Il capitalismo è un fenomeno storico
di GABRIELE GERMANI (Pagina FB)
Il capitalismo è un fenomeno storico, il fatto che non si riesca a pensare nulla al di fuori non implica sia eterno.
Capitalismo non è solo l’esistenza del processo di accumulazione della ricchezza o l’estrazione di questa dal lavoro, quanto l’estrazione di questa non a fini conservativi o di prestigio, il reinvestimento per un’ulteriore accumulazione. Il capitale viene reinvestito per ottenere altro capitale: è al contempo mezzo e fine del processo economico.
Possono essere esistiti aspetti capitalistici o singole aziende, individui o mentalità capitalistiche in epoche tradizionalmente considerate pre-capitalistiche, ma questo non cambia l’assetto generale di quelle società.
Il capitalismo è dunque comparso nel mondo europeo e nelle sue appendici, gradualmente, attorno al ‘600.
Esso ha coinciso con l’abolizione graduale dei vincoli feudali e di schiavitù dove diventava prevalente.
Il capitalista vuole essere svincolato dal legame con la manodopera. I servi della gleba o gli schiavi erano legati da rapporti rigidi, potenzialmente eterni e inter-generazionali al padrone, il capitalista invece preferisce avere accesso a lavoratori licenziabili, preferibilmente precari e dunque con scarso potere di contrattazione.
Il capitalismo necessita di una massa fissa di persone espulse in pianta stabile o temporanea dal mercato del lavoro.
Altro aspetto centrale (e che contraddice le iniziali valutazioni sul capitalismo e che ci deve far rivedere alcuni concetti classici, come quello di “proletario” immaginato da Marx) è la razionalità economica dei singoli individui.
Nella stragrande maggioranza delle società note, gli individui non calcolano la propria ricchezza individualmente, ma all’interno del nucleo familiare o domestico.
In altre parole, la ricchezza viene messa in comune tra uno o più individui, talvolta legati dal vincolo di convivenza.
Nella società europea odierna prevale la famiglia mononucleare, ma la ricchezza viene sempre valutata attorno alla produzione del nucleo, non del singolo.
Il lavoro si divide poi in quello che la società percepisce come redditizio o produttivo, cioè che genera un reddito da lavoro, e quello non redditizio, ma necessario (l’accudimento dei figli, la pulizia della casa, la cucina e talvolta persino la produzione di beni da autoconsumo non destinati al circuito economico, ma che sostengono la famiglia: chi taglia la propria legna o coltiva un piccolo orto).
Qui vi è una prima contraddizione rispetto l’analisi marxista classica; questa attendeva una tendenza del capitalismo per una sempre maggiore proletarizzazione della società.
Aspetto invece minoritario nella realtà storica. Il capitale ha sempre preferito contesti in cui i redditi domestico-familiari permettessero ai lavoratori l’accettazione di un salario più basso.
Tra un lavoratore povero (dunque legato alla necessità di un salario corposo) e un lavoratore meno povero, il capitalismo ha prosperato nei contesti di secondo tipo, in cui il salariato poteva accettare uno stipendio più basso perché tutelato dalle entrate complessive del nucleo economico comunitario.
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