L’offerta della Siria di ripristinare le relazioni diplomatiche con i Paesi vicini ha subito un duro colpo a fine gennaio, quando la sua riammissione alla Lega Araba è stata nuovamente rinviata dal segretario generale dell’organizzazione Ahmed Aboul Gheit. Sia il Qatar sia l’Arabia Saudita sono contrari al fatto che la Siria sia autorizzata a tornare, nonostante Alexander Lavrentiev, inviato speciale del presidente russo Vladimir Putin per la Siria, abbia visitato Riyadh il 20 gennaio per difendere la causa del presidente siriano Bashar Al Assad.

In un incontro con il principe ereditario Mohammed bin Salman (MBS), Lavrentiev, il capo del Dipartimento per il Medio Oriente del ministero degli Esteri russo Alexander Kinshchak e l’ambasciatore russo a Riyadh, Sergey Kozlov, hanno esposto i vantaggi di un riavvicinamento Arabia Saudita-Siria. Ma Bin Salman, il suo consigliere per la sicurezza nazionale Mossaed bin Mohammed Al Aiban, il capo della General Intelligence Presidency (GIP) Khaled bin Ali Al Humaidan e il ministro degli esteri Adel Al Jubeir non si sono mossi dalle loro posizioni, senza dubbio influenzati dalla pressione degli Stati Uniti.

Oltre alle preoccupazioni che nutre per il traffico siriano di droga che si riversa nel suo territorio, l’Arabia Saudita vuole ottenere il ritiro dalla Siria dei folti gruppi di miliziani sostenuti con armi e quattrini dall’Iran, prima di prendere in considerazione un riavvicinamento bilaterale. Sia la Siria sia la Russia sono consapevoli che la presenza continua dei miliziani filo-iraniani rappresenta un ostacolo al reinserimento della siria nel contesto arabo, quindi vengono compiuti sforzi in tutto il Paese, sotto la sponsorizzazione dell’intelligence russa e siriana, per “riconciliare” i combattenti. Anche il capo della direzione generale dell’intelligence siriana Hussan Louka è stato direttamente coinvolto in questi sforzi, finora vani, per emarginare le milizie iraniane e lasciare il monopolio delle armi alle forze del regime siriano.