La vittoria della coalizione di destra, capeggiata dall’attuale (e anche futuro) primo ministro Benjamin Netanyahu, è pressoché certa. Secondo l’esperta autrice e giornalista attualmente Fellow presso il Jerusalem Center for Public Affairs, Fiamma Nirenstein, i risultati attuali manifestano il sentimento realista della popolazione israeliana. Ecco perché.
Cosa rivela questo esito?
Israele sta premiando l’incredibile quantità di benefici che i tredici anni di Netanyahu alla carica di primo ministro hanno portato allo Stato. Stiamo parlando di un Paese minuscolo che si presenta con 42mila dollari di pil pro capite e un tasso di disoccupazione praticamente inesistente. Fondato in un contesto geografico privo di petrolio, nonché circondato da stati nemici, Israele si ritrova oggi ad essere tra le economie più importanti al mondo, primo Paese per numero di start up, con un investimento di oltre il 4% del Pil totale in ricerca, una crescita media annua del 3% e una rete di relazioni internazionali che conta anche diverse Nazioni che per decenni avevano manifestato ostilità nei confronti di Gerusalemme. Insomma, i cittadini di Israele hanno capito che Netanyahu ha cambiato il modo in cui il resto del mondo si rivolge a Israele. Russia e Stati Uniti sono attualmente le nazioni più vicine a Israele, ma il dato più incredibile è la capacita del Pm di aver stretto relazioni molto forti con numerose nazioni del Sud America, dell’Africa, e, ovviamente, arabe.
Donald Trump e Vladimir Putin, che in numerose arene internazionali sono rivali, hanno entrambi trovato in Netanyahu un alleato valido. Quanto è importante questo per Israele?
Donald Trump, e in generale gli Stati Uniti, sono il principale alleato di Israele. Il leader americano, a partire dallo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme, con il riconoscimento di quest’ultima come capitale, fino al riconoscimento ultimo della sovranità israeliana sul Golan, passando per l’uscita di Washington dall’Accordo sul Nucleare Iraniano, ha dimostrato di avere a cuore la sicurezza di Israele. Trump e Netanyahu condividono visioni comuni su una pluralità di argomenti, tra cui il pericolo che rappresenta l’imperialismo iraniano in Siria. Putin, invece, che pure collabora con Teheran, sostiene l’importanza per Israele di avere un confine sicuro con la Siria; da questo punto di vista Netanyahu ha sempre dialogato molto con Mosca, e quest’ultima ha sempre permesso ad Israele di avere le “meni libere” per combattere le incessanti provocazioni iraniane (e di Hezbollah). Inoltre, recentemente l’esercito russo ha riportato in Israele le spoglie del soldato Bauman, scomparso 37 anni fa durante la guerra in Libano. Un gesto molto importante che catalizza la solidità delle relazioni tra Russia e Israele.
Gantz e la coalizione Bianco-Blu ha comunque ottenuto un elevato numero di seggi, a differenza dei laburisti che invece contano uno dei risultati peggiori della storia. A cosa è dovuto il successo di Gantz?
Gantz, nonostante abbia svolto una campagna terribilmente aggressiva sul fronte giudiziario, non ha mai accusato Netanyahu di essere un guerrafondaio, o di aver creato un’escalation sul fronte palestinese. Mentre, infatti, i partiti più progressisti accusano Netanyahu di non agire in nome della pace, l’ex capo di Stato Maggiore ha visto e riconosciuto non solo i tentativi di Netanyahu di tendere una mano ad Abbas, ma anche l’impegno a non scatenare una guerra contro Hamas nonostante la pioggia di razzi provenienti da Gaza e diretti sulle case degli israeliani. Anche sulla questione Iran, Gantz sembra aver assimilato una posizione pragmatica ma comunque molto dura nei confronti delle mire espansionistiche della Repubblica Islamica, di fatto non allontanandosi troppo dall’inflessibilità di Netanyahu sull’argomento. Teheran, come commentato anche alla presenza dell’Aipac, rappresenta una minaccia prioritaria anche per il partito Bianco-Blu. Un’altra ragione a cui si deve il successo di Gantz è la spinta populista e anti-establishment, catturata soprattutto dal forte utilizzo della componente giudiziaria che ha caratterizzato questa campagna elettorale.
Cosa rappresenta Netanyahu per Israele?
Netanyahu è il Churchill israeliano: rappresenta il realismo puro, la moderazione conservatrice che è sapientemente riuscita a conciliare la priorità della sicurezza, con la volontà di restare uno Stato libero democratico. Per unire questi concetti solitamente contrapposti, è necessario essere una figura non solo rispettata ma anche lontana dalle utopistiche realtà dell’estremo pacifismo. Il leader del Likud, ad esempio, ha evitato l’acuirsi dell’escalation con Hamas nonostante le provocazioni di quest’ultimo, ma allo stesso tempo non è intenzionato a concedere neanche una piccola porzione di territorio alla guida palestinese. Il ritiro di Israele da Gaza del 2005 rappresenta un forte trauma per gli Israeliani, proprio perché nonostante la speranza di un futuro utopistico di pace, l’hanno lasciata nelle mani di Hamas.
Quali sono i pilastri delle politiche “interne” di Netanyahu?
Economia liberista, impegno nel campo delle assicurazioni pubbliche, occupazione (anche se ad oggi il tasso di disoccupazione è inferiore al 4%). Una delle problematiche più rilevanti dovute proprio a questa spinta nell’economia di mercato è il carovita: case costosissime a fronte di stipendi medi. La società è invece contenta per quanto concerne le scuole (il tasso di natalità altissimo con una media di tre figli a famiglia), la parità di genere, la sanità, e i diritti Lgbt.
Come proseguiranno i rapporti tra Italia e Israele?
Per quanto riguarda l’attuale governo italiano, la Lega è molto vicina a Israele. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini (ma anche il Sottosegretario agli Esteri Guglielmo Picchi) è venuto qui diverse volte, e durante l’ultimo viaggio si è detto intenzionato ad avere una struttura diplomatica a Gerusalemme. Ciononostante, l’altra parte dell’esecutivo con il Movimento Cinque Stelle, per motivi che non comprendo e di cui mi dispiaccio, non sembra voler assumere un atteggiamento molto positivo nei confronti di Israele. Mi auguro che questo possa cambiare.
Netanyahu, se avrà l’incarico di governo come previsto, supererà la longevità di Ben Gurion cme leader. La sua impronta sarà indelebile come quella del padre fondatore di Israele?
Ben Gurion è stata una figura di vitale importanza per Israele, un uomo con un coraggio inenarrabile perché ha affrontato il periodo di maggiore ostilità del mondo circostante nei confronti di Israele. Ha creato uno Stato dal nulla mentre i sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti arrivavano in cerca di un luogo dove vivere finalmente in libertà, ha dato il via al nuovo esercito, trasformato i deserti in campi coltivabili, inaugurato le università, Insomma, ha praticamente costruito una Nazione partendo solo da desertico fazzoletto di terra. Netanyahu sta ancora lavorando, ma quel che è certo è che la sua enorme intraprendenza nei rapporti internazionali ha cambiato il modo in cui il mondo guarda a Israele. Lascerà un’impronta positiva di lungo periodo, in particolare per quanto concerne le incredibilmente rivoluzionarie relazioni con i Paesi arabi, il boom di innovazioni tecnologiche, e i traguardi (primo su tutti l’approdo sulla Luna) in campo scientifico.
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