Roma: “A me i settanta rom qui non mi cambiano la vita”
di CONTROPIANO
C’è la ragione ma anche la forza nel ragazzo che a Torre Maura ha affrontato i fascisti di Casa Pound precipitatisi a strumentalizzare la vicenda di una settantina di rom ospitati in una struttura nel quartiere.
Torre Maura è uno dei nuovi quartieri popolari della periferia est sorti dall’abusivismo di necessità sulla via Casilina. E’ la via consolare che viene e che porta in Ciociaria e poi in Campania. Migliaia di persone emigrarono nella Capitale alla ricerca di lavoro, soprattutto nell’edilizia. In molti usavano il trenino che veniva da Fiuggi. Arrivati nella campagna alla periferia della città cominciarono a costruire alloggi di fortuna potendo contare sulla propria perizia di muratori, maiolicari, ferraioli. Prima delle baracche poi delle case “abusive” che vennero sanate negli anni ‘70 dalla Giunta comunale di sinistra (Petroselli prima, Vetere poi).
Torre Maura è un quartiere a ridosso del Grande Raccordo Anulare e tagliato in due dalla via Casilina dove oggi al posto del trenino sfreccia sottoterra la Metro C. Le strade di entrambi i lati del quartiere hanno i nomi degli uccelli. Anche il centro che doveva ospitare i rom, dopo aver ospitato dei migranti, è in via dei Codirossoni (un passeriforme della famiglia Muscicapidae) a ridosso del Raccordo Anulare. Nello stesso lato di Torre Maura ci sono le case popolari.
Ma da sempre nel quartiere ex abusivo ma “sanato”, non ci sono i marciapiedi, la congestione è totale, le case sono basse o con palazzine al massimo di cinque piani. Torre Maura è periferia, anzi è diventata quasi prima periferia, perché subito dopo il Raccordo Anulare inizia la sterminata “nuova periferia” (Giardinetti, Torre Gaia, Tor Bella Monaca, Villaggio Breda) e poi i consorzi, e poi ancora le borgate della Borghesiana e di Finocchio dove, appena prima, c’è l’impianto dei rifiuti dell’Ama di Rocca Cencia andato a fuoco pochi giorni fa. Da lì inizia la zona dei vigneti che annuncia i Castelli Romani.
Questo territorio è il VI Municipio, quello con tutti, ma proprio tutti, gli indicatori di disagio sociale più alti di Roma. Sulla mappa del Comune, questo territorio è segnato con il rosso fisso.
Torre Maura è solo la porta di questa immensa periferia in cui il degrado sociale, urbanistico, ambientale, viene interrotto solo dalle “isole” dei consorzi, i cui presidenti e comitati di quartiere sono diventati, nel tempo, uno dei poteri forti meno noti ma, sul piano elettorale, tra i più influenti della Capitale.
In questa periferia da sempre si accumulano le soluzioni d’emergenza decise dalle autorità. Centri di accoglienza o campi rom che siano. Mai una volta, a nostra memoria, che si sia cercato di condividere preventivamente queste soluzioni con gli abitanti del territorio.
Ma se in passato quartieri come Torre Maura erano parte integrante della “cintura rossa”, negli anni questa identificazione – e la conseguente coesione sociale – si è via via sbiadita ed è stata “incattivita” dal boom dell’impoverimento sociale che, come spiegato prima, da questi parti non ha confronti con il resto della città.
L’arrivo dei rom nel centro di via dei Codirossoni ha reso il terreno facile ai tentativi che da tempo i gruppi neofascisti stanno facendo per inserirsi in questo territorio. Torre Angela è al di là del Raccordo Anulare e poco più in là c’è Tor Bella Monaca dove le incursioni di Forza Nuova e della Lega sono state finora rintuzzate, nel primo caso anche dovendo ricorrere alle maniere forti.
Chi conosce questi quartieri, la sua gente e la sua esasperazione, sa che non c’è niente di più semplice. Basta magari che qualche manina dal Comune ti avvisa che quel giorno “arrivano i negri” o “arrivano i rom” e soffiare su un fuoco sempre in attesa di bruciare diventa un gioco da ragazzi. Come noto sia Casa Pound che Forza Nuova, grazie ai tanti soldi di cui dispongono, hanno a disposizione un congruo numero di attivisti a tempo pieno da mobilitare rapidamente sui vari quadranti critici della città.
Quando sono stati affrontati a Tiburtino III, si è scoperto che diversi fascisti provenivano da Ostia ed altri quartieri. Ed anche il ragazzino di Torre Maura che affronta il caporione di Casa Pound, Antonini, alla fine non può che chiedergli: “Io sono di qua, di Torre Maura, ma tu da dove vieni?”. Ed è questa identità, più territoriale che politica. a fornire la ragione e la forza a quel ragazzino che spiega come “a me queste settanta persone che stanno qui non mi cambiano mica la vita. Se nel quartiere mancano i servizi mica è colpa dei rom”.
Perchè l’arrivo dei rom non rompe un equilibrio, aggiunge solo un altro problema a quelli già esistenti e diventati spesso insopportabili.
Ma mentre la soluzione ai problemi del brusco impoverimento sociale non appaiono a portata di mano, i rom sono lì, visibili, vicini, appunto, a portata di mano. E siccome i rom li hanno mandati le autorità, la rabbia contro gli incolpevoli rom diventa il pretesto per far arrivare un grido inascoltato alle autorità, che decidono, spostano, organizzano ma non si confrontano mai, preventivamente, con la gente di quei territori. Prima di spostare, insediare etc, è proprio impossibile convocare prima una assemblea con gli abitanti e spiegare le necessità, le possibilità, le soluzioni? Sarebbero indubbiamente assemblee tumultuose, ma creerebbero condizioni diverse, isolerebbero gli strumentalizzatori, darebbero agli abitanti il senso della loro importanza nelle decisioni da adottare.
Invece pare quasi che, consapevolmente (e in alcuni casi sappiamo che è così) o inconsapevolmente (e qui l’ottusità burocratica/legalitaria dei nuovi amministratori è desolante), si vogliano creare le condizioni affinché la rabbia dei poveri si debba rappresentare sempre e solo attraverso la lotta contro altri poveri e mai contro i ricchi e le istituzioni responsabili del degrado delle periferie e dell’impoverimento sociale.
Abbiamo molto da imparare dal ragazzino di Torre Maura. Ne dobbiamo recuperare la ragione, ma anche la forza, per riconsegnare agli abitanti delle periferie il senso e la voglia del riscatto sociale. Per farlo sono necessarie entrambe.
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