La genesi del Partigiano
di CARL SCHMITT
Il punto di partenza delle nostre riflessioni sul problema del partigiano è la guerriglia che il popolo spagnolo condusse, fra il 1808 e il 1813, contro l’esercito di un invasore straniero. In questa guerra si scontrarono per la prima volta un popolo – preborghese, preindustriale e preconvenzionale – e un esercito regolare, moderno, ben organizzato, uscito dalle esperienze della Rivoluzione francese. Con ciò si aprirono nuove prospettive di guerra, si svilupparono nuove concezioni in tema di strategia, e nacquero nuove teorie intorno alla guerra e alla politica.
Il partigiano combatte da irregolare. Ma la distinzione tra combattimento regolare e irregolare dipende da una precisa definizione del “regolare”, e solo nelle moderne forme di organizzazione nate dalle guerre della Rivoluzione francese diventa una concreta contrapposizione e trova con ciò la sua formulazione concettuale.
Il partigiano della guerriglia spagnola del 1808 fu il primo che osò combattere irregolarmente contro i primi eserciti regolari moderni. Nell’autunno del 1808 Napoleone aveva sconfitto l’esercito regolare spagnolo. La vera e propria guerriglia cominciò solo dopo questa disfatta delle forze regolari. Fu un insieme di circa duecento piccole guerriglie locali – nelle Asturie, in Aragona, in Catalogna, in Navarra, in Castiglia, ecc. -, ciascuna guidata da un capo diverso il cui nome è avvolto nella leggenda.
Questa guerriglia fu condotta da entrambe le parti con una crudeltà inaudita, e non c’è da meravigliarsi che sia stato dato alle stampe più materiale di interesse storico da parte dei colti afrancesados – i filofrancesi, autori di libri e memorie – che da parte dei guerriglieri. Secondo Clausewitz, in Spagna era spesso di stanza la metà di tutti gli effettivi militari francesi, e la metà di questi, dunque all’incirca 250.000-260.000 uomini, erano spesso tenuti in scacco dai guerriglieri, il cui numero è stimato da Gomez de Arteche intorno ai 50.000, e da altri intorno a una cifra di gran lunga inferiore.
La situazione del partigiano spagnolo del 1808 è caratterizzata prima di tutto dal fatto che egli si impegnava nella lotta solo sul proprio ristretto territorio, mentre il suo re e la famiglia di quest’ultimo non sapevano ancora con certezza chi fosse il vero nemico. Da questo punto di vista, il legittimo governo allora non si comportò, in Spagna, diversamente da quanto accadde in Germania.
Caratteristico della situazione spagnola, inoltre, è che gli strati colti della nobiltà, dell’alto clero e della borghesia erano profondamente afrancesados, e dunque simpatizzavano con lo straniero occupante. Anche sotto questo aspetto emergono paralleli con la Germania, dove il grande poeta tedesco Goethe compose inni che glorificavano Napoleone, e dove l’intelligencija non riuscì mai a farsi un’idea chiara e definitiva di quale dovesse essere la sua effettiva posizione.
In Spagna il guerrillero rischiava il tutto per tutto in una battaglia senza speranza, era un povero diavolo, un primo esemplare di quegli irregolari che sono carne da cannone nei conflitti internazionali. Tutto questo forma come l’ouverture di una teoria del partigiano.
[da Teoria del partigiano, 1963; trad. it. Adelphi, 2005]
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