L'Italia è una colonia?
di ANTONELLA RANDAZZO (scrittrice e ricercatrice)
Il sospetto che l’élite egemone economico-finanziaria si sia appropriata del nostro paese sotto tutti i punti di vista e che lo stia guidando verso il baratro, è venuto persino al Financial Times, che in un articolo del 16 marzo 2006 scriveva che “L’Italia sta seguendo la stessa strada dell’Argentina verso la rovina”. L’autore dell’articolo, Richard Perle, è un esponente dell’estrema destra americana e un accanito sostenitore di George W. Bush, quindi è difficile credere che voglia mettere in cattiva luce l’élite dominante.
Il paragone fra l’Italia e l’Argentina nasce da considerazioni finanziarie, precisamente dalla scelta italiana di assumere l’euro come propria valuta, pur essendo il paese condannato ad avere un’economia debole, a causa delle scelte di politica economica effettuate dai governi, che tendono ad avvantaggiare il capitale straniero piuttosto che lo sviluppo del paese, come accade in una colonia. Anche l’Argentina, agganciando la propria valuta al dollaro, si trovò a fare i conti con una moneta forte, mentre la sua economia era in mani straniere. Ciò che accadde all’Argentina è noto.
Le aziende italiane sono state in gran parte rilevate dalle grandi corporation anglo-americane. Oggi l’Italia è il paese europeo meno competitivo, e che ha più aziende in mani straniere. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea stanno col fiato sul collo per controllare i pagamenti del debito, ignorando il livello di benessere o di povertà dei cittadini italiani. Infatti, pur di esigere i pagamenti, il Fmi non esita a chiedere tagli alla spesa pubblica (sanità, scuola, amministrazione, ecc.) e ulteriori privatizzazioni, peggiorando le condizioni del paese.
Lo scopo principale del Fmi (dobbiamo ricordare che esso è un istituto finanziario controllato dai banchieri anglo-americani) è quello di impoverire i cittadini italiani, in armonia con ciò che già, nel 1998, svelava Zbigniew Brzezinski, nel suo libro La grande scacchiera: il primato americano e i suoi imperativi geostrategici. L’eccessivo benessere dei paesi dell’Europa occidentale, secondo Brzezinski, era un grave ostacolo, poiché tale livello di ricchezza era più elevato rispetto a quello della media dei cittadini americani, ed essendo l’Europa considerata un protettorato americano, ciò risultava inammissibile[1]:
L’Europa ha una posizione fondamentale di fortezza geostrategica per l’America. L’Alleanza Atlantica autorizza l’America ad avere influenza politica e peso militare sul continente … se l’Europa crescesse, questo beneficerebbe direttamente l’influenza americana … L’Europa Occidentale è in larga misura un Protettorato americano e i suoi Stati ricordano i vassalli e i pagatori di tributi dei vecchi imperi… L’Europa deve risolvere il problema causato dal suo sistema di redistribuzione sociale che è troppo pesante e ostacola la sua capacità di iniziative.
L’Europa doveva essere indebitata e impoverita affinché il dominio statunitense potesse imporsi su tutta l’Eurasia. Occorreva con urgenza impoverire i ceti medi, e ciò è avvenuto in Italia anche a causa della Legge Biagi, che legalizza lo sfruttamento lavorativo. Il resto lo fecero il sistema bancario, le dittature imposte al Terzo mondo (che hanno costretto milioni di persone ad offrire manodopera semischiavile, abbassando il costo del lavoro e smantellando il sistema dei diritti, frutto di lotte politiche e sindacali), e le privatizzazioni, promosse dal Fmi.
Le campagne mediatiche menzognere fanno credere che il Fmi e la Bce tengano alla “stabilità” del paese, o alla “competitività” delle aziende italiane, mentre è l’esatto opposto: vogliono tenere in scacco l’intera economia del paese, strozzandola con il debito e rendendola poco competitiva attraverso varie strategie. I nostri politici, anziché cercare di contrastare il potere del Fmi, lo assecondano, e lo propagandano come giusto e autorevole, mostrando così che l’Italia è soggiogata anche politicamente al potere straniero, come una colonia.
In molti modi (privatizzando, non tutelando i prodotti italiani, accettando di pagare i diritti di signoraggio, foraggiando le società private, ecc.) i nostri governi operano per la distruzione economica e finanziaria del nostro paese, e non per il nostro benessere e per i nostri valori. Il livello di povertà nel nostro paese è aumentato dal 6,5% della popolazione degli anni Novanta, all’11,7% del 2001, fino al 12% del 2005.[2] Le riforme neoliberiste imposte all’Italia dal Fmi hanno sottratto ricchezza alla classe media e inferiore, per arricchire l’élite già ricca, come dimostra l’analisi fatta dalla Banca d’Italia nel periodo 1989/1998:
Il 10% delle famiglie più povere aveva il 2.7% del reddito totale nel 1989, mentre nel 1998 questa quota è scesa al 2%. Il 10% delle famiglie più ricche ha invece incrementato la propria quota dal 25.2% al 27.5%. L’incremento dell’indice di Gini, in 9 anni, è stato pari all’11%… piccoli incrementi (decrementi) dell’indice di Gini provocano enormi aumenti (diminuzioni) del divario tra il più povero e il più ricco dell’insieme.[3]
Oggi circa il 20% delle famiglie più ricche possiede oltre la metà del reddito del paese, mentre il 20% delle famiglie italiane povere possiede soltanto circa il 6%. Ciò spiega perché le famiglie ricche italiane, come i Benetton, i Pirelli e i Falck, siano così accondiscendenti alla colonizzazione dell’Italia: ciò garantisce loro maggiore ricchezza e privilegi.
Un paese risulta soggetto al dominio coloniale quando non è padrone del proprio territorio e non sceglie liberamente la propria organizzazione politica ed economica. I diritti degli indigeni coloniali sono subordinati agli interessi della potenza dominante, che si erge al di sopra delle leggi. Le autorità dei paesi coloniali esigono ingenti pagamenti, come accade con le banche titolari del nostro debito, che impongono alle nostre autorità di elaborare una finanziaria annuale per pagare il debito.
Il debito è in realtà una forma di tassazione imposta dalle banche, architettata in modo tale che i cittadini credano di aver ricevuto qualcosa da dover pagare, mentre invece si tratta di una tassazione di tipo coloniale, cioè creata per impoverire i cittadini e arricchire il sistema di potere. Il debito imposto all’Italia è talmente alto che nel 2002 equivaleva ad un terzo del debito pubblico complessivo di tutti i paesi dell’Unione Europea (che era di 4707,7 miliardi di euro). Nonostante le manovre finanziarie che hanno dissanguato il paese, nel gennaio 2007 il debito era ancora di 1.605,4 miliardi. Non sarà mai estinto, affinché l’Italia possa rimanere in eterno assoggettata all’élite bancaria.
Le finanziarie hanno anche l’obiettivo di stanziare denaro per la partecipazione alle guerre del paese dominante, e nell’ultima finanziaria il governo ha aumentato tali spese a 20,354 miliardi di euro, che è una somma altissima per un paese che non ha nemici e ufficialmente non è in guerra. Si comprende tale spesa soltanto se si pensa che ogni paese sottomesso ad un potere coloniale è obbligato a partecipare alle spese militari del paese imperiale. Gli italiani pagano il 41% del costo di stazionamento delle basi americane, si tratta complessivamente di 366 milioni di dollari all’anno.[4]
Proprio come una colonia, subiamo un’occupazione militare e siamo anche costretti a pagarla. Dagli anni Cinquanta, l’Italia è sotto controllo militare statunitense, attraverso 113 basi militari, che ospitano almeno 60.000 soldati. Gli Usa hanno potere sul nostro territorio, a tal punto che non sono obbligati nemmeno a precisare l’ubicazione delle loro basi o le attività che si svolgono all’interno. Ciò viola gli articoli 80 e 87 della nostra Costituzione, che dovrebbero proteggere la sovranità nazionale su tutto il territorio dello Stato.
Diverse basi militari sono dotate di missili a testata nucleare, e l’accordo “Stone Ax” prevede l’uso delle armi nucleari da parte di soldati italiani autorizzati dalle autorità americane. Dunque, non soltanto le autorità statunitensi hanno potere sul territorio italiano come fosse una loro colonia, ma concludono accordi segreti che obbligano i soldati italiani a mettersi a loro servizio, come una truppa coloniale. L’accordo Stone Ax (“Ascia di pietra”) è un accordo di cui il Parlamento non ha mai avuto modo di discutere, poiché è stato concluso segretamente fra Roma e Washington. Con questo accordo, che risale agli anni Cinquanta ma è stato rinnovato dal governo Berlusconi, l’Italia diventa uno degli avamposti per la futura guerra nucleare.
In Italia, le testate nucleari sarebbero 90 soltanto ad Aviano e a Ghedi, e alcune di esse hanno una potenza dieci volte maggiore della bomba sganciata ad Hiroshima. La presenza di armi nucleari sul suolo italiano è illegale in base alla legge n. 185 del 9 luglio 1990, che vieta la fabbricazione, il transito, l’esportazione e l’importazione di armi chimiche, biologiche, e nucleari. L’articolo 1 comma 7 della legge dice: “Sono vietate la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione ed il transito di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la ricerca preordinata alla loro produzione o la cessione della relativa tecnologia. Il divieto si applica anche agli strumenti e alle tecnologie specificamente progettate per la costruzione delle suddette armi nonché a quelle idonee alla manipolazione dell’uomo e della biosfera a fini militari”. In base a questa legge, le autorità italiane che hanno rinnovato l’accordo Stone Ax dovrebbero essere processate.
Le nostre autorità, soltanto nel marzo del 2005, in seguito ad un’interrogazione parlamentare, hanno ammesso la presenza di armi nucleari in Italia, senza però contemplare in nessun modo la possibilità di sottoporre il problema alla popolazione, data la gravità, oppure di avere il dovere di chiarire da quando, dove e perché ci sono queste armi sul nostro suolo. È come se i cittadini italiani non potessero avere alcun controllo sulle questioni militari, e se a ciò si aggiunge che essi non hanno alcun potere sulle questioni finanziarie ed economiche del paese, si può dire che la loro condizione è simile a quella del suddito sottomesso ad un potere che non accetta alcuna limitazione.
I cittadini italiani vengono convinti di avere potere politico, in quanto alle elezioni possono scegliere fra “destra” e “sinistra”, ma quando essi chiedono che venga rispettata concretamente la loro volontà (ad esempio nel caso della Tav o della base di Vicenza), si scatena un putiferio mediatico e politico, per evitare di concedere il benché minimo reale potere. Dalle basi americane ubicate in Italia, sono partiti missili per operazioni di guerra offensive, come nel caso della Jugoslavia e dell’Iraq, in spregio all’articolo 11 della nostra Costituzione che “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, e all’insaputa della popolazione. Inoltre, i soldati americani, quando commettono violenze, abusi o omicidi, sono impunibili dalla nostra giurisdizione, e quindi non pagano per i crimini, dato che la loro giurisdizione li assolve quasi sempre. o per l’utente. Svendere i beni pubblici non significa soltanto impoverire il paese (che perde i profitti delle aziende vendute ed è anche costretto a finanziarle), ma anche indebolire il governo. Ad esempio, il Ministro per lo Sviluppo economico [in carica dal maggio 2006 al maggio 2008, ndr] Pier Luigi Bersani ha propagandato come importante la sua riforma che eliminava il costo di ricarica delle schede telefoniche, senza dire però che il governo non aveva alcun potere di impedire che la cifra della ricarica venisse reinserita mediante l’aumento delle tariffe.
Nel giro di pochi giorni, alcune società telefoniche cambiarono i piani tariffari, in modo tale da garantirsi gli stessi introiti che avevano in precedenza. Questo è un chiaro esempio di come le privatizzazioni sottraggono denaro e potere all’intera comunità, costringendo i cittadini a sottostare allo strapotere delle società private. Se i nostri ministri dovessero davvero difendere gli interessi dei cittadini, contro le corporation e le banche, sarebbero immediatamente richiamati all'”ordine” dalle autorità dell’Unione Europea e da quelle statunitensi.
La privatizzazione della Telecom, avvenuta nell’ottobre del 1997, permise ad un gruppo di imprenditori e banche di impadronirsi dell’azienda, e al Ministero del Tesoro rimase soltanto il 3,5%. Il piano per il controllo di Telecom era stato progettato dalla Merril Lynch, dal Gruppo Bancario americano Donaldson Lufkin & Jenrette e dalla Chase Manhattan Bank. Dopo dieci anni dalla privatizzazione, il bilancio era disastroso sotto tutti i punti di vista: oltre 20.000 persone erano state licenziate, i titoli azionari avevano fatto perdere molto denaro ai risparmiatori, i costi per gli utenti erano aumentati e la società era in perdita.
I danni per la privatizzazione di Telecom non sono stati soltanto di natura finanziaria, ma anche relativi alla qualità e alla sicurezza del servizio. La privacy dei cittadini non è in alcun modo tutelata, e gli scandali degli ultimi anni lo hanno provato. Oggi l’azienda è ridotta male, e i titoli azionistici oscillano. Tre grandi banche, Morgan Stanley, Goldman Sachs e Ubs, possono far salire o scendere qualsiasi titolo, avendo nelle mani il 70% del credito speculativo mondiale, e potendo diffondere notizie che condizionano il comportamento degli investitori. Manovrando il valore delle azioni, si condiziona l’andamento dell’azienda, e ciò consente ai grandi colossi bancari di preparare il terreno per appropriarsene, come sta accadendo anche con Alitalia.
[1] nBrzezinski Zbigiew, La grande scacchiera: il primato americano e i suoi imperativi geostrategici, Longanesi, Milano 1998.
[2] Fonti: World Economy 2001, Banca Mondiale, dati Istat.
[3] Bilanci famiglie Italiane 1989/1998, Banca d’Italia, “I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 1989 e 1998”, Roma, pp. 36-53. http://www.deiricchi.it/index.php?docnum=35. Dati consultabili sul sito www.bancaditalia.it.
[4] La Repubblica , 6 febbraio 2007.
Fonte: http://www.disinformazione.it/italia_colonia.htm
Interessante. Aggiungo un argomento sulla decadenza dello Stato italiano a colonia. La legge 107 con cui Renzi-Giannini hanno riformato la scuola conferisce ai presidi più poteri non perché debbano elevare il livello didattico della scuola italiana ma perché ne facciano un centro di propaganda in favore della UE, e soprattutto la finalizzino all’aumento della mobilità del fattore lavoro. Cancellata la cultura italiana, la legge richiede lo sviluppo delle abilità di base dell’EMIGRANTE: lingua inglese PARLATA (ad vocem ‘CLIL’), informatica (ad vocem ‘animatore digitale), esperienza lavorativa (ad vocem ‘scuola-lavoro’) – il resto (grammatica, letteratura, matematica, fisica) non serve, dunque è rimesso all’arbitrio delle scuole che possono determinare autonomamente i programmi. In altre parole, i poteri dei presidi (che sono strettamente dipendenti dal MIUR) hanno una precisa funzione: cancellare la libertà costituzionale d’insegnamento, per cancellare la tradizione scolastica italiana, per annullare l’Italia nella UE. Poiché la UE segue i disegni ordo-liberali della Germania autorizzati dagli Stati Uniti, si potrebbe anche pensare che la 107 sia stata dettata direttamente dai dirigenti tedeschi (sull’ispirazione germanica della legge il ministro Giannini non ha mai fatto misteri) per avere lavoratori qualificati a basso costo dall’Italia senza pagare i costi della loro formazione. Cos’altro aspettarsi da un partito che dichiara apertamente di aver sempre fatto gli interessi dell’Europa (recte: UE), anziché quelli dell’Italia? Da politici che invece di rispondere al popolo delle loro scelte lo educano secondo una ‘vision’ e una ‘mission’ dettata loro dalla ‘Weltgeschichte’?
Molte basi militari sono state installate con accordi in forma semplificata, ossia senza autorizzazione alla ratifica da parte del Parlamento, come prescrive L’art. 80 Cost.
Sì, l’Italia è una colonia, ecco perchè:
a) lo si desume dall’originale in inglese del trattato di pace della II guerra mondiale dove sta scritto “resa incondizionata” e non “armistizio” come nel testo italiano;
b) non ha una moneta propria: l’Euro è della BCE Spa, la Lira era della Banca d’Italia Spa, due banche private (unica presenza riconducibile allo stato nella BdI sono Inps e Inail per circa 4,6%);
c) alla stesura della Costituzione in Italia si usavano le AM Lire (moneta di occupazione Usa) e non si scrisse nulla a proposito della moneta da usare per non mettere in crisi il rapporto con le forze di occupazione, ergo la Costituzione è un bellissimo costrutto che non considera la moneta, è un fucile senza cartucce, un’auto senza carburante;
d) da 70 anni chi si oppone a questa colonizzazione viene eliminato (Mattei, Olivetti, Moro, Edoardo Agnelli…);
e) non esistono “servizi segreti deviati” ma “in linea” con la volontà di chi comanda;
f) nonostante le apparenze la Germania non è messa meglio: non ha mai firmato nessun trattato di pace perchè prima era divisa in due parti poi, con la riunificazione, nessuno si è “ricordato” di siglare la pace e quindi, da brava nazione perdente, segue pedissequamente le direttive dei vincitori.
Vae victis
(Tito Livio, Annales, V, 48)
Non è vero che la Costituzione non preveda nulla sulla moneta. I Costituenti intesero “costiuzionalizzare” la riforma del 1936, prevedendo, nell’art.47, una riserva di repubblica in materia di disciplina coordinamento ed esercizio del credito.
Comunque, il discorso è troppo generico, quindi fanatico. Esistono margini utilizzabili oggi, se avessimo una classe dirigente e i margini in passato furono molto ampi: la Costituzione non prevede alcun istituto “statunitense” e noi non andavamo in vietnam, cambogia o altrove a combattere a fianco degli usa. Avevamo poi una politica distensiva con i paesi arabi. E tramite i vincoli alla circolazone dei capitali e gli svariati monopoli pubblici o privati protetti paravalizzavamo liberamente la concorrenza internazionale.
Sono veramente prospettive da abbandonare: fanatiche nell’analisi fino a supeare la verità (vedi l’affermazione sulla moneta) e ad accomunare condizioni storiche nelle quali la dipendenza è stata molto ma molto differente per intensità ed estensione ; perciò diseducative del popolo: diseducative nei confronti della concretezza, della pazienza, della sottigliezza; e votate all’inazione o all’impotente anelito tastierista e consumerista alla “rivoluzione”.
Per carità. A torto o ragione qui siamo convinti di viaggiare su un altro pianeta.
E’ vero, non ci sono cospirazioni maximae. C’è un impero mondiale in decadenza che rotola lungo un piano inclinato e un’umanità decadente che si lascia rotolare perché è la cosa più semplice e comoda da fare.
Fare i satelliti ha tanti vantaggi. Vorrei vedere cosa direbbero i sinistrati che si stracciano le vesti per il lecchinaggio nei confronti del conquistatore di turno, se dovessimo andare a fare guerre in Africa e in Medio Oriente in prima persona per difendere i nostri approvvigionamenti energetici. Chi non vuole servire deve combattere.
I nostri approvvigionamenti energetici li potremmo avere dalla Russia senza combattere.