Le condizioni della vittoria

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2 risposte

  1. Lorenzo ha detto:

    Assolutamente nulla di sorprendente. Anzi il testo dimostra come la prostituzione dei più elementari dettami dell'onestà intellettuale in nome della convenienza politica sia patrimonio consolidato di qualsiasi istanza o movimento politico, e non solamente dei politici di regime attuali.
    Togliatti replicava i desideri di Mosca che (trovandosi la Wehrmacht in casa) dava priorità assoluta alla sconfitta militare della Germania. Ed eccolo abbandonare colla massima tranquillità il concetto della lotta di classe in sostituzione di quella di unità patriottica nell'intento di rafforzare l'alleanza cogli anglosassoni – quelli stessi che a partire dal patto russotedesco per la spartizione della Polonia fino all'inizio dell'operazione Barbarossa la stessa Unione Sovietica aveva bollato come i più retrivi difensori dell'oppressione capitalistica.
    E così Badoglio, uomo di apparato monarchico ed espressione del conservatorismo meno illuminato, diviene il faro che i militanti comunisti dovevano seguire fino a nuovo ordine.
    Le ideologie divisive vanno bene per fomentare le guerre civili; quando i regimi rivoluzionari si trovano a difendersi dalle aggressioni esterne, rispolverano presto e volentieri l'union sacrée.
    "Il pensiero è schiavo della vita, e la vita il buffone del tempo" (W. Shakespeare)

  2. stefano.dandrea ha detto:

    Lorenzo, come al solito segnali il cinismo! Questa volta però, secondo me non hai colto nel segno, perché partecipi di una idea del Pdci e poi del Pci antinazionale che è sempre stata falsa.

    A me ha stupito che in questa lettera non si accenna alla lotta contro il nazifascismo o contro il nazismo, bensì soltanto alla lotta "contro i tedeschi". Coloro che fino al giorno prima erano stati fascisti (cioè la gran parte del popolo italiano, con convinzione ragionata o generata dalla propaganda) erano destinatari di questo appello? Io direi senz'altro di si. Questo è un punto importante che a causa della mia ignoranza di storia mi ha sorpreso (la posizione di Togliatti muterà, sia pure soltanto di un pizzico, in un altro radiodiscorso di poco successivo). Qui si parla soltanto di una lotta degli italiani contro i tedeschi.

    La prospettiva nazionale era stata abbracciata da tutto il gruppo dirigente comunista almeno fin dal 1936, quando fu scritta la famosa "Lettera ai fratelli in camicia nera" (che non era rivolta ai dirigenti fascisti ma alla gente semplice e comune) – era gente intelligente e aveva capito che tutto può avvenire soltanto all'interno di uno stato nazione (l'esperienza sovietica lo aveva insegnato). Pur dando per fondata la tesi (di Canfora, per esempio) secondo la quale la firma di Togliatti è apocrifa (ma l'apposizione avvenne contro il suo volere?), resta il fatto che tutto il gruppo dirigente comunista in esilio in Francia firmò la lettera, la quale quindi è imputabile certamente al partito comunista del tempo.

    La copio e la incollo:

    Agli operai e ai contadini,
    Ai soldati, ai marinai, agli avieri, ai militi,
    Agli ex-combattenti e ai volontari della guerra abissina,
    Agli artigiani, ai piccoli industriali e ai piccoli esercenti,
    Agli impiegati e ai tecnici,
    Agli intellettuali,
    Ai giovani,
    Alle donne,
    A tutto il popolo italiano!

    Italiani!
    L’annuncio della fine della guerra d’Africa è stato da voi salutato con gioia, perché nel vostro cuore si è accesa la speranza di veder, finalmente, migliorare le vostre penose condizioni di esistenza.
    Ci fu ripetuto che i sacrifici della guerra erano necessari per assicurare il benessere al popolo italiano, per garantire il pane ed il lavoro a tutti i nostri lavoratori, per realizzare — come disse Mussolini — «quella più alta giustizia sociale che, dal tempo dei tempi, è l’anelito delle moltitudini in lotta aspra e quotidiana con le più elementari necessità della vita», per dare terra ai nostri contadini, per creare le condizioni della pace.
    Sono trascorsi parecchi mesi dalla fine della guerra d’Africa, e nessuna delle promesse che ci vennero fatte è stata ancora mantenuta.
    Anzi, le condizioni delle masse sono peggiorate con la fine della guerra africana; mentre si accresce di giorno in giorno per il nostro paese, la minaccia di esser trascinato in una guerra più grande, in una guerra mondiale.
    Perché le promesse che vengono fatte al popolo non sono mai mantenute? Perché il nostro popolo non riesce a risollevarsi, e viene gettato nelle guerre a ripetizione che dovrebbero salvarlo dalla miseria e che aumentano, invece, sempre di più la sua miseria?

    Italiani!
    La causa dei nostri mali e delle nostre miserie è nel fatto che l’Italia è dominata da un pugno di grandi capitalisti, parassiti del lavoro della Nazione, i quali non indietreggiano di fronte all’affamamento del popolo, pur di assicurarsi sempre più alti guadagni, e spingono il paese alla guerra, per estendere il campo delle loro speculazioni ed aumentare i loro profitti.
    Questo pugno di grandi capitalisti parassiti hanno fatto affari d’oro con la guerra abissina; ma adesso cacciano gli operai dalle fabbriche, vogliono far pagare al popolo italiano le spese della guerra e della colonizzazione, e minacciano di trascinarci in una guerra più grande.
    Solo la unione fraterna del popolo italiano, raggiunta attraverso alla riconciliazione tra fascisti e non fascisti, potrà abbattere la potenza dei pescicani nel nostro paese e potrà strappare le promesse che per molti anni sono state fatte alle masse popolari e che non sono state mantenute.
    L’Italia può dar da mangiare a tutti i suoi figli.

    Italiani!
    Il nostro paese
    può dar da mangiare a tutti i suoi figli e non ha da temere, come una disgrazia, l’aumento della popolazione.
    Guardate, figli d’Italia, fratelli nostri, guardate i gioielli dell’industria torinese, le mille ciminiere di Milano e della Lombardia, i cantieri della Liguria e della Campania, le mille e mille fabbriche sparse nella Penisola, dalle quali escono macchine perfette e prodotti magnifici che nulla hanno da invidiare a quelli fabbricati in altri paesi.
    Tutta questa ricchezza l’avete creata voi, operai italiani: l’ha creata il vostro lavoro intelligente e tenace, accoppiato al genio dei nostri ingegneri e dei nostri tecnici. Guardate, figli d’Italia, le nostre campagne dove si è accumulato il lavoro secolare di generazioni di contadini. Sì, il nostro è il paese del sole, dell’azzurro cielo e dei fiori; ma la nostra Italia è bella soprattutto perché i nostri contadini l’hanno abbellita con il loro lavoro.
    Queste opere le avete create voi, con il vostro lavoro, operai italiani, voi che avete fatto dare al nostro popolo il nome di “popolo di costruttori”.
    Noi abbiamo ragione di inorgoglirci. Questa Italia bella, queste ricchezze sono il frutto del lavoro dei nostri operai, dei nostri braccianti, dei nostri ingegneri, dei nostri tecnici, dei nostri artisti, del genio della nostra gente.
    Ma questa ricchezza non appartiene a chi l’ ha creata.
    Essa è nelle mani di poche centinaia di famiglie, di grossi finanzieri e di capitalisti, di grandi proprietari fondiari, che sono i padroni effettivi di tutta la ricchezza del paese, che dominano l’economia del paese.
    Questo pugno di dominatori del paese sono i responsabili della miseria del popolo, delle crisi, della disoccupazione. Essi non si preoccupano dei bisogni del popolo, ma dei loro profitti.
    A questa gente non importa che milioni di operai e di braccianti siano senza lavoro, che migliaia e migliaia di giovani vivano nell’ozio forzato, che la gioventù uscita dalle scuole non trovi una occupazione, mentre utilizzando tutta questa grande forza, oggi inoperosa, si potrebbero moltiplicare le ricchezze del paese.
    I pescicani capitalisti affamano il popolo, gettano sul lastrico gli operai, aumentano lo sfruttamento degli operai che lavorano e abbassano il loro salario, provocano la rovina dei contadini, dei piccoli industriali, dei piccoli commercianti, e degli artigiani; e quando il popolo è caduto nella miseria gli dicono che bisogna fare la guerra, che bisogna andare a farsi ammazzare per riempire le loro casseforti.
    I pescicani non vogliono pagare le conseguenze della crisi che essi hanno provocata, anzi, si fanno pagare da tutta la Nazione i miliardi necessari a colmare il passivo delle loro aziende!
    I pescicani impongono al popolo una spesa annua di sei miliardi di lire per la preparazione della guerra!
    E per tenere a freno il popolo affamato, per imporgli i più duri sacrifici, i pescicani hanno bisogno di un forte apparato di polizia che costa al paese più di un miliardo all’anno.
    Quarantatre milioni di italiani lavorano e penano per arricchire un pugno di parassiti.
    Sono questi grandi magnati del capitale che impediscono l’unione del nostro popolo, mettendo fascisti e antifascisti gli uni contro gli altri, per sfruttarci tutti con maggiore libertà.
    Sono questi parassiti del lavoro nazionale e del genio italiano che hanno tolto ogni libertà al popolo, hanno imbavagliato i lavoratori, i tecnici, gli intellettuali, fascisti e non fascisti, per sfruttarli meglio ed asservirli; sono questi grandi razziatori della ricchezza del paese che hanno corrotto la nostra vita pubblica, arricchendo certi alti funzionari e gerarchi dello Stato e del Partito fascista, che ieri erano poveri ed oggi hanno ville, automobili e capitali investiti — per farsene degli strumenti servizievoli; sono questi briganti che ci portano alla guerra, perché la guerra aumenta enormemente i loro profitti ed offre loro la possibilità di nuove ladrerie, di nuove ladrerie, grandi accumulazioni di ricchezze.

    Popolo Italiano
    !
    Unisciti per liberare l’Italia da queste canaglie che dispongono della vita di quarantatre milioni di italiani, che affamano il nostro paese, e lo portano alla rovina, alla guerra in permanenza; unisciti per far pagare ai pescicani le spese della guerra e della colonizzazione!

    [..]

    I comunisti fanno proprio il programma fascista del 1919, che è un programma di pace, di libertà, di difesa degli interessi dei lavoratori […]
    Lottiamo uniti per la realizzazione di questo programma…

    FASCISTI DELLA VECCHIA GUARDIA! GIOVANI FASCISTI!
    Noi proclamiamo che siamo disposti a combattere assieme a voi.

    LAVORATORE FASCISTA, noi ti diamo la mano perché con te vogliamo costruire l’Italia del lavoro e della pace, e ti diamo la mano perché noi siamo, come te, figli del popolo, siamo tuoi fratelli, abbiamo gli stessi interessi e gli stessi nemici, ti diamo la mano perché l’ora che viviamo è grave, e se non ci uniamo subito saremo trascinati tutti nella rovina […] ti diamo una mano perché vogliamo farla finita con la fame e con l’oppressione. È l’ora di prendere il manganello contro i capitalisti che ci hanno divisi, perché ci restituiscano quanto ci hanno tolto […]

    Popolo Italiano!
    Noi comunisti italiani combattiamo per rovesciare il dominio dei capitalisti nel nostro paese, per strappare dalle mani dei capitalisti che le monopolizzano le ricchezze del nostro paese e
    restituirle al popolo che le ha prodotte; noi combattiamo per fondare in Italia uno Stato in cui ogni cittadino abbia il diritto al lavoro e a ricevere una rimunerazione a seconda della quantità e qualità del lavoro fornito, per ogni cittadino abbia diritto al riposo pagato ed a tutte le assicurazioni sociali e per la vecchiaia, a spese dello Stato; uno Stato in cui ogni cittadino abbia diritto alla istruzione gratuita, da quella elementare a quella superiore; uno Stato di
    lavoratori liberi in cui tutti i cittadini abbiano la più completa libertà politica, di pensiero, di organizzazione e di stampa, uno Stato che sia nelle mani dei lavoratori, governato dai lavoratori. In uno Stato simile la disoccupazione sarà distrutta per sempre, le crisi saranno abolite, le ricchezze del paese saranno messe a profitto di tutto il popolo.
    I nostri giovani, i nostri ingegneri, i nostri tecnici avranno largo campo di sviluppare le loro capacità; e tutti lavoreranno un minor numero di ore al giorno, migliorando le proprie condizioni materiali e culturali.
    I contadini non peneranno più sulla terra che non è loro.
    La cultura che oggi è ristretta e compressa avrà uno sviluppo mai raggiunto nel nostro paese.
    Noi vogliamo fondare una Italia forte, libera e felice, come forte libera e felice e la Unione dei Soviet, dove in questi giorni 170 milioni di lavoratori discutono la nuova Costituzione, la Carta della libertà, lo Statuto di una società di lavoratori liberi. La vittoria del programma dei comunisti, in Italia, sarà la libertà assicurata dalla disciplina cosciente del popolo padrone dei propri destini, sarà il pane e il benessere e la cultura garantiti a tutta la popolazione lavoratrice, sarà la politica della pace e della fraternità tra i popoli, garantita dal popolo al potere.
    Noi comunisti difendiamo gli interessi di tutti gli strati popolari, gli interessi dell’intera Nazione.
    Perché la Nazione è il popolo, è il lavoro, è l’ingegno italiano, perché la Nazione italiana è la somma di tutte le sofferenze e le lotte secolari del nostro popolo per il benessere, per la pace, per la libertà, perché il Partito Comunista, lottando per la libertà del popolo e per la sua elevazione materiale e culturale, contro il pugno di parassiti che l’affamano e la opprimono, è il continuatore e l’erede delle tradizioni rivoluzionarie del Risorgimento nazionale, l’erede e il continuatore dell’opera di Garibaldi, di Mameli, di Pisacane, dei Cairoli, dei Bandiera, delle migliaia di Martiri ed Eroi che combatterono non solo per l’indipendenza nazionale dell’Italia, ma per conquistare al popolo il benessere materiale e la libertà politica. Nella lotta per questo grande ideale di giustizia e di libertà, diecine di comunisti sono caduti, e migliaia sono stati condannati in questi anni a delle pene mostruose. Centinaia di questi eroici combattenti per la causa del popolo languono nelle prigioni e nelle isole di confino. Diecine, tra di essi, sono nelle prigioni da
    dieci anni. Uomini come Antonio Gramsci, Umberto Terracini, Mauro Scoccimarro, Gerolamo Li Causi, Giovanni Parodi, Battista Santhià, Adele Bei, e cento e cento altri, il fiore della classe operaia e del popolo italiano, i difensori eroici della cultura italiana e degli interessi del paese che essi amano di un amore che non ha l’eguale, ed al quale hanno dedicato la loro vita — non hanno indietreggiato di fronte a nessun rischio per proclamare la necessità della riconciliazione del popolo italiano per fare l’Italia forte, libera e felice.
    Ma questo programma non potrà essere realizzato se non con la volontà del popolo. Oggi il popolo non vede ancora possibile la lotta per tale programma. Oggi il popolo vuole risolvere i problemi più urgenti ed attuali che lo angosciano, vuole risolvere i problemi più urgenti del pane, del lavoro, della pace e della libertà per tutti; e noi siamo col popolo, e facciamo appello alla sua unione e alla sua riconciliazione per la conquista di queste rivendicazioni indilazionabili.

    Il programma fascista del 1919 non è stato realizzato!

    Popolo Italiano!
    Fascisti della vecchia guardia!
    Giovani fascisti!
    Noi comunisti facciamo nostro il programma fascista del 1919, che è un programma di pace, di libertà, di difesa degli interessi dei lavoratori, e vi diciamo:
    Lottiamo uniti per la realizzazione di questo programma […] Niente di quanto fu promesso nel 1919 è stato mantenuto.
    I sindacati, sottratti alla libera direzione degli operai, sono ridotti alla funzione di impedire agli operai di far pressione sul padronato per difendere i diritti dei lavoratori. L’assemblea parlamentare è comandata dai pescicani e dai loro funzionari, e nessuna voce indipendente vi si leva a difesa degli interessi sacri del popolo. Voi rendete omaggio alla memoria di Filippo Corridoni. Ma l’ideale per il quale Corridoni combatté tutta la vita fu quello di conquistare alla classe operaia il diritto di essere padrona del proprio destino. Il sindacalismo di Corridoni espresse la lotta degli sfruttati contro gli sfruttatori, e sognò la vittoria degli sfruttati, la loro redenzione dall’oppressione capitalistica.
    Fascisti della vecchia guardia!
    Giovani fascisti!
    Noi proclamiamo che siamo disposti a combattere assieme a voi ed a tutto il popolo italiano per la realizzazione del programma fascista del 1919, e per ogni rivendicazione che esprima un interesse immediato, particolare o generale, dei lavoratori e del popolo italiano. Siamo disposti a lottare con chiunque voglia davvero battersi contro il pugno di parassiti che dissangua ed opprime la Nazione e contro quei gerarchi che li servono.
    Perché la nostra lotta sia coronata da successo dobbiamo volere la riconciliazione del popolo italiano ristabilendo la unità della Nazione, per la salvezza della Nazione, superando la divisione criminale creata nel nostro popolo da chi aveva interesse a spezzarne la fraternità.
    Dobbiamo unire la classe operaia e fare attorno a questa la unità del popolo e marciare uniti, come fratelli, per il pane, per il lavoro, per la terra, per la pace e per la libertà.
    Dobbiamo ristabilire la fiducia reciproca fra gli italiani; liquidare i rancori passati; smetterla con la pratica vergognosa dello spionaggio che aumenta la diffidenza, dobbiamo risuscitare il coraggio civile delle opinioni liberamente espresse: nessuno di noi vuol cospirare contro il proprio paese: noi vogliamo tutti difendere gli interessi del nostro paese che amiamo.
    Amnistia completa per tutti i figli del popolo che furono condannati per delitto d’opinione. Abolizione delle leggi contro la libertà e del Tribunale Speciale, che colpiscono i difensori del popolo, che difendono gli interessi dei nemici del popolo e dell’Italia.
    Diamoci la mano, figli della Nazione italiana! Diamoci la mano, fascisti e comunisti, cattolici e socialisti, uomini di tutte le opinioni. Diamoci la mano e marciamo fianco a fianco per strappare il diritto di essere dei cittadini di un paese civile quale è il nostro.
    Soffriamo le stesse pene. Abbiamo la stessa ambizione: quella di fare l’Italia forte, libera e felice. Ogni sindacato, ogni Dopolavoro, ogni associazione diventi il centro della nostra unità ritrovata ed operante, della nostra volontà di spezzare la potenza del piccolo gruppo di capitalisti che ci affamano e ci opprimono. […]

    Palmiro Togliatti e altri 60 esponenti del PCI, agosto 1936

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