Vogliono sopprimere l’euro: perché molti europei rivogliono la propria moneta
di VOCI DALL’ESTERO
La CNN dedica un articolo al problema europeo della moneta unica. Attraverso le interviste a diversi esperti e cittadini europei – in particolare il nostro Alberto Bagnai, che apre e chiude l’articolo – sono sottolineati i difetti fondamentali alla base dell’unione monetaria: la mancanza di uno stato e di un’identità europei, la grande diversità tra i paesi aderenti, la rigidità di un sistema che impone le stesse ricette a 19 economie in differenti fasi del loro sviluppo. Il peso della moneta unica sull’Europa è così grande che la sua fine sembra inevitabile: sarebbe dovere di intellettuali e politici farsi trovare preparati a questa eventualità e accelerare il processo di smantellamento di uno strumento che, più viene utilizzato, più danneggia le economie che coinvolge.
di Ivana Kottasova, 19 aprile 2017
Sergi Cutillas era entusiasta, quando la Spagna è entrata nell’euro. Ma ora vorrebbe uscirne. “L’eurozona ha fallito. È stata un brutto esperimento,” – dichiara – “una pia illusione”.
L’economista trentaquattrenne vorrebbe che la Spagna uscisse dall’euro. Non è certo il solo: il 25% delle persone che usano la moneta unica vorrebbero abbandonarla, secondo l’ultimo sondaggio dell’Unione Europea.
La più grave minaccia per l’euro si presenta in Francia, dove domenica si voterà per il primo turno delle presidenziali, che vedono candidata Marine Le Pen. La politica di estrema destra, che vuole far uscire la Francia dall’unione monetaria, dovrebbe passare al secondo turno per affrontare un altro candidato il 7 di maggio.
L’euro, la valuta comune a 19 paesi dell’UE, è il simbolo più evidente del lungo esperimento di integrazione economica europea, iniziato alla fine della seconda guerra mondiale.
Ma questo simbolo è ora minacciato da politici di destra e di sinistra che vogliono riportare in circolazione la lira, la dracma, la peseta e il franco francese.
Ecco perché vogliono sopprimere l’euro.
‘L’Europa non è una nazione’
Per Alberto Bagnai, la vera motivazione per liberarsi della moneta unica è questa: i paesi europei non sono uguali, quindi non dovrebbero usare la stessa moneta.
“Il punto fondamentale è che non si può formare uno stato federale tra cittadini di paesi con un passato culturale così differente” dice il professore universitario italiano. “Senza uno stato europeo, non si può avere una moneta europea”.
Alcuni paesi europei sono più ricchi, altri più poveri, come avviene per gli stati Americani. Ma a differenza degli Stati Uniti, l’eurozona non ha un governo centrale che possa decidere riguardo alla spesa, alla tassazione e alle politiche di bilancio.
“Gli Stati Uniti sono una nazione, possiedono un senso di identità comune” – dice Bagnai.
Questo non avviene in Europa, dove non esiste una prospettiva di unità politica, perché le nazioni più ricche, come la Germania, finirebbero col dover trasferire stabilmente i propri soldi alle nazioni meno fortunate.
“La Germania non vuole che ciò avvenga”, dichiara Bagnai. “Dovremmo smetterla di raccontare favole”.
“Un’illusione ottica”
Queste divisioni profonde non sono sempre state così evidenti.
I tassi di interesse necessari per pagare i creditori in Spagna, Grecia e Italia sono calati dopo la loro entrata nell’euro – convergendo con i tassi della Germania.
“Gli investitori hanno guardato i tassi nominali e hanno creduto che i greci fossero diventati tedeschi, “ commenta Bagnai – ”si è trattato di una sorta di illusione ottica”.
Poi è arrivata la crisi finanziaria, e le crepe dell’unione monetaria hanno iniziato a venire alla luce.
In Spagna, i politici non hanno potuto svalutare l’euro per contrastare il collasso della bolla immobiliare e la crisi debitoria.
Al contrario, Madrid è stata costretta a tagliare la spesa e ad attuare un programma di austerità – cosa che ha colpito il livello di vita.
“Il tasso di disoccupazione del 20% che abbiamo oggi in Spagna è una conseguenza diretta dell’euro” dice l’economista Cutillas.
Cutillas afferma che molte persone in Spagna, un paese che ha vissuto decenni di una violenta dittatura sotto Francisco Franco, sostengono l’euro perché lo associano al progresso, alla modernità e alla pace. Ma questo per l’economista non è abbastanza.
“Non è male poter viaggiare facilmente e avere un mezzo di pagamento comune, ma questi vantaggi non dovrebbero nascondere quello che l’euro sta provocando”, dichiara.
Una tragedia greca
La Grecia è il miglior esempio della divisione tra i ricchi paesi del nord Europa e le economie più deboli della periferia europea.
Dovendo affrontare una propria crisi debitoria, Atene ha accettato pesanti programmi di austerità in cambio di diversi salvataggi. I salari, le pensioni e le spese governative sono stati drasticamente ridotti.
Fotis Panagiotopoulos, operaio navale presso l’autorità portuale di Atene, ha vissuto l’esperienza sulla propria pelle. Il suo stipendio è stato ridotto del 50% dall’inizio della crisi greca del 2010. Sua moglie non riesce a trovare un lavoro stabile.
“In Grecia stiamo subendo una morte lenta” – dice – “non c’è via d’uscita a meno che non rompiamo questo circolo vizioso del debito”.
Panagiotopoulos vorrebbe che la Grecia si liberasse dall’euro per ricominciare da capo.
“Vogliamo solo poterci assicurare che noi, e i nostri bambini, possiamo avere un futuro dignitoso” – ha detto – “ con l’euro, non vedo come questo sia possibile”.
L’”euro-bolla” Irlandese
Vi ricordate della tigre celtica? L’Irlanda ebbe una crescita travolgente nei primi anni dell’euro, con tassi annuali di crescita medi del 6,5% tra il 1999 e il 2007.
Keith Redmond, dentista e politico locale a Dublino, ricorda quegli anni con paura.
“Non era un boom. Era una bolla… un’euro-bolla”.
Redmond sostiene che, non potendo regolare i suoi tassi di interesse, l’Irlanda non è riuscita a raffreddare la bolla. E quando questa è esplosa, ha portato il sistema bancario irlandese sull’orlo del collasso. L’Irlanda è stata costretta a tagliare la spesa.
Ora l’Irlanda ha svoltato e la sua economia è tornata a crescere. Ma, secondo Redmond, l’euro rimane un problema.
“Il problema fondamentale non è stato risolto… potrebbe accadere tutto di nuovo. Il nostro sistema monetario non ha alcuna flessibilità per essere in grado di affrontare uno shock”.
Il nazionalismo Francese
Vincent Brousseau è un economista francese. Tuttavia secondo lui il problema dell’euro non è economico. Considera piuttosto la moneta comune una minaccia alla sovranità nazionale francese.
“Non è francese” dice, a proposito della moneta unica. “Non importa se è sopravvalutata o sottovalutata… il punto è essere in grado di prendere le nostre decisioni”.
Ha avuto un forte ripensamento. Fino a pochi anni fa Brousseau lavorava per la Banca Centrale Europea.
“Quando ho incominciato, alla BCE, pensavo che ci potesse essere una sola Europa, ero un europeista convinto” – dice.
Ma ha gradualmente cambiato opinione nei 15 anni spesi alla Banca Centrale, che stabiliva un tasso di interesse comune per 19 diversi paesi europei.
“Mi sono reso conto che trasferire sovranità dalla Francia al superstato europeo non è un bene per il Paese” – ha detto Brousseau, che ora coordina la politica economica e monetaria del partito politico UPR.
Cosa ci aspetta
Gli oppositori dell’euro sono in disaccordo su quello che ci aspetta.
Redmond vorrebbe vedere l’unione monetaria divisa in due. L’attuale euro rimarrebbe in uso in Germania, Olanda e altri paesi economicamente forti. Un secondo euro, più debole, verrebbe introdotto per Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna.
Brousseau vorebbe che la Francia abbandonasse completamente l’euro e ritornasse a utilizzare il franco. Non gli piacciono i compromessi proposti dalla candidata di estrema destra Marine Le Pen, che vuole abbandonare l’euro, ma utilizzare una nuova moneta pan-europea in parallelo al franco.
In Italia, Bagnai pensa che la fine dell’euro sia inevitabile.
“Sappiamo che il progetto potrebbe durare ancora un decennio, forse, ma è destinato a fallire. E prima succederà, meglio sarà”.
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