Le disuguaglianze sociali hanno un impatto sulla salute?
di RAFFAELE VARVARA (FSI Milano)
Sì, le asimmetrie nella distribuzione del reddito hanno un impatto sulla salute. Lo dimostrano due epidemiologi inglesi, Wilkinson e Pickett. La conclusione dei due autori britannici appare per certi versi scontata, essendo la disponibilità di reddito il determinante della salute più importante, più della qualità dei servizi sanitari di un paese. La disuguaglianza sociale, conseguenza di una società estremamente polarizzata verso pochissimi contrassegnati dal segno + e tantissimi contrassegnati dal segno – , è la causa dei mali più atroci.
Dall’enorme divario tra ricchi e poveri all’interno di una società trasformata, in nome della competizione, in una moltitudine di atomi spaiati e inabissati nella propria individualità, consegue un peggior funzionamento della vita sociale e dello stato di salute. La mole di dati raccolti e analizzati tramite comparazioni statistiche tra i principali paesi sviluppati mette in discussione un dogma: siamo stati abituati a pensare (o ci hanno indotto a pensare) che la crescita economica ha l’effetto automatico di rendere una nazione più sana e più soddisfatta, ma in realtà non è così.
Infatti le scorie di questa organizzazione sociale, in termini di disuguaglianze, si ripercuotono sulla nostra salute psico/fisica, fino a condizionarne le relazioni interpersonali. Così si spiega l’aumento dell’incidenza dei disagi psichici (ansia e depressione rappresentano oggi la terza causa di disabilità e di suicidi di quasi un milione di persone), di obesità e di tossicodipendenze, condizioni scatenanti le patologie di domani. Ciò considerato, la salute, in quanto diritto fondamentale, DEVE essere al centro di tutte le decisioni politiche non solo sanitarie ma anche ambientali, industriali, sociali, economiche e fiscali.
Come? Innanzitutto distaccandosi da quei modelli di società considerate virtuose, imitate per fin troppi anni, vedi USA. Un cambiamento culturale, dunque, a cui deve fare seguito un radicale cambiamento politico, attuando strutturali politiche redistributive con l’obiettivo di perseguire una maggiore democratizzazione dell’economia attraverso, sostengono gli autori, la presenza di lavoratori nei CdA, l’aumento di imprese di proprietà dei lavoratori e di cooperative e imprese sociali, insieme a sistemi efficaci di tassazione progressiva.
Abbiamo già la nostra Costituzione ad indicarci la strada da seguire. Urge “soltanto” recuperare, rileggere e ricontestualizzare i principi costituzionali traditi dai trattati europei, dai quali… ci libereremo!
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