Incontrando il "popolo"
di ANTONIO GISOLDI (ARS Emilia-Romagna)
In seguito ad una serata trascorsa a volantinare in centro a Bologna con altri amici dell’ARS-FSI ho pensato di condividere con i lettori di “Appello al Popolo” qualche riflessione personale scaturita dal confronto col pubblico nel corso del volantinaggio.
Gli scambi avuti per strada, talora polemici ma sempre civilissimi, possono fornire qualche spunto di riflessione rispetto alle problematiche di comunicazione e propaganda delle nostre idee alla cittadinanza, per quanto l’intento prioritario dell’ARS-FSI non sia ancora, per il momento, la ricerca del consenso elettorale quanto più l’attrazione di intelligenze, il consolidamento organizzativo e l’auto-formazione di una classe dirigente. Eccovi dunque alcune riflessione “sparse”.
La disponibilità dei giovani incontrati a parlare di politica, seppure spesso al solo sentire nominare il termine ci si sia inizialmente trovati di fronte a facce schifate (e visti gli ultimi anni di vita politica nazionale non mi sento di giudicare la cosa troppo negativamente), è stata positiva, e non solo con studenti di materie sociali: ad esempio due ragazze impiegate nella scuola, dopo un’iniziale ritrosia – di carattere per l’appunto “antipolitico” – si sono mostrate interessate a confrontarsi proprio nel merito del loro campo di attività.
Ponendosi l’ARS-FSI come associazione politica “a tutto tondo” (che, per dire, non si occupa solo di questioni di sovranità monetaria), ho potuto constatare come “intercettare” subito l’ambito di vita e di interessi (nell’esempio precedente il lavoro nella scuola) dell’interlocutore e “colpirlo” con le proposte ARS-FSI nel merito sia un chiavistello importante per ottenerne il coinvolgimento (magari poi ricollegando il tutto al macro-scenario economico-politico da cui poi la maggior parte dei problemi ha origine).
Come sopra detto, abbiamo notato sovente la ritrosia ad affrontare argomenti di carattere politico, eppure una volta vinta l’iniziale diffidenza specificando la novità della proposta dell’ARS-FSI quelle stesse persone si dimostravano interessate ad approfondire almeno un minimo.
Credo che nel proporci alla cittadinanza questa ritrosia per riflesso quasi “pavloviano” vada messa in conto visto lo sfacelo della nostra classe politica negli ultimi anni; eppure, proprio su questo naturale “disgusto” si può fare, credo, leva, dal momento che la repulsione per la politica attuale è proprio uno dei motivi che hanno portato alla nascita dell’ARS, e questo costituisce un elemento di naturale identificazione tra “noi” e “loro”, ossia quelli che cerchiamo di attrarre verso le nostre proposte.
Proseguendo nell’attività di volantinaggio sono poi capitati altri episodi interessanti e soprattutto istruttivi, perché la reazione naturale dei cittadini che incontravamo è rivelatore delle perplessità e delle critiche che, almeno in prima battuta, chi non conosce la nostra proposta può muoverci e che, in un’ottica di divulgazione e propaganda, bisogna saper anticipare nel modo più rapido ed efficace possibile.
Un episodio interessante si è svolto in Piazza Maggiore dove due ragazze molto giovani (21 anni) hanno reagito alle nostre proposte in maniera direi tipica per una generazione cresciuta a pane e cosmopolitismo fasullo (e direi “consumistico”): di fronte alle critiche portate all’Unione Europea e all’odiosa gabbia che impone allo sviluppo e al benessere economico dei suoi stessi paesi membri le due hanno (con una certa aggressività devo dire) difeso in modo acceso l’importanza (astratta) di essere “uniti”, perché solo essendo uniti si posso fronteggiare giganti quali USA, Russia, Cina.
Le due ragazze “europeiste” hanno difeso a spada tratta il grande valore umanizzante e creatore di “solidarietà europee” di iniziative quali l’Erasmus per gli studenti (iniziative certo meritorie nel principio, se non fosse che si riducono in un gran numero di casi ad anni “sabbatici” in cui si studia poco – la promozione negli esami è quasi garantita – e si “fuma” e si beve molto) portandolo quale esempio sommo della bontà delle burocrazie europee che gentilmente lo elargiscono ai giovani d’Europa.
Inutile far loro notare che la “solidarietà” europea sta mostrando il suo vero volto nel trattamento da strozzino che la Troika sta riservando ai nostri “cugini” greci. Di fronte alla proposta di un recupero della sovranità nazionale in barba ai trattati europei per garantire sviluppo e benessere economici all’Italia le due ragazze hanno replicato che le istanze di giustizia sociale vanno presentate in sede europea, che a quest’organo sovranazionale bisogna rivolgersi, magari mettendosi d’accordo con gli altri europei scontenti.
Abbiamo dunque polemicamente loro chiesto se esista un “popolo europeo” che si senta tale e si senta solidale verso i suoi membri. La risposta, e qui devo dire che è una risposta rivelatrice rispetto all’effetto che decenni di comunicazione mass-mediatica globalizzante hanno avuto su generazioni di giovani occidentali (che pensano e desiderano sempre più in maniera identica), è stata che loro, ragazze ventenni, si sentono uguali ad un loro coetaneo tedesco e dunque si sentono “popolo”.
Quale riflessione trarne? Che hanno ragione ovviamente, perché è vero, loro e i coetanei tedeschi sono uguali, ma rispetto a cosa? Non certo rispetto alle strutture economiche da cui traggono il loro benessere e ai vincoli a cui sono sottoposti a livello internazionale, bensì rispetto ai loro desideri consumistici, al loro modo di vestire, di ascoltare musica, allo stile di vita a cui ambiscono e a cui i mass-media li hanno abituati, in altre parole sono uguali come consumatori, ma non come produttori di ricchezza e beneficiari di uno stato sociale!
Rispetto a quest’ultimo criterio di aggregazione essere tedeschi o italiani (o greci!) conta moltissimo (tra l’altro le loro pretese consumistiche sono subordinate all’accesso ad un adeguato potere d’acquisto, oggi sotto attacco proprio a causa delle storture economiche imposte dall’adesione all’UE e all’Euro, da cui l’evidente contraddizione nel loro, superficiale, modo di ragionare).
Credo che questo scambio di opinioni sia stato altamente istruttivo perché mostra come parole d’ordine quale “unione”, “multiculturalismo”, “assenza di confini” (tutti concetti bellissimi, almeno sulla carta) se unite ad una ignoranza dei meccanismi politici ed economici di fondo e conditi da un’ideologia globalista che ci vorrebbe tutti consumatori intercambiabili, diventano bastioni difficile da abbattere.
Come far capire efficacemente, nel loro stesso interesse, a quelle due ragazze che, così come esistono relazioni sentimentali “tossiche”, che nascondono legami sado-masochistici e limitativi dello sviluppo interiore di un individuo, così un’unione “pacifica” tra stati, “bella” sulla carta, può anche mascherare relazioni di oppressione e sfruttamento? (In realtà proprio questa metafora psicologica, nell’opinione di chi scrive, può avere una certa efficacia nel veicolare il messaggio di un’Unione Europea malevola per i suoi membri).
Seppure l’ARS-FSI, come sopra detto, in queste sue prime fasi abbia come obiettivo di consolidarsi e di radunare uomini e donne intelligenti e dallo spiccato senso critico (e dunque non facilmente turlupinabili), ci si dovrà evidentemente porre il problema di una propaganda efficace, di una opportuna strategia comunicativa.
Un altro episodio interessante l’abbiamo vissuto quando abbiamo consegnato qualche volantino al drappello di agenti di polizia di stanza in Piazza Maggiore, agenti che non abbiamo certo disturbato nelle loro mansioni, visto che il loro compito era semplicemente quello di tenere d’occhio la piazza.
Personalmente ho sempre avuto grande rispetto e ammirazione per il lavoro svolto dalle forze dell’ordine nella vita di un paese democratico e credo che tra i dipendenti pubblici non possa esserci categoria più interessata della loro (insieme alla forze armate), direi per ragioni di “vocazione”, all’interesse nazionale e alla sovranità che quell’interesse deve servire.
Mi è sembrato dunque naturale che l’ARS-FSI si promuovesse nei confronti di questa categoria professionale, anche perché, d’altra parte, un poliziotto o un militare sono prima di tutto cittadini (dunque sensibili alle proposte di politica alternativa) e obbediscono allo Stato e quello Stato difendono (anche se non sempre sanno avvedersi per tempo che quello Stato è sotto attacco, magari secondo modalità subdole e mascherate).
I poliziotti dopo un primo momento di meraviglia si sono dimostrati molto amichevoli e interessati a ricevere i nostri volantini, e mi ha fatto piacere quando uno di loro, forse notando la nostra “timidezza” iniziale, abbia tenuto a ricordarci che sotto la divisa c’è un ragazzo “proprio come voi”.
L’incontro avuto con i poliziotti mi ha indotto qualche riflessione. L’apertura, con l’attività di divulgazione e proselitismo, verso certe categorie “strategiche” della cittadinanza quali ad esempio studenti o professionisti nell’ambito economico-giuridico, impiegati presso il privato o il pubblico (come le sopra citate forze dell’ordine o militari), evidentemente puntando alle loro componenti più “intellettuali”, credo sia, a maggior ragione in queste prime fasi della vita dell’ARS-FSI, un obiettivo da privilegiare, in quanto è proprio tra queste categorie che vanno cercate le competenze e le vocazioni (rivolte alla gestione delle forze produttive e/o della res publica) utili per creare quell’intellighenzia che permetterà all’ARS-FSI di crescere e di maturare come forza capace di proporre efficaci politiche alternative.
Da non sottovalutare poi il contributo di informazioni di prima mano e non mediate da intermediari informativi (giornali, televisioni, siti internet magari poco informati se non addirittura disinformanti) che soci o simpatizzanti dell’ARS-FSI appartenenti a queste categorie particolarmente strategiche rispetto alla vita collettiva di un Paese possono fornire.
Le teorie economiche e sociali (attraverso il filtro delle quali “vediamo” la realtà sociale, in sé e per sé di fatto “inconoscibile”) sono infatti sempre e solo teorie e vanno sempre calate nelle realtà dei fatti della vita di un Paese, così che se da questi ultimi sono smentite esse vanno aggiustate in modo che non diventino un ostacolo alla formulazione di pratiche politiche ed economiche efficaci.
La conoscenza del Paese reale, ottenuta mediante il contatto diretto con chi vive e lavora nei gangli più importanti di un Paese, riveste dunque una particolare importanza per un’associazione come l’ARS-FSI che si propone un rilancio dell’Italia a partire dalle sue risorse reali, ingabbiate dalle scellerate politiche neoliberiste degli ultimi decenni.
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