Venezuela alla scontro finale: gli USA proclamano la vittoria dell’opposizione anti Maduro
da L’INDIPENDENTE ONLINE (Dario Lucisano)
Il braccio di ferro tra Maduro e Maria Corina Machado si fa sempre più intenso. Il Segretario di Stato degli Stati Uniti Antony Blinken ha comunicato in via ufficiale che gli Stati Uniti riconoscono il candidato di opposizione Edmundo Gonzalez Urrutia quale effettivo vincitore delle elezioni presidenziali in Venezuela. L’annuncio di Blinken è stato seguito a ruota da quello da quello del presidente argentino Javier Milei, sempre più calato nel ruolo di factotum di Washington nell’America Latina, e arriva appena un giorno dopo la conferenza stampa del portavoce del Pentagono John Kirby, che aveva dichiarato a microfono aperto che gli Stati Uniti stavano «perdendo la pazienza» nei riguardi della situazione in Venezuela. Nel frattempo, il Consiglio Elettorale Nazionale venezuelano ha pubblicato i risultati, che confermerebbero il trionfo di Maduro, mentre le proteste nel Paese continuano. Le dichiarazioni degli Stati Uniti arrivano in un momento di forte instabilità per il Venezuela e, al di là dei risultati, paiono configurarsi come un tentativo di destabilizzare ancora di più la situazione, favorendo un possibile rovesciamento di potere.
Nel corso del suo annuncio, Blinken ha fatto riferimento alla dichiarazione del Centro Carter, uno degli osservatori internazionali presenti alle elezioni, e ai risultati pubblicati dalle opposizioni in una piattaforma creata ad hoc, che a ora vedono Gonzalez avanti con il 63%. Secondo il comunicato del Centro Carter, le elezioni in Venezuela non si sarebbero svolte regolarmente. Il centro sostiene di non potere «verificare né corroborare i risultati delle elezioni» e ritiene che «la mancata comunicazione da parte dell’autorità elettorale dei risultati disaggregati per seggio elettorale costituisce una grave violazione dei principi elettorali». A detta del centro, le elezioni venezuelane si sarebbero svolte irregolarmente in «tutte le fasi», violando le proprie stesse leggi nazionali: il comunicato parla di «libertà limitate per gli attori politici, le organizzazioni della società civile e i media», ostacoli alla registrazione di elettori e candidati, e propaganda in sede di campagna elettorale. Al contrario, sostiene Blinken, l’opposizione «democratica» avrebbe pubblicato più dell’80% delle schede ricevute «direttamente dai seggi elettorali in tutto il Venezuela», e «corroborate» dagli osservatori indipendenti: «date le prove schiaccianti», continua Blinken, «è chiaro agli Stati Uniti e, soprattutto, al popolo venezuelano che Edmundo González Urrutia ha ottenuto il maggior numero di voti nelle elezioni presidenziali venezuelane del 28 luglio».
Con la sua dichiarazione, Blinken getta benzina sul fuoco nella già tesa situazione venezuelana, aprendo le porte a una intensificazione delle proteste che potrebbe fare sprofondare il Paese ancora più nel caos. Dopo le elezioni di domenica 28 luglio, il Presidente uscente Nicolás Maduro è stato proclamato vincitore, ma le opposizioni guidate da Maria Corina Machado hanno rapidamente denunciato brogli e incoronato il proprio candidato Edmundo Gonzalez Urrutia Presidente del Venezuela. All’indomani della nomina di Maduro, sono iniziate le prime proteste, che presto hanno portato a scontri e inasprimento delle tensioni. Non è tuttavia la prima volta che il Venezuela finisce al centro di violente manifestazioni e tentativi di rovesciamento fomentati dagli Stati Uniti. Già nel 2002, quando a capo del Paese si trovava ancora Hugo Chávez, l’opposizione tentò un colpo di Stato con l’appoggio degli USA, sventato in una manciata di giorni grazie anche alla poderosa mobilitazione popolare sollevatasi in sostegno del Presidente. Nel 2018 Juan Guaidó, con l’aiuto di Stati Uniti e Regno Unito, tentò di boicottare le elezioni autoproclamandosi Presidente del Paese e invitando la piazza a insorgere contro Maduro, ma anche questo tentativo di rovesciamento si concretizzò in un nulla di fatto. In una situazione instabile come quella di oggi, quali che siano i risultati reali delle elezioni, gli Stati Uniti non possono non essere consci dei possibili effetti che dichiarazioni come quella di ieri hanno sugli equilibri venezuelani: nel prendere così nettamente parte per la terza volta in poco più di vent’anni di anni, sembrerebbe insomma celarsi quella marcata ingerenza statunitense in tutto ciò che riguarda il Venezuela – e più in generale il Sudamerica, e il mondo – che arriverebbe dopo una sequela di tentativi di rovesciamento del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) andati a vuoto.
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