Appello “no green pass” dei docenti universitari: intervista a Fabrizio Nesti
di ROBERTO CIUFFINI
Sta facendo molto discutere, da un po’ di giorni (anche se questa settimana, sui giornali, se n’è parlato molto meno), l’appello firmato da oltre 700 docenti universitari italiani per dire “No al Green pass”.
Secondo i firmatari – tra i quali figurano sia docenti di discipline umanistiche che scientifiche: tra loro, anche lo storico Alessandro Barbero – il provvedimento è discriminatorio e introduce surrettiziamente l’obbligo vaccinale senza la piena assunzione di responsabilità da parte del governo.
Nell’elenco, aggiornato all’11 settembre, ci sono anche 7 tra professori e dottorandi dell’Università dell’Aquila. Uno di loro è Fabrizio Nesti, professore associato di fisica teorica al Dipartimento di Scienze fisiche e chimiche, al quale abbiamo rivolto alcune domande.
Professore, la ministra dell’Università Messa, commentando l’appello, ha affermato: “Bisogna pensare agli altri in questo momento e non a se stessi. Capisco che uno possa pensare che questa sia una lesione della propria libertà individuale, ma esiste una libertà collettiva che ha prevalenza”. Cosa risponde a queste parole?
L’argomento della ministra (e non solo suo): che si possa ledere la libertà individuale per salvaguardare una libertà collettiva, avrebbe un minimo fondamento se il vaccino fornisse immunità sterilizzante, cioè prevenisse in maniera significativa il contagio (come accade per i vaccini standard). Detto da una autorevole ministra che ricordiamo è medico e ricercatore di livello internazionale, questo argomento dovrebbe chiudere la questione. Purtroppo però questo non pare supportato da evidenza empirica o scientifica.
Anzi, da mesi vi sono evidenze in senso contrario di contagio da/tra vaccinati, sono già usciti studi scientifici che dimostrano equivalente contagiosità dei vaccinati, e allo stesso tempo non vi è neppure evidenza che i vaccinati si contagino meno. Come sappiamo lo studio alla base dell’autorizzazione di emergenza ha soltanto verificato la protezione contro malattia, utile ai soggetti a rischio, mentre manca un’analisi doppio cieco della protezione contro l’infezione anche asintomatica. A supporto di questi punti ci sono ormai decine di evidenze internazionali, varie pubblicazioni, conferme da colleghi ed ammissioni anche da parte di eminenti esperti e consulenti del governo.
In più c’è evidenza che le protezioni da vaccino declinino in un tempo dell’ordine dei mesi.
Lo scenario che risulta è che l’accesso con GP pone a rischio anche i docenti vaccinati da tempo, che si troveranno senza saperlo parzialmente scoperti e infettabili da parte di utenti (studenti e docenti) vaccinati e ignari di essere contagiosi.
Anche l’argomento del “riaprire in sicurezza” è quindi infondato, e con questo tutto l’impianto del pass.
Desiderando in queste condizioni una politica di limitazione del contagio, l’unico modo sembrerebbe una procedura di test rapido periodico, magari salivare, su tutti gli utenti. Strategia peraltro sperimentata con successo all’Università di Padova.
Il sito di fact checking “Pagella politica” ha confutato alcune affermazioni fatte nell’appello, in particolare quella relativa alla presunta incostituzionalità del green pass e il passaggio in cui viene citato il Regolamento Ue 953/2021. Sostiene il sito, citando un dossier redatto dal Servizio studi del parlamento, che ci sono pronunciamenti della Corte Costituzionale che stabiliscono che una legge che impone un trattamento sanitario «non è incompatibile con l’art. 32 della Costituzione se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri». Quanto al regolamento Ue, Pagella Politica afferma che la parte citata nell’appello “non proviene da un articolo del regolamento europeo, ma solo da un considerando (il numero 36) che non ha effetti giuridici vincolanti. Anche al di là di questo, il regolamento si occupa di libertà di circolazione dei cittadini europei: un’eventuale non discriminazione dei non vaccinati andrebbe considerata limitatamente a questo ambito”.
È possibile ma non molto rilevante. A me, da cittadino, basta leggere tra le considerazioni iniziali “È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate … anche per scelta.”, e lascerei la questione di eventuale applicabilità degli articoli 3.6-7 su movimenti interni o internazionali ai giuristi in sede opportuna, che immagino non mancherà. Riguardo alla Costituzione, è certo che prevede l’obbligo, da giustificare come tutte le leggi. Se in questo caso si intende giustificarlo col bene comune, ebbene questo deve essere motivato, scientificamente, cosa che non pare vista la non immunità di cui sopra. I costituenti in particolare nella persona di Aldo Moro furono ben chiari nel discutere i limiti da porre ad eventuali trattamenti obbligatori, memori dei tempi bui precedenti.
Nell’appello è scritto che il green pass “estende, di fatto, l’obbligo di vaccinazione in forma surrettizia per accedere anche ai diritti fondamentali allo studio e al lavoro, senza che vi sia la piena assunzione di responsabilità da parte del decisore politico”. Se il governo dovesse introdurre, con una legge, l’obbligo di vaccinazione per tutti, il problema secondo lei sarebbe risolto? Le argomentazioni a sostegno della vostra posizione a quel punto sarebbero superate?
In parte. Di certo cesserebbe l’ipocrita violenza di usare come arma di pressione e ricatto quei diritti (lavoro, istruzione, e ora salute) che da Costituzione dovrebbero essere garanzie a fondamento della società e della sua coesione. Invece, l’uso che se ne sta facendo, ora pure esteso a tutte le categorie di lavoratori, pare fatto apposta per dividere e lacerare il tessuto sociale.
Un eventuale obbligo discusso in Parlamento, che ha sicuramente i mezzi per dare motivazioni di ordine scientifico, etico e giuridico, avrebbe più senso democratico. Mi pare tuttavia che non ci siano gli estremi, sia per quanto scritto sopra, sia per il fatto che la sperimentazione di fase 3 terminerà solo nel 2023. Si riporta pure sconcerto nella comunità scientifica per l’approvazione americana basata sui dati parziali.
Crede che sull’obbligatorietà del green pass manchi un dibattito serio?
Sì. Io a lezione insegno agli studenti, oltre che le nozioni, anche a pretendere da me come esperto le motivazioni verificabili a loro supporto. Se accettassero senza prova che la terra è tonda dalla mia autorità, un domani accetterebbero che è piatta, se lo dicesse un altro “esperto”. La ricerca della motivazione è la base del metodo scientifico e direi anche della cittadinanza, e tradirei me stesso se non applicassi questo principio anche fuori dall’aula. L’onere della prova sta quindi all’istituzione: non basta dire “per riaprire in sicurezza”, non basta l’assunzione di responsabilità, la democrazia chiede una giustificazione, possibilmente scientifica. Altrimenti all’autorevolezza si sostituisce l’autoritarismo. E insieme allo spettacolo indecente di esperti e commissari che hanno detto tutto e il suo contrario, viene mortificata la fiducia nelle istituzioni, scientifiche e civili, fornendo tra l’altro terreno fertile a ipotesi le più strampalate. Insomma si chiede più scienza, più razionalità, e più responsabilità, non meno.
Tra poco in Univaq inizieranno le lezioni, che saranno tutte “prioritariamente” in presenza. Lei personalmente, come intende regolarsi, farà lezione in aula?
Io come richiesto dall’Ateneo farò lezione in presenza, che costituisce una forma di didattica assolutamente più efficace e motivante. E d’altra parte sarebbe pure sbagliato far ricadere sugli studenti i costi di una situazione gestita molto male a livello nazionale. A distanza di un anno non si è intervenuti dove servivano pesanti investimenti: sulla sanità territoriale e di prossimità, sui trasporti, sull’edilizia e sul personale scolastico, su trial di farmaci promettenti, su un’industria farmaceutica nazionale etc… puntando su un’unica strategia fallace, che nega la conoscenza pregressa, cioè che con questi tipi di virus si deve necessariamente convivere, lavorando su più fronti: vaccini prevenzione e cure.
Alcuni docenti firmatari dell’appello, come Alessandro Barbero, hanno ricevuto insulti e minacce. È capitato anche a lei?
No. Al contrario, ho ricevuto pure attestati di stima per telefono. Credo che ci sia una condivisione dei principi di base di quell’appello che va molto al di là del numero di firmatari.
FONTE: news-town.it [18.9.2021]
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