La notizia di un’imminente invasione aliena funzionerebbe come rimedio alla crisi economica? Questa è l’insolito aneddoto raccontato dall’economista Paul Krugman durante un dibattito televisivo del 2011 con Kenneth Rogoff, molto scettico sull’opportunità di nuove spese pubbliche per superare la crisi dell’epoca.
Mentre Krugman raccontava che un’ipotetica invasione aliena avrebbe favorito una forte spesa pubblica, risolvendo rapidamente la crisi, Rogoff lo interruppe beffardamente: “Abbiamo bisogno di Orson Welles, è questo che sta dicendo?”. Il riferimento implicito era allo scherzo radiofonico del 1938, quando il regista Orson Welles annunciò in diretta sulla CBS lo sbarco degli alieni.
In realtà, Krugman aveva in mente un altro narratore, nella persona di John Maynard Keynes.
“Vecchie bottiglie”
In risposta alle prese in giro suscitate dalla sua storia di alieni, Krugman si giustificò qualche giorno dopo sul suo blog, sottolineando che stava semplicemente abbozzando una “versione aggiornata” della parabola delle “vecchie bottiglie” di Keynes.
Andando più a fondo, lo scetticismo di Rogoff verso l’argomentazione di Krugman rappresenta il rifiuto da parte degli economisti mainstream di una proposta politica che generalmente loro attribuiscono a Keynes: l’idea che “il governo dovrebbe pagare la gente per scavare buche nel terreno e poi riempirle di nuovo”.
Il cosiddetto discorso dello stimolo keynesiano suggerirebbe che qualsiasi spesa pubblica, per quanto inutile e costosa, riattiverebbe la domanda aggregata attraverso un meccanismo moltiplicatore.
In realtà, Keynes non utilizzò mai questa espressione spesso attribuitagli (tanto dai suoi detrattori quanto dai suoi sostenitori). E a guardare più da vicino a ciò che Keynes immaginava nella sua Teoria generale del 1936, il lettore si trova di fronte a una situazione completamente diversa:
“Se il Ministero del Tesoro fosse disposto a riempire vecchie bottiglie di banconote, seppellirle a una profondità adeguata in miniere di carbone dismesse che verrebbero poi riempite di rifiuti urbani, e poi lasciare che un’impresa privata dissotterri i biglietti seguendo i principi comprovati del laissez-faire … non ci sarebbe più disoccupazione”.
In questo passaggio, Keynes sostiene che i governi dovrebbero creare una situazione in cui le persone siano così entusiaste da essere disposte, in un certo senso, a pagare e a spendere le loro energie per scavare buche nel terreno.
Quindi, nulla è più contrario al discorso di Keynes dell’idea di impegnare imprenditori e lavoratori in attività senza scopo, come scavare buche un giorno e riempirle il giorno dopo.
Piuttosto, la sua via d’uscita dalla crisi è che il governo realizzi interventi pubblici volti a riaccendere gli spiriti animali e a far leva sul naturale impulso delle persone ad agire, come in una corsa all’oro; una soluzione molto più auspicabile dell’alternativa, prevista da Krugman sotto forma di invasione aliena: la guerra.
Prendere sul serio le “vecchie bottiglie”
Questo discorso sulle vecchie bottiglie è forse un ragionamento iperbolico per provocare il Tesoro e incoraggiare una spesa pubblica massiccia e utile? Probabilmente, in parte è così. Il gusto di Keynes per l’ironia è ben noto. Ma al contempo è lo stesso Keynes a sottolineare che “difficoltà politiche e pratiche si frappongono” a una tale politica di spesa, nonostante essa sia ragionevole per uscire da una crisi economica.
In primo luogo, gli investimenti utili (come quelli per le abitazioni) richiedono tempo e sono difficili da realizzare nel breve periodo. In secondo luogo, gli investimenti parzialmente utili (come la manutenzione delle infrastrutture) non sono facilmente accettati dalle menti conservatrici del Tesoro. In terzo luogo, i progetti governativi potrebbero avere effetti negativi sugli attori economici e indebolirli (una politica costosa oggi si ripagherà domani con un aumento delle tasse).
Al contrario, la politica prevista nella parabola delle vecchie bottiglie offre una soluzione a questi tre problemi allo stesso tempo.
In primo luogo, in questa narrazione, tutti gli elementi necessari per mettere il denaro a disposizione degli attori economici sono immediatamente disponibili. Le buche non devono essere scavate, perché esistono già sotto forma di miniere di carbone “dismesse”. Le bottiglie in cui vengono inserite le banconote sono “vecchie”, cioè sono già state prodotte e hanno già svolto la loro funzione originaria. Infine, le bottiglie sono ricoperte di “rifiuti urbani” che possono essere ottenuti direttamente, facilmente e ripetutamente (e tutto questo non costa quasi nulla al governo).
In secondo luogo, il metodo delle “vecchie bottiglie” non rifugge la sfida della redditività, non è un investimento solo parzialmente utile (come le infrastrutture). Infatti, assomiglia simbolicamente all’estrazione dell’oro, un tipo di spesa totalmente inutile che tuttavia è ben accetta dal Tesoro al di là di ogni calcolo razionale. Per Keynes, “tra lo stratagemma delle vecchie bottiglie e le miniere d’oro del mondo reale c’è un’analogia perfetta”.
In terzo luogo, questo metodo non rischia di deprimere gli spiriti animali, ma al contrario di stimolarli, come abbiamo dimostrato in un recente articolo di ricerca.
Rianimare gli spiriti animali
Come può una politica rianimare gli spiriti animali e indurre la gente in uno stato di euforia? Seppellendo le banconote, il Tesoro lancerebbe una sorta di corsa al biglietto, una forma di caccia al tesoro, una lotteria, una specie di nuova corsa all’oro. Il fascino di estrarre una pepita d’oro sotto forma di bottiglia piena di soldi incoraggia gli imprenditori a prendere di nuovo a prestito e i banchieri a prestare di nuovo.
Inoltre, gli imprenditori e gli investitori devono intraprendere tutta una serie di operazioni per dissotterrare le bottiglie. Innanzitutto spendono (evitando di accumulare). E, spinti da un’irresistibile attrazione per il gioco d’azzardo, sono tentati di spendere più di quanto riusciranno a dissotterrare. Proprio come in una corsa all’oro, quando in genere i pionieri spendevano più di quanto guadagnassero; e intorno all’attività mineraria fiorivano nuove imprese commerciali, che alla fine diedero vita a nuove città, come San Francisco.
Stimolando gli spiriti animali, questo tipo di politica permette all’effetto moltiplicatore di operare pienamente. L’investimento totale è di gran lunga superiore alla somma iniziale investita dal Tesoro (grazie a un maggiore incentivo a investire). Inoltre, grazie all’eccitazione generata dalla corsa all’oro, aumenta anche la propensione complessiva al consumo.
Evitare la guerra
Nel suo apologo delle vecchie bottiglie, Keynes proponeva un modello alternativo alla politica di stimolo più usata nella storia: la guerra. Prendendo l’esempio di un’invasione aliena, Krugman ribaltò il significato del messaggio originale di Keynes.
Inoltre, se le guerre funzionano come via d’uscita dalla crisi economica, non è solo grazie all’accettazione da parte del Tesoro di una spesa pubblica su larga scala (come suggerito da Krugman), ma soprattutto grazie alla tensione psicologica collettiva che rende possibili sforzi straordinari. Perciò, per evitare la guerra come soluzione alla crisi economica, bisogna essere in grado di generare questo tipo di tensione psicologica estrema ma durante un periodo di pace, come avvenne con la corsa all’oro.
In ultima analisi, le guerre e le corse all’oro portano a un risultato paragonabile in termini di aumento della domanda aggregata, sebbene si basino su dinamiche psicologiche opposte, con risultati socio-politici contrastanti.
Da un lato, le guerre fanno leva sulla paura e sullo spirito di coesione nazionale, sostituendo i consumi privati a quelli pubblici per sostenere lo sforzo militare. Questo tipo di spesa fu ampiamente utilizzato anche in tempo di pace da Hitler per prepararsi alla guerra, ad esempio nella costruzione delle autostrade tedesche iniziata nel 1933.
D’altra parte, la corsa artificiale all’oro, giocando sull’effervescenza e sul gusto delle persone per il gioco, fa affidamento sull’effetto leva di una piccola spesa pubblica che genera una spesa privata molto più grande; quindi tale intervento può essere il più limitato possibile. Va aggiunto che in tempo di guerra l’effetto moltiplicatore è generalmente molto debole a causa del sottoconsumo privato (la propensione al consumo viene ridotta). Quindi, per ottenere un effetto paragonabile a quello di una corsa all’oro, la spesa pubblica deve essere molto più elevata.
Largo agli entusiasti!
Certo, Keynes non prevedeva corse all’oro in senso stretto (con il loro carico pesante di problemi sociali). Keynes proponeva invece i principi generali di un intervento pubblico efficace in caso di crisi. Viene quindi naturalmente da chiedersi: ma, concretamente, che forma dovrebbe avere una corsa all’oro artificiale?
Questa è una domanda cruciale per i governi, ma non per chi, come Keynes, voleva enunciare principi economici generali. Tuttavia, quando si è arrischiato a fornire qualche dettaglio, Keynes ha insistito sul fatto che la politica di espansione avrebbe dovuto essere il più possibile decentralizzata, emanando principalmente dalle autorità locali e dagli stessi agenti privati, in particolare sotto forma di “una massa di progetti diversi, non individualmente di grande portata” ma comprendenti i “numerosi e variegati progetti degli entusiasti”. Questi progetti sfuggirebbero inoltre al controllo diretto dello stato, in quanto quest’ultimo dovrebbe finanziarli anche se non è in grado di valutarli.
In ultima analisi, prendere in parola Keynes significa tracciare una via d’uscita dal tragico esito della guerra. A tal fine, le corse all’oro artificiali dovrebbero consistere in una moltitudine di progetti entusiasmanti e della più grande varietà. Perché la guerra distrugge le città, mentre una corsa all’oro le aiuta a nascere.
FONTE:https://kriticaeconomica.com/keynes-buche-vecchie-bottiglie-parabola-significato-guerra/
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