Ecco perché gli S-300 siriani non saranno un problema per Israele
di GLI OCCHI DELLA GUERRA (Paolo Mauri)
A seguito dell’abbattimento, durante il raid di Israele della scorsa settimana, dell’Ilyushin Il-20Mda parte della difesa aerea siriana la cui responsabilità sarebbe ascrivibile, secondo la Russia, alle azioni negligenti dei piloti di Tel Aviv, Mosca ha deciso di fornire a Damasco i più moderni sistemi S-300.
L’annuncio, fatto dal ministro della Difesa russo Shoigu nella giornata del 24, è stato accompagnato dalla presentazione di un nuovo video – che segue quello mostrato domenica in cui si ricostruiva l’accaduto – in cui il portavoce, generale Konashenkov, ha mostrato dei nuovi tracciati radar, provenienti dal sistema S-400 schierato a Khmeimim, che evidenziavano non solo la rotta dei velivoli e dei missili siriani S-200, ma anche la quota, per poter così dimostrare come un F-16 israeliano si sia “fatto scudo” dell’Il-20M.
Tel Aviv e Washington preoccupate
Il Primo Ministro Netanyahu ha da subito redarguito il Presidente Putin che un sistema come l’S-300 in “mani irresponsabili” aumenterà la pericolosità della regione mentre da Washingtonfanno sapere, tramite le parole di John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale, che “introdurre l’S-300 nella difesa siriana vorrebbe dare il via ad una significativa escalation da parte russa, ed è qualcosa che speriamo riconsiderino” aggiungendo che “abbiamo forze americane nell’area di cui ci preoccupiamo”.
La preoccupazione del governo di Tel Aviv, invece, è che i futuri attacchi alle forze di Hezbollahin Siria e soprattutto ai depositi militari e ai rifornimenti iraniani, possano essere fonte di ulteriore deterioramento dei rapporti con Mosca da un lato, e possibili perdite di cacciabombardieri dovute all’intervento degli S-300 dall’altro.
Alleato siriano che, vero imputato nell’abbattimento dell’Il-20M, non poteva ovviamente essere accusato, anche perché il sospetto che alle consolle dei sistemi S-200 ed S-125 siriane ci fosse personale russo o iraniano. Pertanto, va da sé, che Israele è diventato l’unico colpevole ed ha fornito il pretesto per sbloccare la cessione degli S-300 che era stata ventilata già ad aprile scorso, subito dopo l’attacco alleato alla Siria.
Perché Israele non teme gli S-300
Il sistema S-300 che sarà ceduto alla Siria è il modello da esportazione PMU-2, già venduto dalla Russia all’Iran. La Iaf, pertanto, già conosce le caratteristiche del sistema, e non solo perché è in dotazione a Teheran.
Alcune batterie di S-300, infatti, sono state vendute alla Grecia negli anni ’90 durante una delle innumerevoli crisi con la Turchia per l’isola di Cipro. Il sistema allora fu attivato sebbene non risulti essere mai entrato in azione, ed è stato in qualche modo “integrato” nel sistema difensivo greco, e quindi della Nato.
Certo la versione venduta alla Grecia non è la versione PMU-2, che è in servizio dal 1997 ma ha ricevuto i missili 9M96E ed E2 solo nel 1999/2000, ed orientativamente nemmeno i radar saranno proprio gli stessi, però è un sistema che le forze aree occidentali, e quelle di Israele, già conoscono.
Tel Aviv si è sempre opposta, in passato, alla cessione degli S-300 alla Siria, del resto è ovvio che veda di cattivo occhio qualsiasi miglioramento delle difese del suo nemico, e gli S-300, sebbene conosciuti ed obsoleti rispetto ad altri sistemi russi, risultano essere pur sempre un aumento della minaccia se non ben ponderata durante un attacco, ma, come sostenuto anche da esperti israeliani, non impediranno alla Iaf di effettuare le proprie operazioni nei cieli siriani ed è una minaccia perfettamente gestibile dalla Idf.
La propaganda di Tel Aviv, anche in questa occasione, riferisce che se gli S-300 verranno usati contro i propri cacciabombardieri sarà costretta a distruggerli. Sottovalutare però i progressi ottenuti dalla difesa aerea siriana grazie all’intervento di consiglieri militari russi e iraniani sarebbe un errore. L’abbattimento di un F-16 con la stella di Davide durante il raid sulla base T4 è lì a dimostrare che il cambiamento di strategia della difesa aerea di Damasco può portare successi inaspettati.
Oggettivamente alla Siria saranno necessari dai tre ai sei mesi, da quando riceverà gli S-300, prima che siano operativi, ed in questo lasso di tempo Israele potrebbe pensare ad un attacco preventivo – che però potrebbe colpire personale russo – oppure decidere semplicemente di utilizzare i propri F-35 per oltrepassare le difese siriane per i futuri raid.
Proprio per la natura stessa degli S-300, e per i rapporti che intercorrono tra Russia e Israele, la cessione dei missili a Damasco risulta la maggiore delle minore risposte possibili per non scontentare l’alleato e per dare comunque un segnale forte a Tel Aviv e all’occidente, un segnale che sarebbe stato più grande – ed allora davvero si potrebbe parlare di escalation – se Mosca avesse deciso di fornire i ben più temibili S-400 (che saranno acquistati da Turchia e India) oppure di istituire una no fly zone permanente, che sarebbe attentamente vigilata non solo dai caccia, ma anche dai propri sistemi di difesa aerea che sono presenti tra Khmeimim e Tartus, le due basi maggiori del contingente russo, e che sino ad oggi non sono mai entrati in azione e, molto probabilmente, nemmeno attivati durante i vari raid di Israele o degli Stati Uniti per non svelarne le reali potenzialità (e segreti).
Fonte: http://www.occhidellaguerra.it/perche-gli-s-300-siriani-non-saranno-un-problema-israele/
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