Siria, scatta il “piano b” della Turchia per ostacolare i curdi
di LOOKOUT NEWS (Rocco Bellantone)
Meno di un mese dopo l’annuncio dell’archiviazione di “Scudo sull’Eufrate”, la Turchia mantiene la promessa di effettuare nuove operazioni in Siria lanciando “Scudo sul Tigri”. I primi segnali sono arrivati il 25 aprile con una serie di raid aerei su Karachok, località nel nord-est della Siria controllata dall’YPG (Unità di Protezione del Popolo), e a Sinjar, area a maggioranza yazida nel nord-ovest dell’Iraq vicino al confine con la Siria dove milizie del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) contendono il territorio ai peshmerga del Kurdistan iracheno, a loro volta alleati di Ankara.
Obiettivo delle operazioni, denominate “Pirate” e “Anatolian Leopard”, è impedire a YPG e PKK, formazioni considerate dal governo turco organizzazioni terroristiche, di unire i territori che controllano nel sud della Turchia a quelli posseduti nel nord della Siria e nel nord dell’Iraq. Stando all’ultimo bollettino fornito da fonti militari turche, sarebbero stati almeno 70 i miliziani curdi uccisi. Nel conteggio vanno annoverati anche almeno sei combattenti peshmerga uccisi «per errore» nell’attacco a Sinjar.
I raid di Ankara hanno innescato scontri a fuoco al confine tra Turchia e Siria. Dalle province di Hatay e Mardin l’artiglieria turca ha bombardato postazioni curde nel nord della Siria tra Darbasiyah, Al-Malikiyah e il monte Qaraqox (provincia di Hasakeh) e Afrin (provincia di Aleppo).
L’escalation militare turca ha fatto registrare la ferma reazione degli Stati Uniti, che nel quadrante nord-est del conflitto siriano sostengono le milizie curde delle SDF (Syrian Democratic Forces, a cui l’YPG partecipa fornendo circa l’80% degli effettivi) per lanciare l’offensiva di terra finale su Raqqa, capitale siriana dello Stato Islamico.
Il portavoce del Dipartimento di Stato Mark Toner ha espresso «profonda preoccupazione» per un attacco che la Turchia ha condotto «senza un adeguato coordinamento né con gli Stati Uniti né con gli altri partner della coalizione internazionale» impegnata in Iraq e Siria dall’estate del 2014 nella guerra contro lo Stato Islamico. Gli USA temono che nei prossimi raid turchi tra le vittime uccise «per errore» dai jet di Ankara possano esservi anche unità delle forze speciali americane dispiegate nell’area per supportare l’avanzata dei curdi.
Ankara ha respinto le dichiarazioni della Casa Bianca. Il portavoce del ministero degli Esteri turco, Huseyin Muftuoglu, ha dichiarato che l’aviazione turca ha informato per tempo del lancio delle operazioni sia gli Stati Uniti che la Russia, così come il COAC (Combined Air Operations Center), il centro di comando militare con sede in Qatar dove vengono coordinati i raid aerei condotti dalla coalizione.
(Forze speciali al fianco delle milizie curde dell’YPG a Karachok, nord della Siria)
La versione del ministero degli Esteri turco è stata però smentita da funzionari della coalizione, citati in forma anonima dall’Osservatorio Al Monitor, i quali hanno dichiarato che di fronte al divieto imposto dal COAC la Turchia ha deciso comunque di far decollare i propri caccia. A fare chiarezza è stato il portavoce della coalizione, il colonnello americano John Dorrian, il quale ha dichiarato che l’annuncio dei raid è stato dato da Ankara con soli 56 minuti d’anticipo, dunque con un margine di tempo insufficiente per approntare qualsiasi tipo di contromisura.
È prevedibile che a questo “colpo di coda” la Turchia ne farà seguire altri nelle prossime settimane. Il cambio di nomi delle operazioni militari condotte nel nord della Siria e nel nord dell’Iraq non cambia la sostanza degli obiettivi del presidente turco Recep Tayyip Erdogan: ostacolare la formazione di un territorio unificato tra il sud della Turchia, il nord della Siria e il nord dell’Iraq sotto il controllo curdo creando una sorta di “zona cuscinetto” totalmente ripulita dalla presenza di YPG e PKK.
fonte: http://www.lookoutnews.it/siria-turchia-raid-aerei-contro-curdi/
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