle diversità, ma richiamandosi da (e non a) quelle diversità.
    Le ansie di trovare risposte certe e definitive ci dicono solo dell'angoscia e della malattia specifica di questi tempi esilianti, che ognuno di noi con modalità diverse soffre e dalla quale vorrebbe, infatti, affrancarsi o rivoluzionare. Ma i processi sono molto lenti, e non coprono affatto il tempo di una generazione. Raccogliere e impossessarsi delle nostre angosce di donne e uomini contemporanei, che vagano tra recuperi a volte folkloristici di una presunta verginità morale del passato e prospettive future tradite dalle prassi quotidiane, è l'orribile della cui cognizione dovremmo farne cibo per comprendere che il nostro compito storico è quello di ripensare un "oltre" ed un "ulteriore" di senso al fare e al dire, senza cesure con la memoria, senza dispersioni nelle distese solitarie tipiche dei soggetti desideranti tipici della contemporaneità. Semmai, ritrovarsi nello sforzo di sperimentare e sostenere relazioni produttive e sociali "diverse", che si dispongano certamente in continuità, ma anche in discontinuità. In evoluzione, appunto. Se ancora la parola socialismo ha il senso marxiano del termine, e non la chiacchiera funzionalistica che ha rivestito nel '900, in tutte le sue derivazioni politiche. Siamo stati ideologici del capitalismo, e non ne aeravamo consapevoli. E oggi a questa consapevolezza cerchiamo di resistere per non ritrovarci nel silenzio alla quale verremmo costretti dalla stessa. Non per inezia, nè per una qualche sconfitta storica finalmente compresa, ma per l'emergenza di un altro "senso" possibile (e necessario) nel caotico ed eccessivo vociare di questi tempi.
    E questa è la sfida e la difficoltà che la segna, quella della ricerca dell'"equilibrio" perduto. Un equilibro che non è da ricercare in atteggiamenti "anti" qualcosa, buoni solo a raffazzonare le nostre frantumazioni identitarie. E neanche da ricercare in quelle parti del sogno mancato, e del desiderio tradito, che ci fa soltanto essere malinconici e nostalgici nell'affanno sanificante del non volere far i conti anche con il fallimento verso il quale ogni opera dell'uomo va incontro. 
    Bisogna essere spietati verso il tempo e la memoria, tanto quanto il tempo e la memoria lo sono verso ognuno di noi, esseri storicamente determinati di questo tempo contemporaneo dispersivo ed esiliante. 
    Quanto si è disposti a rimettersi in gioco come personalità? Quanto si è disposti a sottoscrivere la fallacia delle nostre ragioni? Quanto si è disposti a riconoscere l'intuizione delle ragioni dell'Altro? Quanto si è disposti a lasciarsi assediare e contaminare?
    Nei tempi di crisi, come quelli che la nostra fortuna vuole adesso che noi si viva, non ci sono spazi per dividersi, non ci sono vocaboli sufficienti per nominare  le cose  che fra le mani vorremmo trovarci in alternativa a quelle che oggi le colmano.
    E' un'altra la materia che dobbiamo manipolare. E da questa materia, e dalla tecnologia che la manipolazione di questa materia verrà a determinare, che un nuovo umanesimo comparirà. E ciò che adesso ci unisce è proprio la ricerca di un'altra materia. 

  8. Lorenzo ha detto:

     
    Mio caro Tonguessy, per rimanere in campo medico, non nego che la modernità abbia aumentato i tumori (in realtà parte di quest’aumento deriva dall’aumentata della lunghezza media della vita) né rigetto la tua critica dell’industria farmaceutica.
     
    Mi limito a paragonare questo stato di cose colla polvere di piombo che fin da tempi romani veniva mescolata al vino per addolcirlo, i bimbi tedeschi ubriachi a due anni perché i corsi d’acqua erano impestati da tifo e colera e venivano svezzati colla birra, la denutrizione, le operazioni chirurgiche compiute senza anestesia e senza le minime precauzioni igeniche, malaria, vaiolo, lebbra, mal sottile e mille altre malattie estinte dalla scienza moderna, per finire colle pestilenze che ogni pochi decenni si portavano via una percentuale a due cifre dell’umanità europea. E l'elenco potrebbe continuare ad libitum.
     

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