Tre cruciali decisioni di Clinton
Rodrigue Tremblay è una personalità eclettica del panorama culturale canadese. Economista, umanista, politico, è professore emerito di economia all’Università di Montréal, autore di diversi saggi e articoli e titolare del blog The New American Empire.
L’articolo che segue, per la cui traduzione e pubblicazione sono stato cortesemente autorizzato dall’autore, esamina tre cruciali decisioni prese dall’amministrazione Clinton a cui possono essere ricondotte altrettante criticità che caratterizzano il presente. I quindici anni trascorsi sono un lasso di tempo davvero esiguo, ma la frenesia con cui le trasformazioni geopolitiche si sono succedute da allora dà l’errata impressione che quell’epoca appartenga ormai al passato remoto. In realtà, come l’articolo dimostra, quelle scelte hanno determinato e condizionano il nostro tempo: una considerazione banale che tuttavia pare non influenzare troppo le riflessioni dei grandi della terra, le cui decisioni (che comunque vada non lederanno mai le loro persone), il più delle volte sembrano prese con la preoccupante spensieratezza di chi considera l’immediato un’orizzonte temporale più che sufficiente.
Leggendo l’articolo, viene spontaneo chiedersi come mai il Presidente espressione di un partito progressista, quale si vorrebbe quello Democratico USA, abbia adottato misure di carattere così marcatamente neo-cons.
L’attività di intercettazioni ambientali a suo danno, evocata nel testo, lascia trasparire la possibilità che egli sia stato oggetto di pressioni illecite. Senza arrivare a queste ipotesi, pure plausibili, basta considerare sia l’occupazione di posti chiave – e quindi l’influenza – che i conservatori riescono comunque ad assicurarsi nell’apparato governativo di Washington, allora come oggi; sia, allora come oggi, l’attività delle lobbies, le cui risorse mediatiche e finanziarie consentono loro un potere di condizionamento difficilmente contrastabile.
Ma a queste spiegazioni di carattere esterno, va aggiunto anche il fenomeno psicologico che Lakoff ha definito “cattura cognitiva”.
Per una sorta di cortocircuito logico, la caduta dell’Unione Sovietica ha sanzionato non solo il fallimento del Comunismo ma anche il trionfo del Capitalismo, ormai promosso a sistema “naturale” e quindi unico possibile. L’affermazione del neo-liberismo come ideologia egemone, lungamente preparata, ebbe dal crollo del Muro un abbrivio potente, e sotto Clinton era già diventato pensiero unico, cioè unica interpretazione autorizzata della realtà. Non per niente è all’inizio degli anni ’90 che Fukuyama elabora il suo concetto di “fine della storia”.
La “cattura cognitiva” di cui parla Lakoff è il risultato di un processo in cui il pensiero progressista ha gradualmente assimilato gli schemi cognitivi conservatori, accettandone, anziché confutare, i presupposti su cui basare il confronto e quindi disattivando di fatto il proprio sistema di valori.
La sinistra italiana ne è eloquente esempio.
Di seguito l’articolo tradotto, il cui testo originale è disponibile a questo indirizzo. Fra parentesi quadre le mie osservazioni.
Rodrigue Tremblay: Tre cruciali decisioni di Bill Clinton
“Ho detto, nel 1936, che il problema non era il patto della Società delle Nazioni, ma prima di tutto le questione della moralità internazionale… La Carta delle Nazioni Unite esprime benissimo le aspirazioni più nobili dell’uomo: il rifiuto di ricorrere alla forza per regolare i conflitti fra Stati; la difesa dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza. sesso, lingua o religione; salvaguardia della pace e della sicurezza nel mondo“. Hailé Sélassié (1892-1975): discorso all’ ONU, 6/10/1963.
“La bellezza della legge Glass-Steagall, dopotutto, è semplice: le banche non dovrebbero speculare con i depositi bancari garantiti dallo Stato. Anche un bambino di sei anni lo capirebbe…“. Luigi Zingales, A capitalism for the people, 2014.
“Oggi il Congresso americano ha votato una legge che ringiovanirà le regole che hanno retto i servizi finanziari dalla Grande Depressione, rimpiazzandole con un sistema degno del XXI secolo… Questa storica legge permetterà alle imprese americane di partecipare pienamente alla nuova economia“. Lawrence Summer, Segretario del Tesoro americano, 12/11/1999.
“Siamo coscienti che l’adesione alla NATO di una Germania unificata solleva complesse questioni. Per noi, tuttavia, una cosa è certa: la nato non dovrebbe estendersi all’Est“. Hans-Dietrich Genscher, Ministro degli esteri tedesco, il 10/2/1990, a conferma di una promessa fatta alla Russia che la NATO non si sarebbe estesa all’Est.
“Penso che sia l’inizio di una nuova Guerra Fredda. Penso che i russi poco a poco reagiranno molto negativamente e ciò si ripercuoterà sulle loro politiche. Penso che sia un grave errore. Non c’era ragione perché ciò accadesse… Denota una flagrante mancanza di comprensione della storia russa e della storia sovietica. Certamente ci sarà una reazione negativa da parte della Russia e [i fautori dell’espansione NATO] diranno che vi avevano avvisato che i russi sono fatti così. – ma è semplicemente falso“. George F. Kennan, diplomatico americano, esperto della Russia (1998, dopo il voto del senato americano per l’espansione della Nato alla Polonia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca.
Un nuovo libro americano sostiene che gli uffici del presidente Clinton furono messi sotto ascolto a vantaggio del governo israeliano e del suo primo ministro Netanyahu. Il libro spiega anche come Netanyahu ha potuto servirsi delle registrazioni legate allo scandalo sessuale del presidente americano per persuaderlo a liberare la spia israeliana Jonthan Pollard, arrestato nel 1985 con l’accusa di spionaggio. In realtà, tutto indica che le attività israeliane di spionaggio siano una prassi abituale negli Stati Uniti e non solo.
E’ comprensibile che l’americano medio non apprezzi l’idea di un Presidente americano e altri ministri del suo governo siano messi sotto ascolto e ricattati da parte di un paese straniero. A questo si aggiunge la recente scoperta che la CIA, che opera in stretto coordinamente con il Mossad israeliano, ha spiato i senatori americani, in violazione delle leggi e della costituzione americane.
Tutto questo porta a considerare più attentamente certe decisioni prese dall’amministrazione Clinton, quindici anni fa, le cui conseguenze sono tutt’ora operanti.
Ci sono tre grandi crisi in corso oggi le cui origini possono essere ricondotte ai suoi mandati (1992-2000), in particolare alle decisioni prese durante il secondo. La gente ha la tendenza a dimenticare questioni del genere, e preferisce concentrarsi sull’attualità. Spesso tuttavia ciò che succede sotto i nostri occhi si è preparato nel corso di diversi anni, per svilupparsi molto tempo dopo che gli iniziatori hanno abbandonato la scena politica. Quello che l’amministrazione Bush ha fatto e quello che fa oggi l’amministrazione Obama non sono che il seguito delle politiche implementate da Clinton.
1) La guerra del Kosovo e la marginalizzazione dell’ONU – 1999
Il caos che deriva dalle numerose guerre in corso oggi nel mondo, in violazione diretta della Carta delle Nazioni Unite, è dovuto in gran parte al precedente del Kosovo, invocato da Clinton per lanciare gli USA in una guerra “umanitaria” contro la Serbia.
L’obiettivo delle Nazioni Unite è proclamato solennemente dal preambolo della Carta: “Noi, popoli della Nazioni Unite, decisi […] a salvare le future generazioni dal flagello della guerra […] e per tali fini […] assicurare, mediante l’accettazione di principi e l’istituzione di sistemi, che la forza delle armi non sarà usata, salvo che nell’interesse comune[…]“.
Come Ban Ki-Moon ha ricordato, la Carta delle Nazioni Unite, sottoscritta da tutti i paesi membri, stabilisce che “l’utilizzo della forza è legale solo in caso di legittima difesa [contro un attacco armato] o con l’autorizzazione [ufficiale] del Consiglio di Sicurezza dell’ONU“. Si tratta di Diritto internazionale, e la Carta dell’ONU è la base stessa di questo diritto.
Il capitolo VII della Carta vieta espressamente ogni guerra che non sia condotta per mantenere o ristabilire la pace internazionale (art 42) o per legittima difesa, sia individuale che collettiva (art 51). Non esistono eccezioni per guerre “preventive” e/o “umanitarie” o per qualunque altro tipo di guerra d’aggressione.
Tuttavia, nel 1998 e 1999, il governo democratico di Clinton decise unilateralmente di intervenire nella guerra del Kosovo, senza un mandato esplicito del Consiglio di sicurezza, sostituendo per la prima volta la stretta legalità con l’argomento arbitrario ed extra-giudiziario della legittimazione politica per ragioni “umanitarie” e per la salvaguardia dei “diritti umani”. Ciò, senza nemmeno l’autorizzazione da parte del Congresso americano, dal momento che l’amministrazione Clinton ritenne che un ricorso alla NATO era sufficiente per giustificare l’intervento militare (in questo caso costituito da soli interventi aerei [con utilizzo di base e spazio aereo italiani, autorizzato dal governo d’Alema]).
Quella del Kosovo è stata definita come “la prima guerra fondata su valori”, ed ha aperto il vaso di Pandora delle guerre facoltative, in opposizione al quadro giuridico internazionale della Carta.
Da quell’intervento, che avallava l’intervento militare unilaterale per motivi umanitari, questo genere di guerra d’aggressione è diventata più una questione politica che legale, perché i grandi paesi [o meglio: l’unica grande potenza insieme ai suoi satelliti] possono decidere una guerra a seconda della loro specifica visione di “interesse nazionale”. In altre parole, il mondo è tornato a un’epoca antecedente al 1945, cioè prima della creazione dell’ONU, quando i paesi imperialisti potevano decidere di scatenare una guerra se stimavano loro interesse nazionale farlo.
La decisione dell’amministrazione clintoniana di privilegiare la NATO a svantaggio della Carta, segna l’inizio della marginalizzazione dell’ONU come quadro di riferimento giuridico per impedire le guerre. Questa marginalizzazione ha reso il mondo, di fatto, meno sicuro.
2) L’abrogazione del Glass-Stegal Act, 1999
Negli anni ’90 le più grandi banche americane lanciarono una costosa campagna pubblica (300 milioni di dollari) per l’abrogazione della legge bancaria in vigore dalla Grande Depressione degli anni ’30, conosciuta come Glass-Stegal Act. Questa importante legge del 1933 era il baluardo contro la speculazione finanziaria, perché impediva alle grandi banche di speculare con i depositi bancari assicurati dallo Stato. Più precisamente, rendeva illegale ogni collegamento tra banche d’affari – specializzate nella sottoscrizione speculativa di valori mobiliari – e banche commerciali autorizzate alla raccolta del risparmio.
L’influente lobby dei banchieri americani, alcuni dei quali occupavano posti strategici nell’amministrazione Clinton (come Robert Rubin, già vice-presidente della Goldman Sachs e all’epoca Ministro delle finanze), sosteneva tuttavia che dai tempi della Grande Depressione le cose erano cambiate, e che i vincoli imposti dalla legge sulle loro attività impedivano la creazione e la vendita di nuovi prodotti finanziari, non solo negli Stati uniti ma in tutto il mondo, pregiudicando la loro competitività internazionale.
All’inizio Clinton si mostrò riluttante all’idea di abolire una legge che per tanto tempo aveva efficacemente impedito il ripetersi di abusi bancari come quelli che si erano verificati prima della Grande depressione. Tuttavia enormi pressioni politiche, interne ed esterne, lo costrinsero alla fine a firmare l’atto che modificava quelle regole, il 12 novembre 1999, il Gramm-Leach Bliley Act. La nuova legge permetteva la fusione fra banche commerciali, banche d’affari, società mobiliari e compagnia d’assicurazione senza che la SEC (Security and Exchange Commission) o qualunque altro organismo di controllo avesse il potere di regolamentare i nuovi soggetti.
Le super-banche e le grandi compagnie assicurative non persero tempo ad approfittare della nuova de-regolamentazione. Nuove strutture finanziare alla “Ponzi” apparvero come in passato, quale era logico attendersi.
I nuovi giganti finanziari si presentarono con innovativi prodotti – i “derivati” – che alla lunga si sono rivelati altamente tossici e hanno scatenato la crisi finanziaria dei subprimes del 2007-2008.
Oggi sappiamo che quella crisi ha comportato perdite di reddito e patrimonio di svariati miliardi di dollari per le famiglie americane, e forzato il governo americano a sovvenzionare con centinaia di miliardi le super-banche per evitarne il fallimento.
Il risultato è stato un enorme trasferimento di ricchezza dalla popolazione in generale al settore bancario, nonché l’indebolimento dell’economia americani per diversi anni a venire.
3) La violazione dell’impegno NATO
Come la dichiarazione del ministro tedesco Genscher conferma, è comunemente ammesso che dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia, all’inizio degli anni ’90, e dopo la riunificazione tedesca, era inteso – se non altro in termini di impegno implicito – che la nato non avrebbe approfittato della nuova situazione per circondare militarmente la Russia allargandosi verso l’Est. Per esempio, nel corso di un incontro tra il Segretario di stato James Baker e il Ministro degli esteri tedesco Genscher, il 10 febbraio 1990, i due convennero che non ci sarebbe stato alcun allargamento a Est della NATO.
Era questo il convincimento di Mikhail Gorbatchev, ancora presidente dell’URSS, quando affermava di avere ricevuto l’assicurazione che la NATO non si sarebbe allargata verso l’Est “di un solo pollice”. L’ambasciatore americano a Mosca dell’epoca, Jack Matlock, ha confermato pubblicamente che Mosca aveva ricevuto un “impegno chiaro” su questo punto. L’errore di Gorbatchev fu quello di prendere per buone le assicurazioni verbali dei politici occidentali anziché esigere un accordo più formale [o forse non era più politicamente in grado di esigerlo].
Rimane il fatto che gli impegni tennero qualche anno, fino a quando Clinton, in piena campagna elettorale, il 22 ottobre 1996 espresse l’auspicio di un allargamento della NATO alla Polonia, all’Ungheria e alla Cecoslovacchia. E’ stato Clinton, quindi, che in cerca di un vantaggio elettorale pensò bene di disattendere gli impegni del suo predecessore. Il seguito è noto. L’alleanza militare NATO, da essenzialmente difensiva, è stata trasformata in offensiva, sotto ancor più stretto controllo americano. L’espansione all’Est non si è fermata con la Polonia, l’Ungheria e la Cecoslovacchia, ma incorpora ora paesi come l’Albania, la Croazia, la Lettonia e la Slovenia, spingendo la propria struttura militare sino ai confini con la Russia.
I recenti tentativi di includere anche l’Ucraina non sono che il prosieguo di una politica aggressiva di espansione della Nato che mira a isolare la Russia.
E’ stato dunque Clinton, senza dubbio sotto l’influenza dei neo-conservatori americani, a soffocare la speranza che molti avevano di vedere i paesi occidentali approfittare di un “dividendo di pace” quale si prospettava con la fine della Guerra fredda e della minaccia sovietica.
Conclusione
Il disordine planetario di questo primo scorcio di secolo, la crisi finanziaria 2007/2008 che ha devastato migliaia di persona [e quella economica conseguente, che sta tuttora devastando intere popolazioni e di cui ancora non si vede la fine], il ritorno inatteso della Guerra fredda: tre fenomeni del nostro tempo la cui origine risale alle miopi decisioni di breve periodo prese dal governo Clinton negli anni ’90.
I mediocri governi americani di Bush e Obama non hanno fatto altro che spingere più avanti, peggiorandole, le politiche disastrose implementate all’inizio da quella amministrazione. Una realtà di cui gli storici dovranno tenere conto per capire la logica degli eventi che hanno portato al caos attuale.
Siete sicuri che queste siano state “politiche disastrose”? Per noi e per la civilta’ europea sicuramente si’, ma per l’elite americana magari sono un successo. (I russi poi, se si sono fidati, sono stati MOLTO ingenui).