Fanno il deserto e lo chiamano progresso
di LUCA MANCINI (ARS Lazio)
L’Occidente spesso si definisce come “progressista”, ma che cos’è il progresso? L’enciclopedia Treccani definisce il progresso come “lo sviluppo verso forme di vita più elevate e complesse, perseguito attraverso l’avanzamento della cultura, delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, dell’organizzazione sociale, il raggiungimento delle libertà politiche e del benessere economico, al fine di procurare all’umanità un miglioramento generale del tenore di vita e un grado maggiore di liberazione dai disagi.” Dopo aver letto e riflettuto brevemente su questa definizione, sfiderei qualunque “occidentale” a definire ancora la società in cui vive come “progressista”.
La parte di mondo in cui viviamo è indubbiamente caratterizzata da un fortissimo progresso scientifico e tecnologico. Siamo in grado di inviare persone e satelliti vari nello spazio e siamo circondati da tecnologie molto avanzate, che hanno sicuramente rivoluzionato il nostro modo di vivere, probabilmente in meglio, ma è tutto qui. Al di là del progresso scientifico e tecnologico, per l’uomo occidentale non c’è nient’altro ed egli ha finito per confonderlo con il progresso tout court.
Affermare che la cultura europea sia progredita è praticamente una follia. La verità è che l’Europa non riesce neanche più ad affermare una propria cultura, tanto è succube di quella statunitense. Le università pubbliche, nel nostro Paese, sono praticamente abbandonate a sé stesse, poiché i finanziamenti che ricevono sono ridotti al minimo. Eppure nonostante ciò, gli studenti italiani vengono ancora ritenuti tra i migliori d’Europa e sono ricercatissimi all’estero. Questo dice tutto sul livello culturale e accademico dei nostri paesi vicini, sui quali non serve neanche spendere una parola.
Credere che la nostra società sia quella organizzata nella maniera migliore è altrettanto una follia. In realtà non si riesce a comprendere come le parole “organizzazione” e “disoccupazione” possano stare nella stessa frase. Nelle società cosiddette primitive, ampiamente studiate dagli antropologi, tutti avevano un compito, nessuno rimaneva un giorno senza fare nulla, il che significa che nessuno rimaneva fuori dalla “comunità”, eppure l’uomo occidentale, pieno di sé e della sua superiorità è convinto che questa sia una società meglio organizzata di quella primitiva.
Il raggiungimento delle libertà politiche senza cittadini che esplicano i loro diritti politici è praticamente fine a sé stesso. Oggi tutti hanno il diritto di voto, eppure molti non vanno a votare poiché si sentono impotenti nei confronti della politica. Il problema è che sono venuti meno i partiti e la loro funzione mediatrice, ossia non ci si pone più come una collettività nei confronti della politica, ma ci si pone come individui ed è dunque normale che si avverta un senso di forte impotenza. Questi corpi intermedi sono stati volutamente spazzati via da un contrattacco delle forze liberali e alto-borghesi, che per conservare i loro privilegi tendono a creare volontariamente questo sentimento d’impotenza. In pratica, siamo politicamente liberi, ma di questa libertà non sappiamo cosa farcene.
Riguardo il benessere economico e il miglioramento del tenore di vita dovuto alla liberazione dai disagi, probabilmente è anche superfluo parlare. È ormai lampante la distruzione totale della classe operaia italiana ed è a buon punto quella della classe media. Negli ultimi anni, la loro capacità d’acquisto è stata notevolmente limitata e ciò ha portato ad un impoverimento generale del nostro Paese e rende impossibile il raggiungimento di un diffuso benessere economico o un miglioramento del tenore di vita, anzi i disagi sono molto aumentati e non diminuiti. Ovviamente, tutte queste considerazioni valgono anche per gli altri Paesi “occidentali”.
Ora ditemi, siete ancora sicuri di vivere nella parte progressista del mondo? La verità è che fanno il deserto e lo chiamano progresso!
Viva la Repubblica Sovrana!
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