Cibo sostenibile o cibo locale?
di MARCO TROMBINO (RI Genova)
Le mode dei cibi esotici perché considerati “ecologici”, “sostenibili”, “verdi”, ecc. faticano a morire. Si va dalla moda dello zenzero a quella del tofu alla più recente della quinoa; prodotti vegetali, talora con contenuto proteico e quindi buoni sostituti della carne. Ma siamo certi che sia davvero una scelta “ecosostenibile” consumare prodotti coltivati ed esportati dall’altra parte del pianeta?
Questi prodotti, oltre che subire coltivazioni non sempre “ecologiche” (per esempio l’uso di pesticidi e fertilizzanti), oltre che essere lavorati da manodopera palesemente sottopagata – in fondo provengono quasi tutti da paesi sottosviluppati – vengono soprattutto trasportati con vettori molto inquinanti: ricordiamo che i 20 più grandi cargo portacontenitori del mondo inquinano più di tutto il traffico automobilistico mondiale. Questo dato è già più che sufficiente per squalificare come “ecologico” un prodotto che magari ha davvero interessanti proprietà alimentari, ma che prima di arrivare sulle nostre tavole deve percorrere parecchie migliaia di chilometri. Inquinando.
Qual è l’alternativa allora? Il prodotto locale, che magari non ha proprio “chilometri zero” ma che di miglia alle spalle ne conta molto meno di quelle del tofu. E non si sta parlando tanto della scatola che sull’etichetta ha scritto “Made in Italy”, in quanto la materia prima potrebbe non essere nostrana e la ditta potrebbe essere la filiale di qualche multinazionale che si intasca e fa volare all’estero l’utile netto; in alcuni casi sì in altri no, dipende dal prodotto stesso.
Stiamo parlando proprio del prodotto locale, regionale, coltivato o allevato nella propria provincia o regione o a poca distanza da casa propria; magari lavorato da qualche piccola o piccolissima azienda alimentare. Questo genere di acquisti – il nostro grano, il nostro olio, il nostro latte, il nostro vino, i nostri fagioli – portano anche a ricadute occupazionali importanti, che in un momento di grave crisi economica come quella che stiamo vivendo (per l’ennesima volta da Maastricht ad oggi…) consente di mantenere l’occupazione il più possibile stabile proprio nella provincia o nella regione di provenienza dell’alimento stesso. Un contributo importante che ciascuno di noi, già da domani, può incominciare a dare.
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