Niger: evitare la guerra su larga scala
da PICCOLE NOTE (Davide Malacaria)
Alta tensione in Niger, che potrebbe diventare il catalizzatore di una nuova guerra su grande scala in Africa occidentale. Dopo il colpo di Stato che ha deposto il presidente Mohamed Bazoum e il passaggio del potere ai militari, si contano i giorni che mancano alla scadenza dell’ultimatum dell’Ecowas (la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale), che ha dato sette giorni di tempo ai militari per ripristinare il governo precedente.
Un ultimatum nel quale, oltre a minacciare sanzioni, si è ventilato anche l’intervento armato, un’opzione catastrofica per il Paese e l’intera regione. E che peraltro scatenerebbe una nuova e più massiva ondata di migranti verso l’Europa.
Golpe in Niger e venti di guerra nel Sahel
Probabile che l’Ecowas abbia recepito le pressioni in tal senso della Francia, che si è vista scippare dalle mani l’ennesima ex colonia, dalla quale preleva l’uranio necessario alle sue centrali atomiche (sul punto pubblicheremo una nota specifica).
Anche Parigi, infatti, aveva minacciato di intervenire a sostegno del presidente deposto, ma, deve aver soppesato con maggior lucidità i costi umani e politici dell’opzione per ripiegare su un più indiretto intervento dell’Ecowas, che riunisce i Paesi africani che soggiacevano al dominio francese. Parigi, peraltro, ha dalla sua parte gli Stati Uniti, che vedono con irritazione i militari saliti al potere cercare l’appoggio di Mosca.
Un eventuale intervento armato dell’Ecowas aprirebbe il vaso di Pandora, dal momento che Mali e Burkina Faso sono scesi in campo in favore dei militari di Niamey, dichiarando che un intervento contro il Niger equivarrebbe a una dichiarazione di guerra nei loro confronti.
Non è un caso che questi due Paesi siano così determinati a difendere Niamey, dal momento che anche in questi Stati negli ultimi anni sono andati a segno golpe (rispettivamente nell’agosto del 2021 e nel gennaio 2023) che li hanno allontanati sia dalla Francia che dall’Ecowas. Per questo temono che un redde rationem in Niger possa preludere ad analoghe iniziative nei loro confronti.
Non solo Mali e Niger, anche la Guinea, Paese membro dell’Ecowas, si è detta contraria sia all’imposizione di sanzioni contro il Niger che a un intervento armato, dissociazione che potrebbe preludere ad altre nell’ambito dell’organismo.
Ma, ancora più importante, a opporsi in maniera netta all’opzione militare è stata l’Algeria, che, pur manifestando il suo sostegno al presidente deposto, ha chiesto una soluzione pacifica della crisi.
Dichiarazione importante sia per il peso specifico del Paese nell’area interessata, sia perché arriva in concomitanza della visita del Capo di Stato Maggiore algerino – uomo forte del Paese – a Mosca, durante la quale si è incontrato con il ministro della Difesa Sergej Shoigu, il quale ha promesso aiuti militari ad Algeri.
Di fatto, la dichiarazione algerina, che ricalca la posizione di Mosca riguardo il golpe di Niamey, suona come un niet all’intervento armato dell’Ecowas, che a questo punto, se davvero si concretizzasse, rischierebbe di coinvolgere diversi Paesi africani e i rispettivi sponsor internazionali.
Resta che, al contrario di Mosca, che di fatto ha chiesto un negoziato con i golpisti, la Francia, gli Stati Uniti e l’Ecowas sono stati durissimi nei loro confronti, chiedendo loro semplicemente di ripristinare lo status quo. Cosa impossibile da accettare perché, al netto di altre considerazioni, sanno perfettamente che la loro sorte sarebbe segnata.
Il retaggio della guerra libica
A gettare benzina sul fuoco il primo ministro nigerino Ouhoumoudou Mahamadou, che durante il colpo di Stato si trovava in Francia, nella quale è rimasto bloccato a causa della chiusura delle frontiere del suo Paese.
In un’intervista all’Associated Press ha dichiarato che il golpe crea un pericoloso precedente, che potrebbe avere un effetto domino negli altri Paesi dell’Ecowas, nei quali potrebbero registrarsi rivolgimenti analoghi.
“Il Niger è un paese chiave in termini di sicurezza per il resto dell’Africa”, ha aggiunto, “ma anche per il resto del mondo”. Dichiarazioni che riecheggiano quelle usate per la guerra ucraina (fermare la Russia per evitare che conquisti l’Europa, le sorti del mondo dipendono da quelle ucraine etc).
Resta che quanto sta avvenendo è un retaggio della guerra libica, scatenata da Stati Uniti, NATO e partner per rovesciare Gheddafi, il quale aveva messo in guardia, giustamente, sul fatto che la sua politica panafricana era l’unico reale baluardo al dilagare dell’estremismo islamico.
Parole profetiche, dal momento che l’estremismo islamista si è moltiplicato esponenzialmente dopo la sua caduta, sia in Libia che nella regione del Shael.
D’altronde, che il conflitto libico avesse tale inevitabile sviluppo era inscritto nelle dinamiche stesse dell’intervento occidentale, dal momento che i “liberatori” hanno operato in combinato disposto con le milizie dl al Qaeda, che hanno agito come truppe di terra della Nato (sul punto, rimandiamo a un puntuale studio di Alan J. Kuperman, docente alla lbj School of Public Affairs di Austin, Texas, pubblicato sul National Interest).
I militari nigerini andati al potere hanno dichiarato che la loro iniziativa dipendeva proprio dall’incapacità/indifferenza del governo precedente rispetto all’estremismo islamista, che sta destabilizzando il Paese.
Al di là delle considerazioni di merito e al di là dei possibili sviluppi, resta che chi ha causato tale catastrofe, cioè l’Occidente, oltre a dovere delle doverose scuse alle popolazioni libiche e del Sahel (che non sono mai arrivate), non hanno alcun titolo per asserire di essere in grado di risolvere un problema da essi stessi creato 12 anni fa e mai affrontato in tutti questi anni, come evidenzia in maniera plastica la destabilizzazione permanente della Libia.
N.B. nella foto di apertura i presidenti di Mali e Burkina Faso Goita e Traore che hanno dichiarato che difenderanno il Niger da qualunque iniziativa militare volta contro l’attuale regime di Niamey.
FONTE: https://www.piccolenote.it/mondo/niger-evitare-la-guerra-su-larga-scala
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