di VOCI DALLA GERMANIA
L’idea di una collettivizzazione dei mezzi di produzione lanciata dal leader dei giovani socialdemocratici Kevin Kühnert ha suscitato un’ondata di indignazione e ha riacceso il dibattito sulla disuguaglianza sociale. Ma se in Germania, dati alla mano, le 45 famiglie più ricche possiedono all’incirca quanto 20 milioni di famiglie, cioè la metà più povera della popolazione, è probabile che la situazione sia sfuggita di mano. Ne scrive Der Spiegel
(…) La domanda fondamentale in questo dibattito è di facile formulazione: quali rapporti di potere e di proprietà ha creato il capitalismo in Germania?
Alla domanda si può rispondere con le statistiche ufficiali e i calcoli degli economisti:
Distribuzione della ricchezza
“Ci sono persone che possiedono capitale e persone che lavorano per il capitale”, ha ripetuto Kühnert nella sua intervista a “Die Zeit” facendo riferimento all’elemento centrale della dottrina marxista. Coloro che dispongono di capitale possono farlo lavorare e non devono quindi occuparsi direttamente del lavoro. “Nella nostra società solo una piccola percentuale di persone ha questa libertà e la maggior parte delle persone non dispone di un patrimonio”, ha criticato Kühnert.
Se si guarda alla effettiva distribuzione della ricchezza, la formulazione del leader dello Juso (giovani socialdemocratici) sembra addirittura moderata: la disuguaglianza in termini di ricchezza in Germania è estrema. Secondo uno studio del Deutsches Instituts für Wirtschaftsforschung (DIW), in Germania le 45 famiglie più ricche possiedono all’incirca quanto 20 milioni di famiglie, vale a dire la metà più povera della popolazione.
(…) Per inciso, i patrimoni in Germania sono distribuiti in maniera molto piu’ disuguale rispetto ad altri paesi europei. Questo è dimostrato dal confronto con Spagna e Francia:
Per il loro studio i ricercatori del DIW hanno utilizzato i dati ufficiali della Bundesbank e della Banca centrale europea (BCE). Poiché questi dati descrivono i super ricchi in maniera molto schematica, gli economisti hanno fatto ricorso a un approccio che stimola la stessa BCE a correggere il proprio rilevamento dei dati: hanno integrato le informazioni con la lista sulla ricchezza di Manager Magazin.
Un sacco di soldi, un sacco di potere: i super ricchi
Chi guarda la lista dei ricchi stilata da Manager Magazin si fa rapidamente un’idea di dove si sta spostando la gran parte dei profitti delle aziende tedesche: nella ricchezza privata di pochi soggetti estremamente privilegiati.
Che a Kühnert durante l’intervista a “Die Zeit” sia stata espressamente fatta una domanda sulla collettivizzazione della BMW non è un caso: proprio in cima alla lista dei ricchi ci sono i fratelli Stefan Quandt e Susanne Klatten, che insieme, direttamente o indirettamente, possiedono il 46,8 % delle azioni ordinarie della casa automobilistica. Solo lo scorso anno, ai due sono andati 1,1 miliardi di euro di dividendi – patrimonio comune stimato: 34 miliardi di euro.
Anche le posizioni successive nella classifica della ricchezza sembrano confermare la distinzione fatta da Kühnert fra le persone che possiedono capitale e coloro che lavorano per il capitale. Dieter Schwarz (Lidl, Kaufland, un patrimonio stimato di 25 miliardi di euro), gli eredi Aldi (Sud 21,8 miliardi di euro, Nord: 17,5 miliardi di euro), la famiglia Schaeffler (17 miliardi di euro), Otto (13, 5 miliardi di euro), Porsche (12 miliardi di euro) e Klaus-Michael Kuehne (10,5 miliardi di euro) – ovviamente, non potrebbero disporre del loro enorme patrimonio senza il lavoro delle loro migliaia di dipendenti.
A parte poche eccezioni, questi super-ricchi in comune hanno una enorme influenza sulla politica aziendale. Determinano in maniera completa o almeno significativa la direzione strategica dell’azienda.
Possesso di azioni
Bene, almeno nelle società per azioni, ci sarebbe la possibilità di una “collettivizzazione” (come la chiama Kühnert). Una parte significativa della popolazione, tuttavia, dovrebbe essere azionista di queste società, anche se non sembra essere il caso della Germania.
Certo, il numero di azionisti è salito al livello più alto dalla crisi finanziaria. Ma sono ancora solo 10,3 milioni su 82,8 milioni di cittadini tedeschi – e in secondo luogo, in questo numero sono inclusi anche coloro che possiedono azioni all’interno di fondi azionari. Possono beneficiare del successo dell’azienda, ma non hanno voce in capitolo, perché non hanno il diritto di voto durante l’Assemblea generale annuale. In Germania, le persone che effettivamente possiedono azioni sono al massimo 4,5 milioni.
Ancora meno sono le persone che soddisfano l’ideale di Kühnert di un collettivo che ha voce in capitolo nella gestione dell’azienda in cui anche lavora: in Germania ci sono poco meno di 1,3 milioni di dipendenti azionisti.
Proprietà
Anche il leader della Juso considera quello abitativo uno dei problemi sociali più importanti del nostro tempo. Senza dubbio teme un esproprio della proprietà privata: anche secondo Kühnert, ifnatti, quello che è stato ottenuto con il proprio lavoro deve essere protetto. Ma guadagnarsi da vivere affittando lo spazio vitale ad altre persone, per Kühnert non è un modello di business legittimo: “se vogliamo essere coerenti fino alla fine, ognuno al massimo dovrebbe essere proprietario dello spazio in cui vive”.
Spazio abitativo: solo una minoranza possiede. Il resto affitta.
Attualmente, secondo l’Ufficio federale di statistica, in Germania meno di una famiglia su due (il 47,1 percento) possiede una casa o un terreno. Più della metà dei tedeschi vive in una casa in affitto – non poche di queste famiglie vivono in una delle abitazioni plurifamiliari con tre o più appartamenti, che a loro volta sono possedute solo dal 2,2% delle famiglie.
Conclusioni
L’attuale economia sociale di mercato tedesca ha portato a un livello di disuguaglianza estremo in termini di accesso alla proprietà, di potere e di opportunità, tipico di modelli di capitalismo molto più spinti. Kevin Kühnert per questa situazione non ha ancora sviluppato una soluzione coerente. Ma almeno se torna a parlarne.
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