Il vocabolario indipendentista
di REDAZIONE
Quando il nemico ti trascina sul campo di battaglia che vuole lui e ti costringe a combattere con le armi che vuole lui, ha già vinto la battaglia.
Il linguaggio del potere globalista è calibrato per le esigenze del globalismo stesso e l’indipendentista che lo usa è condannato a subirne i paradigmi, quindi venire sconfitto nella sfida di convincere il pubblico riguardo alle proprie istanze. Il consiglio che viene dato in questo articolo è pertanto quello di adottare un registro adatto a trasmettere con efficacia le idee patriottiche, antieuropeiste e antiglobaliste senza cadere nella trappola di trasmettere le accezioni positive e negative che l’avversario ci impone. Cominciamo con alcuni esempi.
Mainstream: anglismo inutile. Meglio usare il termine “sistema”; rende bene l’idea di un’insieme di persone organizzate, con ruoli diversi che condividono l’interesse a mantenere vivo il globalismo. Bisogna quindi dire “i media del sistema”, “i telegiornali del sistema” e così via.
Liberismo: sostituire con “globalismo”. Concettualmente i due termini possono non coincidere, perché nei secoli antecedenti a quello attuale è esistito un liberismo non globalista, ma nel XXI secolo le due cose si sovrappongono. Il sostantivo “liberismo” trae la propria radice dal termine “libero” che, per sua stessa natura, implica un’accezione positiva nella mente del pubblico.
Magnate (o tycoon): sostituire con “oligarca”, specialmente quando si parla di proprietari di intere multinazionali. Il termine “imprenditore” è inadatto perché non soltanto possiede una coloritura positiva (“colui che dà vita a un’impresa”) ma non rende l’idea della dimensione economica del magnate stesso, ossia non distingue tra il proprietario di una piccola fabbrica di gazzosa dall’amministratore delegato di una multinazionale che fattura più del PIL di intere nazioni.
Soft power: anglismo inutile; anche se la traduzione immediata sarebbe “potere morbido” in italiano è corretto renderlo come “potere culturale” perché in termini pratici fa leva, appunto, su aspetti culturali anche non strettamente politici, ma domestici e di costume.
Wishful thinking: anglismo eccessivo, da eliminare; esiste da decenni il termine italiano “pio desiderio” che è anche molto più efficace.
Poteri forti: termine da evitare, stupido e assolutamente superfluo. O si sta parlando di lorsignori che hanno in mano il denaro, quindi occorre riutilizzare il termine “oligarchi” (grandi gruppi bancari, multinazionali informatiche), o si sta parlando di persone che non possiedono denaro e che avrebbero però il potere di manovrare le masse e gli oligarchi stessi, nel qual caso si sta semplicemente discutendo di qualcosa che non può avere un nome perché non esiste.
Stato profondo: locuzione obbrobriosa da sostituire immediatamente con “apparati dello stato” se stiamo parlando di servizi segreti, strutture militari, magistratura corrotta e affini. Se stiamo parlando di loro e degli oligarchi che li manovrano perché li corrompono, tornare alle terminologia separata “oligarchi” e “apparati dello stato” o al massimo citare istituzioni specifiche: quelle esistono eccome, non ci si sbaglia.
Complottismo – teoria del complotto: dipende in quale circostanza si usa il termine. Tenuto presente che ha un’accezione pesantemente negativa e legata a false ricostruzioni, bisogna escludere categoricamente il termine quando si parla di sé stessi (“sono un complottista…”) e al limite etichettare con questa parola gli avversari, tipo quando sostengono senza prove che elezioni in Georgia e Romania del 2024 siano state truccate dai Russi.
Fake news: anglismo inutile, sostituire con “bufale” che sono anche più offensive nei confronti di chi li sostiene.
Terrapiattismo: eliminare completamente l’uso della parola. I sostenitori della terra piatta esistevano già negli anni ‘70 e ‘80 ma si trattava di minoranze tanto esigue da passare inosservate. Il termine “terrapiattismo” è stato diffuso ad arte dai social americani per assegnare questa etichetta a chiunque sostenga una tesi antioccidentale e squalificare chi parla. Non abbiamo bisogno di un sostantivo del genere.
Terrorismo: si consiglia l’uso del sostantivo solo quando è tecnicamente corretto farlo, ossia per indicare un’organizzazione privata armata che, per ottenere i propri scopi, colpisce obiettivi civili. Attribuire il termine a chiunque commetta un crimine fa perdere la forza al termine stesso. Se si vuole etichettare in senso negativo un politico o uno stato guerrafondaio conviene vertere sul termine “bandito”, è più adatto. Ne deriva che le sue azioni potranno essere squalificate come atti di banditismo.
Diritto: usare la parola solo quando si parla di diritti sociali. Il lavoro è un diritto, la casa è un diritto, il salario è un diritto, la pensione è un diritto, la mobilità è un diritto, la scuola è un diritto, la sanità è un diritto. Evitare il termine per altre buffonate che il sistema ci spaccia come diritti. Le leggi internazionali, per esempio, possono essere un costrutto congegnale solo alle superpotenze e in questi casi l’uso del temine diventa sbagliato e fuorviante; più che di “diritto internazionale”, infatti, è corretto parlare di “normative internazionali”, locuzione che fa già intendere – per la sua stessa formulazione – che il loro contenuto potrebbe essere opinabile.
Sovranismo: è l’argomento più controverso di tutti, perché il movimento sovranista nasce con l’intento di restituire la sovranità di stabilire le leggi al popolo, attraverso gli strumenti delle istituzioni democratiche, e addirittura in casi extra-italiani nasce in ambiti politici di sinistra (si veda il Suoverainisme francese[1]). Se il Fronte Sovranista Italiano cambia il nome in Riconquistare l’Italia vi sono precisi motivi storici: il sostantivo infatti viene plagiato da partiti di centro-destra, incapaci da sempre di sviluppare una simbolistica propria, e su tutti i vocabolari della lingua italiana purtroppo oggi il termine indica il populismo di destra. Anche se la parola non è tecnicamente coincidente, si può parlare di “indipendentismo italiano”, fermo restando che l’emancipazione da una struttura sovranazionale non è la stessa cosa dell’indipendenza da una realtà statuale, né dal punto di vista giuridico né sotto il profilo storico. Tuttavia “indipendentismo”, usato in maniera forbita, può svolgere il ruolo di termine succedaneo.
[1] https://fr.wikipedia.org/wiki/Mouvement_r%C3%A9publicain_et_citoyen
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