Sarà davvero poca cosa, ma moralmente svetta come l’Everest sulla triste palude europea: due giorni fa il Senato irlandese ha adottato all’unanimità una mozione volta a imporre sanzioni a Israele e a vietare il passaggio di armi americane destinate alle truppe israeliane affinché possano continuare imperterrite la strage  a Gaza. La mozione al Senato irlandese  avanzata dalle senatrici Frances Black, Lynne Ruane, Alice Mary Higgins e Eileen Flynn impone anche che il governo irlandese spinga per un embargo internazionale sulle armi contro Israele.

Il giorno dopo questa decisione, l’ambasciatore israeliano in Irlanda Dana Arlik ha deplorato che Israele sia stato presentato in questo paese “come se fosse l’unico cattivo in questa guerra”  come  se con 30 mila  persone ammazzate sparando nel mucchio si potesse trovare un colpevole all’altezza del sionismo di Netanyahu. Ma questo fa parte del vittimismo con il quale Israele tenta di replicare all’evidenza o forse di autoconvincersi di non essere totalmente dalla parte degli ingiusti.

L’Irlanda è uno dei pochi paesi europei ad aver sostenuto il ricorso alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja, presentato  dal Sudafrica per il genocidio israeliano contro la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza. Il 14 febbraio, insieme alla Spagna, ha inviato una lettera all’Unione Europea chiedendo che la Commissione Europea effettui una “revisione urgente” dell’accordo commerciale tra Israele e UE per determinare se rispetta i suoi obblighi in materia di diritti umani nel conflitto in la Striscia di Gaza. Una ragione per questa attenzione speciale alla Palestina, che dura fin dall’ingresso del Paese nella Ue nel 1973 e che adesso sfida l’intollerabile ipocrisia e mancanza di etica di Bruxelles, consiste nelle  affinità storiche: anche l’Irlanda è stata una colonia britannica, trattata in maniera ingiusta e tracotante . James Quigley, rappresentante della Belfast Palestine Solidarity Campaign (IPSC), ha detto ai giornalisti “Il popolo irlandese è orgoglioso della sua storia di lotta contro la colonizzazione. Quindi sappiamo cosa vuol dire lottare contro l’occupazione. Ma allo stesso tempo, la nostra sofferenza non è nulla in confronto a ciò che hanno sofferto i palestinesi negli ultimi 75 anni sotto l’occupazione israeliana e di fronte all’apartheid e alla pulizia etnica”.