L’arte che rende sacro l’ordinario
di Gazzetta Filosofica (Antonio Martini)
L’esperienza artistica in Hegel ha a che fare con lo spirito, è un bisogno supremo di cui l’uomo non può fare a meno. L’arte ha a che fare con il quotidiano, con ciò che l’uomo esperisce e, partendo da questo, cerca di innalzarlo e spiritualizzarlo. L’arte si colloca quindi sulla linea mediana tra immediatezza e sovrasensibile, «è il termine medio che connette il concetto e la natura. […] presenta anche le cose più alte in maniera sensibile e perciò porta più vicino alla natura senziente.» (Hegel, Lezioni di estetica)
Grazie all’opera d’arte l’uomo può attualizzarsi, può produrre sensibilmente ciò che egli è spiritualmente. Nella sua attualizzazione artistica l’uomo si rende più consapevole e in questo modo si realizza. L’artista deve quindi essere un acuto conoscitore dell’animo umano, non in maniera tale da formulare teorie o produrre delle spiegazioni, ma affinché ci sia una certa affinità con lo spirito. L’artista deve sapersi muovere in ciò che è spirituale, deve quindi studiare l’animo umano, deve farlo diventare qualcosa di suo, altrimenti rischia di dare alla luce solo qualcosa di apparente, che si presta alla mediocrità.
« L’artista deve conoscere la profondità dello spirito e dell’animo, e tanto più lo deve quanto più egli si colloca in alto. Una tale conoscenza non la si possiede immediatamente, la si acquista soltanto attraverso lo studio del mondo interno ed esterno. È attraverso questo studio che l’artista ottiene la materia per la sua rappresentazione. » (Ivi)
Grazie all’innalzamento dello spirito, il divino diventa qualcosa di cosciente: per questo possiamo dire che attraverso l’opera d’arte Dio si manifesta nell’uomo. Ecco quindi che l’uomo diventa ciò che di più sacro c’è sulla terra: qui si colloca la differenza dell’arte romantica o cristiana, rispetto ai periodi precedenti. L’arte moderna deve rappresentare il posto in cui l’uomo si sente a casa propria, ossia la dimensione spirituale.
All’interno delle periodizzazioni che propone Hegel la poesia è rinvenibile nell’arte romantica, la fase posteriore all’arte simbolica e a quella classica; qui la libertà trova rappresentazione sensibile. La poesia è l’espressione della libertà interna, l’elemento sensibile è completamente spiritualizzato. L’esperienza artistica si situa proprio su questo innalzamento: quanto più l’arte è spiritualizzata, tanto più è poetica. Ogni arte è in un certo senso poetica, in quanto è qualcosa di prodotto dall’essere umano attraverso l’immaginazione. La poesia ha un ruolo particolare e privilegiato: mostra come l’essere umano sia parte del tutto chiamato realtà. Questo le è possibile in quanto si fa portatrice di parole, le quali permettono all’uomo di fermarsi sui concetti che medita. Una volta che il poeta ha concettualizzato internamente ciò che vuole esprimere, determinandolo in una forma, si rende più consapevole di sé, in quanto pone fuori di sé ciò che ha dentro.
« In quanto è coscienza, l’uomo deve porre davanti a sé, rendere oggetto per sé ciò che egli è e ciò che in genere è. […] Il bisogno universale dell’arte va dunque cercato nel pensiero dell’uomo, giacché l’opera d’arte è per l’uomo un modo di porre dinanzi a sé quel che egli è. » (Ivi)
La poesia non può fermarsi a rappresentare l’interno, ma deve affacciarsi al mondo: per fare questo non può che abbandonare il linguaggio comune, il quale tende all’astrazione. La poesia deve aspirare a farsi portatrice del tutto, non perdendo di vista però le parti, le quali devono avere un valore anche in se stesse, oltre che come parti. La poesia va al di là del significato ordinario che la prosa vorrebbe dare agli oggetti, servendosi del linguaggio per proporre una visione altra dell’oggetto. Andare oltre a ciò che il linguaggio comune propone come famigliare, per raggiungere un orizzonte di significato più vero, meno astratto.
« La poesia non può fermarsi soltanto a questo rappresentare poetico interno, deve bensì affidare le proprie configurazioni all’espressione linguistica. Qui essa deve assumere nuovamente un doppio obbligo. Per un verso, infatti, deve già disporre il proprio figurare interno in maniera tale che sia in grado di adeguarsi internamente alla comunicazione linguistica; e per l’altro verso non può lasciare questo elemento linguistico così come viene adoperato da parte della coscienza comune, deve trattarlo bensì in maniera poetica allo scopo di differenziarsi rispetto all’espressione prosaica sia nella scelta e nella collocazione sia nel suono delle parole. » (Hegel, Estetica)
L’arte e la poesia finiscono quando diventano prosa, quando c’è un passaggio nella dimensione del pensiero. L’arte giunge alla sua fine quando ha che fare con una mera rappresentazione del contingente, quando si fa prosaica, quando il soggettivo è visto come contingente e non come qualcosa di collegato con l’universale, con il teoretico. Questo è un rischio reale per l’arte e la poesia, in quanto trattando di ciò che concerne l’umano, la possibilità di ricadere nel particolare astratto è tutt’altro che impossibile. La forma astratta di cui l’uomo può fare esperienza nella sua particolarità è il sentimento: proprio per questo l’arte deve respingere il sentimento, non ricercarlo.
« Il sentimento è l’oscura, indeterminata regione dello spirito o la forma di tale regione. Quel che viene sentito è oscuro, avviluppato, soggettivo. […] il sentimento è soggettivo, l’opera d’arte però deve avere come contenuto qualcosa di universale, oggettivo. » (Hegel, Lezioni di estetica)
L’opera d’arte deve quindi essere giudicata da un conoscitore, da una persona che ha affinato il proprio gusto grazie alla conoscenza e non attraverso il sentimento. Detto questo però l’atteggiamento del conoscitore non è quello esclusivo, infatti l’opera d’arte, oltre ad essere per lo spirito, è anche per i sensi, in quanto si offre ad essi e non va loro oltre.
Il rischio dell’avere lo spirito umano come scopo è quello di prendere come buona l’intera gamma di sentimenti e inclinazioni che l’animo offre, ma non è questo il compito dell’arte. Essa infatti dovrebbe ricercare l’essenziale, dovrebbe tracciare una separazione tra ciò che va ricercato o meno. L’arte deve evitare la rozzezza degli impulsi dell’egoismo e al contrario «dovrebbe possedere essenzialmente uno scopo finale supremo e questo consisterebbe nell’addolcimento della barbarie e in genere nella diffusione della moralità.» (Ivi) Lo scopo finale dell’arte deve essere qualcosa di in sé e per sé essente, non può quindi avere a che fare con il mero piacere, il quale è casuale, accidentale. Produrre un’immagine dell’essenza, è questo lo scopo dell’arte, rivelare la verità in merito a ciò che succede all’interno dell’animo umano.
Il contenuto dell’arte e della poesia, per non cadere nel prosaico, deve essere concreto, presentarsi come qualcosa di soggettivo, individuale, in quanto pensato, ma non astratto. Allo stesso tempo la forma dell’opera d’arte deve essere concreta e lo è in quanto si presenta sensibilmente come qualcosa di individuale. Il problema sta nel capire quando il contenuto è concreto, perché di per sé il pensiero è astratto. Bisogna ricercare il pensiero concreto, affinché questo valga come vero pensiero e il pensiero concreto è il pensiero individuale, situato nel tempo e consapevole delle varie determinazioni che lo compongono. Ancora una volta emerge l’eredità principale dell’arte romantica: la messa al centro dell’uomo nel discorso artistico.
« Il contenuto veritiero è lo spirituale concreto, la cui figura è quella umana; perché questa soltanto è la figura dello spirituale, la guisa in cui lo spirituale può configurarsi in esistenza temporale. » (Ivi)
L’espressione della spiritualità propria dell’essere umano non può fare a meno di farsi poetica, in quanto ogni rappresentazione del mondo e quindi di sé non può che ricongiungersi al tutto organico e all’armonia dello scopo universale. Per questo motivo l’espressione di ciò che è l’uomo rifugge la prosa: rivolgendosi teoreticamente verso se stesso l’uomo ricerca il concreto e questo è possibile solamente abbassando il suono a mero strumento ed elevando la rappresentazione a luogo di disvelamento dello spirito.
« [La poesia] ha avuto inizio il giorno in cui l’uomo intraprese a esprimere se stesso […]. Nel momento in cui l’uomo stesso, in mezzo all’attività e ai bisogni pratici, si volge al raccoglimento teoretico e comunica se stesso, in quell’istante allora appare un’espressione più costruita, una prima eco poetica. » (Hegel, Estetica)
Attraverso l’espressione poetica il pensiero astratto viene ricondotto al concreto, in quanto la rappresentazione che la poesia offre sta in mezzo tra il puro pensiero e l’intuizione sensibile. Per far questo la poesia deve avere come scopo la rappresentazione del particolare, facendo vedere come le parti siano tali solo se unite al tutto, ma allo stesso tempo libere e autonome. La poesia va all’essenza delle cose passando attraverso il particolare e ricollegando la porzione di realtà presa in esame con il resto del tutto. L’atteggiamento poetico si deturpa quando cade nel prosaico, ossia quando ciò che viene accolto all’interno dell’espressione artistica è isolato, accidentale, non organico.
« [La mente prosaica] non ha per nulla a cuore la connessione interna, l’essenziale delle cose, le ragioni, le cause, gli scopi ecc., piuttosto le è sufficiente accogliere ciò che è e che accade, meramente come qualcosa di singolo, vale a dire nella sua insensata casualità. » (Ivi)
La rappresentazione prosaica, unico vero rischio di deterioramento della poesia, prende piede quando i fenomeni sono espressi in quanto leggi particolari, separati dall’universale, con legami che si presentano esteriori e finiti. Questo è il rischio se non si prende posizione rispetto alla coscienza comune, nella quale i fenomeni non sono portatori di alcuna realtà essenziale e per questo risultano astratti.
Fonte: https://www.gazzettafilosofica.net/2021-1/settembre/l-arte-che-rende-sacro-l-ordinario/
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