Caccia a Trump
da PICCOLE NOTE (Davide Malacaria)
Con l’irruzione dell’Fbi a Mar-a-Lago la caccia a Trump è entrata nella sua fase più acuta e sfacciata. Il Tycoon va fermato a tutti i costi e sembra arrivato il momento in cui i suoi antagonisti si sono tolti i guanti.
Gli agenti del Bureau si stanno muovendo in combinato disposto con la Commissione d’inchiesta del Congresso che sta indagando sull’assalto a Capitol Hill e che ha la sentenza di condanna di Trump già scritta in partenza.
Odiare Trump
Ma evidentemente l’inchiesta in stile Unione sovietica non sembrava sufficiente a bloccare il cinghialone: da qui l’idea di un assalto frontale, giunto proprio quando Trump stava annunciando la sua candidatura alle presidenziali del 2024.
Un annuncio che sarebbe arrivata a giorni, al termine cioè delle primarie del Partito repubblicano in cui i candidati sostenuti dall’ex presidente stanno vincendo a mani basse contro i candidati sostenuti dall’establishment del suo partito e dai neoconservatori.
Simbolo della débâcle di questi ultimi il triste destino che attende Liz Cheney, figlia dell’ex Vice di Geoge W. Bush, Dick. Una sconfitta sicura la sua, dato il distacco dal concorrente.
La poverina è pianta in via preventiva da quasi tutti i media americani – anche di orientamento democratico -, che non riescono a spiegarsi come mai il popolo repubblicano non ami questa pia donna, che ha difeso a spada tratta il flagello delle guerre infinite che il padre ha inflitto al mondo dopo aver preso il potere nel post 11 settembre.
La colpa di Trump è quella di non aver iniziato nessuna guerra durante la sua presidenza, anzi di aver tentato di fare la pace tra Ucraina e Russia, incoraggiando Zelensky, allora non sequestrato dalla Nato, a trattare (vedi nota “Trump a Zelensky: spero che l’Ucraina faccia la pace con la Russia“). E di aver tentato più volte un appeasement con Mosca e con Pechino, pur ingaggiando con quest’ultima una guerra commerciale, e di aver quasi fatto la pace con la Corea del Nord.
Tutte iniziative affondate dai guerrafondai che popolano l’Impero e che cercano adesso di farlo fuori in via preventiva, per evitare che un Trump più forte – potendo contare su un Partito repubblicano non più ostile – possa riuscire laddove ha fallito in precedenza.
Non si tratta di odio tout court, ma di affari. Basti pensare a quanti soldi girano intorno alla guerra ucraina e a quanti interessi sta muovendo…
Il raid a Mar-a-Lago ha lo scopo di trovare documenti della Casa Bianca che Trump avrebbe portato con sé.
Proprio ieri in tutto il mondo è stata pubblicizzata l’anticipazione di un libro di un corrispondente del New York Times secondo il quale l’allora presidente praticava tale illecito, per conservarli o farli sparire (se vero, è pratica diffusa in Politica, anche se modulata secondo schemi diversi).
Impedire che corra
C’è una norma negli Stati Uniti secondo la quale, se l’accusa fosse provata, al tycoon sarebbe impedito di ricoprire cariche pubbliche (una sorta di legge Severino in salsa americana).
E però il New York Times spiega che tale legge ha trovato un’interpretazione nuova nel caso comprovato dell’ex Segretaria di Stato Hillary Clinton, che usava trattare le e-mail di Stato come private. Un’interpretazione che potrebbe salvare il suo acerrimo nemico.
“Nel considerare questa situazione – scrive, infatti, il NYT – molti esperti di diritto – tra cui Seth B. Tillman della Maynouth University, Irlanda, e Eugene Volokh dell’Università della California, Los Angeles – hanno notato che la Costituzione stabilisce i criteri di ammissibilità per ricoprire la carica di presidente, concludendo che alcune sentenze della Corte Suprema suggeriscono che il Congresso non può modificarle. La Costituzione consente al Congresso di escludere alcune persone dalla possibilità di ricoprire cariche pubbliche a seguito di un procedimento di impeachment, ma non accorda tale potere per i casi che ricadono nel diritto penale ordinario”.
Cioè se Trump dovesse essere condannato penalmente per l’abuso in questione, potrebbe ugualmente partecipare alle presidenziali. Ma sul punto si innescherebbe sicuramente una battaglia legale.
Si tratta solo di una delle tante iniziative contro Trump: altre ne verranno, in una dinamica di contrasto fatta di iniziative dirompenti accompagnate da altre più sottili e avvolgenti.
Tale strategia mira non solo a impedire che partecipi alle presidenziali, ma anzitutto ad alienargli il largo supporto di cui gode e a intimidire quanti, nel suo partito, lo sostengono. Nulla di nuovo sotto il sole (vedi la sventurata Italia).
Uno degli obiettivi più o meno dichiarati è far sì che gli esponenti del suo partito gli impediscano di correre (sui media Usa si registra un profluvio di articoli che vanno in tale direzione).
La caccia al cinghialone si fa incalzante. Il rischio è che sia accompagnata da iniziative tossiche e/o sanguinarie. L’America usa risolvere i suoi problemi in maniera alquanto drastica.
Ps. Nella nota abbiamo accennato alle luci della presidenza Trump, che pure presenta le sue ombre. Ma non sono tali ombre a suscitare l’odio di cui sopra, come dimostra la vicenda dell’accordo sul nucleare iraniano e sul trattato sulle armi nucleari stipulato con la Russia, lo START 2 – ambedue cancellati da Trump -; oppure gli Accordi di Abraham riguardanti Israele e i Paesi arabi, che hanno affondato la soluzione a due Stati per la Palestina, o il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele… tutte queste iniziative, pur criticate aspramente al tempo, sono state fatte proprie dai nemici di Trump. Bizzarro… o forse no.
FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/57196/caccia-a-trump
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