I principi che reggono la costruzione del nostro partito
di Stefano D’Andrea
I soldi non servono a costruire un partito popolare, che rappresenti organicamente un blocco sociale composto da una pluralità di ceti e di classi, sia popolari che piccolo borghesi. Quando il partito è stato costruito ed è entrato in Parlamento, con una parte della indennità dei deputati (oggi, con lo sbarramento del 3% almeno una ventina), con i rimborsi elettorali e con il 5 per mille, di soldi il partito ne ha a sufficienza.
Se, invece, si inizia a costruire un partito con i soldi, si avvicina subito gentaglia della peggiore risma, ruffiani, opportunisti, impazienti, individualisti sfruttatori dell’occasione. E si deve dire addio al necessario nucleo duro del partito, composto da persone generose, umili, pazienti, idealiste e che dimostrino intelligenza e capacità pratiche. Questa categoria di persone, infatti, è incapace di stare a contatto con gli appartenenti all’altra categoria. Ecco perché i soldi all’inizio sono addirittura dannosi.
I personaggi famosi non servono per costruire il partito. Quando hai costruito il partito e quest’ultimo è entrato in Parlamento, dirigenti e militanti di valore diventeranno personaggi famosi.
Se invece si muove da uomini famosi per sfruttare la loto notorietà, non soltanto si avvicinerà gente della peggior risma – ruffiani, opportunisti, impazienti, individualisti sfruttatori dell’occasione – ma si avranno anche altri problemi.
Intanto, la piccola associazione sarà piena di fan, i quali non saranno ammiratori di un militante-dirigente di valore che ha progettato e costruito un partito, bensì ammiratori di un cantante, di un divulgatore, di un comico, di uno studioso, di un giornalista, che non avrà ancora dimostrato nulla di ciò che serve per progettare e costruire un partito: né di saper ideare un progetto che attiri persone di valore, né di saper pensare un progetto esecutivo che realizzi con efficacia il primo progetto, né di creare una comunità disciplinata da regole intelligenti, né di avere un carattere che promuova comunanza e amicizie anziché divisioni, litigi e scissioni, né di creare un ambiente che faccia crescere tutti intellettualmente, caratterialmente e culturalmente, e selezioni i migliori.
In secondo luogo, il nascente partito fonderà tutto sull’immagine, sugli slogan e sul marketing, perché troverà difficoltà a spingere i fan all’azione e a far maturare in ciascuno il potenziale del quale, astrattamente, dispone. I fan, infatti, sono refrattari all’azione collettiva almeno quanto gli idoli; essi confidano negli idoli come gli idoli confidano in se stessi. Se non fossero refrattari all’azione collettiva i fan non sarebbero fan ma normali estimatori, non di una ma di più persone, l’una per una ragione e sotto un certo profilo e l’altra per una diversa ragione e sotto diverso profilo. Il partito, proprio perché fondato ed esistente sul piano virtuale, sarà pieno di individualisti, fanatici, matti, mattacchioni, chiacchieroni e litigiosi, persone che, invece, un’azione e una organizzazione razionalmente orientate espellono spontaneamente dal partito.
Nel partito reale e ben organizzato sono l’azione e l’organizzazione ad espellere i personaggi fastidiosi e pittoreschi, non i dirigenti o altri soci. Nel partito virtuale invece i personaggi pittoreschi possono persino emergere e dovranno essere espulsi dagli altri soci e dai dirigenti.
I personaggi famosi devono dunque essere estranei alla formazione del partito, e, se stanno nel partito, non devono in alcun modo coinvolgere i fan, non devono dunque operare come personaggi famosi, ma come persone comuni.
Che cosa serve allora?
Intanto servono molta pazienza e umiltà. Servono persone che considerino il partito una “piccola patria”, una comunità importante alla quale appartengono, qualcosa che li trascende, ciò che è davvero utile allo Stato e al Popolo, ciò che è importante.
Persone che lavorino per una esplosione di potenza che potrà verificarsi dopo anni, anche dopo molti anni.
Persone che lavorino per costruire un vascello con il quale potrebbe andare all’attacco la generazione futura.
In definitiva persone che sono al servizio del partito e che non considerano il partito uno strumento del quale servirsi.
Va detto anzi che le persone che considerano il partito da costruire come uno strumento al loro servizio sono chiaramente degli spostati, incapaci di affermarsi nel loro campo sociale e lavorativo; aspiranti opportunisti inetti, visto che se si vuole strumentalizzare qualcosa per se stessi, è da spostati credere che quel qualcosa sia un partito da costruire, anziché un partito o gruppo di potere già esistente.
Poi serve l’intelligenza pratica di capire che durante il lungo cammino è necessario crescere continuamente. In primo luogo per numero di militanti. Un processo di aggregazione di militanti, se è idoneo a generare crescita, sia pure lentamente, non si arresta ma crea complessivamente fiducia o entusiasmo, anche perché espelle gli impazienti, ai quali sempre manca la fede e dunque la forza per le grandi azioni.
Se invece il processo di aggregazione è inidoneo a garantire la crescita costante, anche se lenta, del numero dei militanti, allora esso è destinato ben presto a fallire, perché mancando la crescita, sia pure lenta, grande sarà la delusione dei militanti e la perdita di fiducia di entusiasmo e di motivazione.
Il fallimento sarà anche la dimostrazione che è mancata nei dirigenti e nel partito l’intelligenza pratica. La politica è azione e ancor di più lo è la politica che costruisce e non gestisce. E per l’azione serve intelligenza pratica. Una persona dotata della massima intelligenza teorica, una persona dotata della massima erudizione, una persona che scrive molto bene, in forma intrigante e affascinante, un accorto divulgatore, addirittura una persona colta, nella quale l’erudizione, poca o tanta, è organicamente sistemata da un pensiero rigoroso, possono essere del tutto prive di intelligenza pratica – intelligenza che non è mai estranea al carattere ma si fonde con esso, pur rimanendo concettualmente distinguibile.
Espellere le persone non dotate di intelligenza pratica dal gruppo dirigente è esigenza ineludibile.
Un’altra dimostrazione di mancanza di intelligenza pratica si ha quando l’associazione subisce una rilevante scissione. Un partito in formazione non può subire scissioni. Può accadere che vadano via alcune persone, in misura minima rispetto alle nuove che entrano, anzi ciò è fisiologico, ma non può subire scissioni.
In realtà, le scissioni si verificano perché spesso si iniziano processi di costruzione di piccoli partiti senza statuti o con statuti troppo vaghi. Ciò implica una indeterminatezza del progetto, dell’organizzazione, dei tempi, delle modalità di azione e delle regole che i militanti devono rispettare; ed è del tutto ovvio che, in queste situazioni, lo spazio lasciato libero dallo statuto sia occupato dalle più svariate e persino strampalate opinioni, le quali sono davvero irriducibili ad unità.
Anche in questi casi siamo in presenza di una gigantesca dimostrazione di assoluta assenza di intelligenza pratica (e invero anche teorica). Molto spesso accade che un gruppo di persone scriva un manifesto, un documento programmatico, una dichiarazione di intenti e cerchi di aggregare persone intorno a quel documento o manifesto o dichiarazione. Ma un partito è una associazione (e questa addirittura è teoria, non pratica), ossia una organizzazione collettiva; e una organizzazione è il suo statuto (e atto costitutivo) e niente altro: invero è il suo statuto e i suoi uomini ma le caratteristiche degli uomini che aderiscono dipendono molto dallo statuto. Senza statuto non c’è associazione alla quale si possa aderire; si può soltanto manifestare una vaga condivisione di scopi finali espressi nel manifesto. Un manifesto non crea una organizzazione e non dà alcuna certezza che coloro che “aderiscono” al manifesto abbiano le stesse idee sull’organizzazione, sul progetto, sui tempi, sulle modalità di azione o sul linguaggio. In sostanza il partito implica che si muova da un numero molto minore di persone rispetto a quelle che condividono il manifesto, perché tra queste ultime bisogna selezionare quelle che condividano lo stesso progetto, la stessa organizzazione, gli stessi tempi, le stesse modalità d’azione, lo stesso linguaggio. Se si muove da un semplice manifesto la scissione o le scissioni o i massicci abbandoni o le interminabili discussioni, con il corollario della certa disintegrazione, sono conseguenze logiche e ineludibili.
Non basta però che l’intelligenza pratica prevenga scissioni nonché interminabili e disgreganti discussioni, e produca una costante anche se lenta crescita quantitativa dei militanti. Sia pure lentamente, è necessario che oggettivamente si elevi anche il livello dell’azione politica e della visibilità; è necessario, insomma, che a una crescita orizzontale si affianchi una crescita verticale.
Noi, per i primi quattro anni ci siamo limitati a costruire il nucleo duro che agisse sulla rete e fuori. Riuscire in quattro anni a radunare 300 persone, piene di fede e dedizione, in una assemblea nazionale, significava già di per sé aver elevato il livello dell’azione politica.
Poi è stato necessario candidarsi in alcune elezioni comunali.
Poi siamo riusciti a raccogliere le firme per candidarci in alcune elezioni regionali svolte non in concomitanza con altre elezioni regionali.
Poi ci siamo candidati in una elezione suppletiva al Senato.
Poi è stato necessario, sia pure nella forma del Comitato 3 Motivi per il NO, riuscire ad essere ammessi tra i comitati che ufficialmente difenderanno il NO nel referendum costituzionale, avendo diritto a spazi sia nelle tv nazionali, pubbliche e private, sia nelle radio nazionali. Questa opportunità la sfrutteremo a novembre o quando si svolgerà il referendum.
Infine abbiamo elaborato, scritto e diffuso il documento del Comitato Direttivo Emergenza coronavirus e crisi economica: come uscirne. Questo documento, ad oggi ha ricevuto oltre 30000 visualizzazioni uniche su Appello al Popolo, e in più è stato pubblicato su tre siti di valore, nei quali non avrà avuto meno di 8000 visualizzazioni. Senza dubbio arriveremo a 40000. Saper scrivere un lungo documento di 15 pagine, da tutti apprezzato, che realizza 40000 visualizzazioni è una ulteriore dimostrazione della nostra capacità di elevare il livello della nostra azione politica.
Il prossimo passo sarà partecipare a due o tre o quattro elezioni regionali contemporaneamente: confidiamo di riuscire in Liguria e nelle Marche; speriamo di riuscire in Toscana; mentre avevamo già raccolto oltre 3500 firme in Puglia, le quali rischieranno di essere inutili, perché prese prima dei 180 giorni previsti dalla legge per la validità. Speriamo che riducano notevolmente il numero delle sottoscrizioni richieste o, con una norma eccezionale, ammettano le sottoscrizioni raccolte a far data da gennaio (in Puglia le sottoscrizioni sono tantissime e un partito come il nostro non le raccoglie in un mese). In Campania abbiamo pochissime possibilità ma speriamo di avvantaggiarci della eventuale riduzione delle sottoscrizioni. In Veneto non dovremmo riuscire.
I tre risultati della crescita numerica dei militanti, della elevazione del livello dell’azione politica nonché della visibilità e, infine, della marcia disciplinata da uno statuto composto da stringenti regole – le quali evitano il chiacchiericcio e i minuti di celebrità di chiacchieroni e mattacchioni, nonché le scissioni – producono a loro volta il risultato più importante: la generale contentezza dei militanti; la felicità dei militanti per aver fatto una scelta di vita importante; la consapevolezza da parte dei militanti che se essi hanno dato al partito, il partito li ha fatti crescere sia caratterialmente che per rigore di analisi e di pensiero.
Quando tutti o quasi i militanti sono riconoscenti nei confronti del partito, quest’ultimo ha un futuro radioso: la costruzione sarà imponente.
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