Accade talvolta di dover dare qualche consiglio, in genere quando se ne è richiesti, ma qualche volta può essere utile darne anche di non richiesti. Mi scuseranno i ragazzi del movimento delle sardine se mi permetto di darne, più in ragione della mia età e dell’aver passato questo mezzo secolo ad osservare e commentare la politica (e qualche volta farla) che di chissà quale sapere. D’altra parte, liberissimi di ignorarli e non leggere neppure questo articolo. Sostanzialmente questi consigli si compendiano in uno: non rifate gli errori di chi vi ha preceduti.
Ed iniziamo da una lontana assonanza, quella con i girotondi. Una ventina di anni fa fu una novità interessante che prometteva, salvo poi squagliarsi senza lasciare traccia.
Il limite di origine fu il viscerale antiberlusconismo. Non che il Cavaliere non meritasse la più furibonda ripulsa, ma quando la protesta si esaurisce in un “anti” , poi il fenomeno si sgonfia in breve.
L’antifascismo –di cui l’anti berlusconismo fu effimera parodia- si preoccupò di riempire di contenuti positivi la sua lotta al fascismo e, alla fine, il risultato fu il compromesso costituzionale basato sull’incontro fra i diritti individuali di matrice liberale, quelli sociali di matrice socialista ed il solidarismo cristiano. Ed il cocktaill ha funzionato per mezzo secolo.
Ora va benissimo l’antisalvinismo, anche perché Salvini è molto peggio del Cavaliere, ma, anche in questo caso non ci si può limitare all’anti, anche se questo è un minimo comun denominatore più facile che non l’individuazione in positivo di una politica, ma quel che è facile oggi diventa il dissolvente di domani.
Farete un partito? Una lista? Un gruppo di pressione? Un movimento? Lo deciderete voi nei modi e nei tempi che sceglierete, ma tenete conto della “forza della corrente”.
Anche il movimento di Grillo iniziò rifiutando l’idea di farsi non dico partito (questo fanno finta ancora oggi di non esserlo) ma neppure lista comune con altri, e poi….
Il punto è questo. Ci sono due forze che vanno in questo senso: il successo di piazza e il vuoto di rappresentanza. Il successo è una forza che ti spinge (“ma se siamo in tanti, perché non scendiamo in lotta anche noi?” “se tanta gente ci segue, poi perché non dobbiamo dargli la possibilità di scegliere noi al posto di quelli che critichiamo?”).
Il vuoto di rappresentanza invece ti risucchia perché se manca qualcuno che rappresenti certe istanze e certi bisogni, poi la gente si rivolge a te chiedendoti di farlo.
Questo momento per voi potrebbe arrivare molto prima del previsto: il 28 gennaio sera. Se dovesse vincere il candidato della sinistra, una bella fetta di elettori lo attribuirebbe alla vostra mobilitazione ed inizierebbe a pensare che, al posto del vecchio, decrepito, impresentabile Pd potrebbe venir fuori un’altra cosa.
E magari i sondaggi comincerebbero a segnalare un possibile 15-18% di elettori disposti a votarvi. Che fare? E lì sarà necessario sapere da prima dove si vuole andare a parare: un sindacato di tipo moderno? Un movimento di opinione organizzato che preme sulle istituzioni e sui partiti dall’esterno? Un partito?
Quello che vi pare, ma tenendo presente alcune regole del gioco: i movimenti spontanei non durano molto, lo spazio di una stagione, dopo o trovano uno sbocco organizzativo stabile e riconoscibile o evaporano (come successe alla pantera nel 1990, al movimento contro la guerra nel 1991, ai girotondi nel 2003-4, al movimento contro la guerra nel 2003, all’Onda nel 2008 eccetera) e al massimo fanno da concime elettorale a qualcuno stile il Pd.
Quindi è bene sapere che tipo di riferimento organizzativo si sta costruendo.
A proposito: la rete va benissimo per scambiarsi le idee, ma è un pessimo strumento organizzativo che alimenta verticismi di ogni sorta sotto l’apparenza della perfetta eguaglianza di tutti.
Si comincia sempre con l’uno vale uno, ma poi si arriva fatalmente all’uno vale tutto. Ricordatevi (scusatemi questo tono, ma devo farlo) che il peggior burocrate è il burocrate spontaneista che rifiuta ogni regola.
Soprattutto attenti al più pericoloso anti: l’anti politica che si nutre di una serie di scemenze del tipo “non siamo né di destra né di sinistra” (che è il passaporto per ogni opportunista), le soluzioni “semplici” e facilmente traducibili in slogan: i problemi complessi non hanno soluzioni semplici per definizione e la politica è prima di tutto studio.
Ci sarebbero altri consigli, ma non voglio apparire troppo pedante.
Ed allora buon lavoro e datevi da fare.
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