L’Ontologia della Natura Umana e la Sfida della Tecnologia: Distinzione tra Uomo e Macchina
di Pasquale Laurenda
Nel mondo contemporaneo, l’invasività della tecnologia nella vita quotidiana è divenuta un fenomeno ineludibile, influenzando profondamente le dinamiche sociali, politiche ed economiche. La capacità della macchina di interagire con l’umano, attraverso strumenti come i social network e le intelligenze artificiali, ha sollevato una serie di questioni epistemologiche ed ontologiche fondamentali. Queste domande pongono un dubbio cruciale: è davvero possibile parificare l’uomo alla macchina? La risposta a questa interrogativa non si trova nella semplice opposizione tra progresso tecnologico e valori umani, ma in una riflessione profonda sulla natura dell’essere umano e sulla sua distinzione ontologica dalla macchina. La sovranità popolare, la natura razionale, politica e autocosciente dell’uomo sono sfide vitali che la tecnologia, per quanto avanzata, non può replicare. In questa riflessione, esploreremo la tensione tra la volontà della tecnica e la sovranità dell’individuo, con un’attenzione particolare alla preservazione della socialità autentica e alla difesa della natura umana. La crescente volontà della tecnica, ossia la preminenza delle tecnologie nei processi produttivi, sociali ed economici, rappresenta una sfida per la sovranità politica. La tecnologia, con il suo impatto diffuso su ogni ambito della vita, sta ridisegnando la natura stessa della socialità. La politica, che storicamente si è fatta carico di orientare le società verso un equilibrio tra le necessità dell’individuo e quelle collettive, rischia di soccombere davanti alla potenza del sistema tecnico-scientifico. Laddove l’intervento tecnologico nella vita quotidiana diventa pervasivo, il potere politico diventa impotente, incapace di regolare efficacemente i rapporti tra l’uomo e la macchina. Tuttavia, la sfida non sta nel rifiuto totale della tecnologia, ma nella capacità di limitare la sua invasività. È in questo contesto che il ruolo della norma giuridica diventa cruciale, perché è l’unico strumento di indirizzo: essa può e deve fungere da argine contro l’assoggettamento della vita sociale ai diktat della tecnica.
L’introduzione di tecnologie sempre più sofisticate ha comportato una progressiva disconnessione degli individui dalle forme tradizionali di socialità. La digitalizzazione, attraverso strumenti come i social network, ha sostituito l’incontro diretto, il dialogo faccia a faccia, e la partecipazione a eventi collettivi con interazioni mediati da schermi. La socialità, originariamente fondata sull’interazione diretta, rischia di essere ridotta a un’interazione superficiale e impersonale, priva di profondità emotiva. L’alienazione che ne deriva è palpabile: la macchina, pur consentendo forme di comunicazione immediata, non è in grado di restituire la ricchezza della relazione umana, che si nutre di contatto fisico, di sguardi, di emozioni condivise. La questione più profonda, tuttavia, è quella ontologica: l’uomo e la macchina sono ontologicamente distinti. L’uomo, come essere razionale e autocosciente, è dotato di una capacità unica di riflettere su sé stesso e sul mondo, di costruire significato e di attribuire valore alla propria esistenza. Aristotele, nel definire l’uomo come zoon politikon, evidenziava la centralità della razionalità e della vita collettiva come caratteristiche distintive dell’essere umano. Al contrario, la macchina, per quanto avanzata nelle sue capacità cognitive e operative, rimane un artefatto privo di coscienza, di soggettività e di libertà. La parificazione tra uomo e macchina sarebbe quindi illusoria: la macchina può imitare alcuni aspetti del comportamento umano, ma non potrà mai replicare l’esperienza soggettiva dell’autocoscienza, né tantomeno il rapporto ontologico che l’uomo intrattiene con l’essere e con il mondo.
Per contrastare l’invasività della tecnica, è fondamentale promuovere forme di socialità che non dipendano dalla tecnologia. L’uomo, pur vivendo in un mondo dominato dalle tecnologie, ha ancora la possibilità di recuperare la propria libertà attraverso esperienze autentiche e non mediate. Attività come il gioco, la musica, l’arte e gli incontri di comunità rappresentano occasioni vitali per ristabilire un equilibrio tra l’individuo e la società. In particolare, i giovani dovrebbero essere incoraggiati a dedicarsi a pratiche non tecnologiche, che favoriscano il contatto diretto, il dialogo e la cooperazione. Inoltre, la politica e la normativa giuridica dovrebbero svolgere un ruolo fondamentale nel preservare gli spazi di socialità fisica e nella promozione di una cultura che contrasti la supremazia della macchina. La sfida che ci troviamo ad affrontare è complessa: la tecnologia, pur offrendo vantaggi in termini di efficienza e innovazione, minaccia di ridurre l’uomo a una macchina, priva di quella dimensione di libertà, coscienza e relazionalità che lo distingue. La difesa della natura umana passa attraverso la consapevolezza ontologica della nostra unicità, che non può essere replicata dalla macchina. È necessario un impegno collettivo per regolare l’invasività della tecnologia, mantenendo la sovranità popolare e difendendo le pratiche sociali autentiche. Solo così l’uomo potrà continuare a vivere nel mondo come essere razionale, politico e libero, in grado di costruire una socialità ricca, profonda e non mediata dalla macchina.
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