Le misere e bugiarde ragioni interessate del regionalismo e il necessario occultamento della storia per affermare per altra via l’Unione Europea.
di Pasquale Laurenda
Non capisco le ragioni e il fine che spingono Pino Aprile a formulare le sue teorie storiche e sociali regionaliste. Principio con affermare che io sono calabrese, ma lo sono per norma giuridica, e non è conforme alla verità che il mio essere calabrese sia per ragioni di natura. Per motivi di natura però io sono sicuramente italiano, ma oltre che per natura in questo specifico caso lo sono anche per buona e giusta norma giuridica.
Se essere calabrese è un fatto imposto essere italiano è un fatto “necessario”, provo ad esprimermi meglio: italiano lo sono per verità, calabrese per imposizione.
Ragionamento sbrigativo ma spero pacifico e comprensibile. Io non sono madre lingua rigghitano (lingua romanza parlata a Reggio Calabria) sono madre lingua italiana e non potrei essere madre lingua calabrese semplicemente perché il calabrese non esiste. Mettere in dubbio questo, che a me sembra sempre più vero e sempre più pacificamente accettabile e anche facilmente verificabile attraverso fatti che provengono dall’esperienza o anche, per essere più rigorosi, verificabile su tutti gli studi che affrontano la questione delle lingue romanze, è difficilissimo. Contestare ciò, attraverso l’utilizzo di brandelli di fatti storici importanti o marginali che siano, che hanno riguardato il Risorgimento come la spedizione dei Mille o fatti estrapolati dalla guerra civile del sud Italia dopo la morte di Cavour – ad esempio i fatti della lotta al brigantaggio o il mancato sviluppo del sud (mi piace ricordare tra i protagonisti del Italia post unitaria sia ai servizi segreti che alle infrastrutture la presenza di Silvio Spaventa che non era lo zio di Guido Gozzano ma di Benedetto Croce quindi parliamo di meridionali) mi sembra argomentazione debole e molto fuorviante e a tratti pretestuosa al fine di creare un sentimento d’appartenenza apparentemente localistico, ma che porta in sé la chiara necessità di legittimare l’Unione Europea per altra via di quella popolare. Non bisogna mai dimenticare che l’Unione Europea nasce contro i popoli a favore del grande capitale finanziario. Per Pino Aprile, persona sicuramente buona e gentile, ma nemico inconsapevole della costituzione del ’48, io non sarei italiano ma calabrese, e questo perché l’italianità è un imposizione mano militare operata dai Piemontesi, ma io in quanto calabrese sono europeo perché l’Europa è un contenitore virtuoso di popoli regionalmente intesi. Per Aprile e per i regionalisti esiste ciò che non esiste e non esiste ciò che abbiamo da sempre davanti agli occhi. I popoli per i regionalisti non sono gruppi in senso largo, ma lo sono in senso strettissimo.
La nazione e la regione per questi pensatori necessariamente coincidono. Dunque Io che per legge sono calabrese ma prima lingua sono italiano e per seconda lingua sono rigghitano e la lingua di Reggio è una variante del siciliano-siciliano io secondo loro cosa sono? Siciliano, Calabrese o bisognerebbe creare una nazione per ogni variante dialettale? Per quanto riguarda la teoria sulla nazionalità vi rimando al libro di Marco Trombino “Italiani da sempre” che molto meglio dei neoborbonici chiarisce questo problema anche in modo definitivo. Tornando al regionalismo: secondo una teoria del genere quale è il parametro per stabilire chi è calabrese e chi no? Basta la residenza? Se servono elementi individuabili chiaramente come faccio a non confondere un reggino con un messinese o un “altocosentino” con un lucano? Poi sicuramente ogni regione è incasinata, le regioni sono invenzioni punto e basta. l’Italia esiste da un punto di vista geografico ma soprattutto da un punto di vista culturale; basta andare all’estero e incontrare un italiano e subito l’Italia e l’italianità diventano evidenti incontestabili. Una cosa di cui non sarei sicuro, e Aprile è certo è che l’Italia in quanto stato unitario abbia un mito fondativo. È accettabile un mito fondativo in assenza di storia e di fonti storiche ma soprattutto in completa assenza di una dottrina politica. I fatti che il mito mette insieme servono a sostituire l’assenza di fonti, teorie e certezze. A Pino Aprile individuare lo sbarco dei mille e farlo mito fondativo serve ad alterare la storia degradandola a memoria e inserire la dottrina politica che più gli torna utile. Personalmente trovo il regionalismo soprattutto quello revisionista e separatista una pericolosa bruttura. l’Italia non ha un mito fondativo, l’Italia ha un lavorio fondativo intellettuale lungo e pluridisciplinare; noi non siamo figli di un fatto ma siamo il prodotto di un disvelamento avvenuto per opera di poeti, pensatori, artisti, santi, marinai e maestri del lavoro. Padre fondatore è Petrarca quanto lo è Machiavelli e così via. Per l’Italia vale moltissimo l’idea e la percezione di se sia come idea che come e soprattutto Stato. I padri della patria sono tanti e in tanti tempi anche quelli più remoti dove veramente lì è necessario il mito come la storia di chi a questa penisola ha dato il nome. Senza però andare fuori dal discorso bisogna defenestrare il pensiero di Pino Aprile non per umiliare il tenero vecchietto ma per non avvelenare i pozzi dove dovranno abbeverarsi le future generazioni. È fondamentalmente sbagliato fare critica al processo unitario colpevolizzando Garibaldi e Vittorio Emanuele II, la questione italiana non si consuma a Marsala o nei fatti delle operazioni di polizia per sedare il malessere meridionale. La questione italiana è ancora in atto ed è una questione prodotta dal grande capitale al fine di reprimere la potenza del lavoro. I ministri e i funzionari del Regno erano anche meridionali e non operavano a tutela dei Piemontesi ma a difesa della grande proprietà terriera e finanziaria e chiamarla questione meridionale e non questione della mancata risoluzione degli squilibri dello sviluppo capitalistico” è stato più semplice. Evito inoltre, perché si è generalmente impreparati ma soprattutto tifosi, di aggiungere due questioni molto importanti e fondamentali nella questione dei padri della patria che sono lontane nel tempo ma alcuni protagonisti meritano il titolo di padre della patria e le questioni sono: il fascismo e Mario Monti, ma di ciò non mi spingo oltre perché non è questo il tempo di questi due grossi eventi. La questione meridionale o lo squilibrio del capitalismo è stata affrontata e risolta, checché Pino Aprile e altri meridionalisti continuano a lamentarsi è verità storica che la soluzione c’è è stata applicata e ha funzionato, ma per fare posto all’Unione Europea e permettere così ai pinoaprile di inquinare i pozzi l’abbiamo dismessa per norma giuridica. Di seguito posterò un video del Centro Studi per la Costituzione e la Prima Repubblica in cui Stefano D’Andrea spiega come nel trentennio glorioso la repubblica aveva posto fine al problema e vedrete come le teorie regionalistiche appariranno ciò che sono: ridicole e maligne.
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