Agrovoltaico, l’energia verde prodotta nel verde
da SCIENZA IN RETE (Eleonora Cipriani)
È possibile concepire un sistema energetico che tenga conto del consumo di suolo da un lato, dell’insufficienza e dell’insostenibilità energetica dall’altro? Riusciamo a immaginare dei filari di vite carichi d’uva, o un gregge di pecore, ben integrati in un sistema che prevede anche un impianto solare? La risposta è sì, e dal dialogo tra i settori dell’agricoltura e dell’energia nasce l’agrovoltaico, un sistema di cui si parlerà anche alla prossima World Conference on Photovoltaic Energy Conversion (WCPEC-8), che si terrà a Milano dal 26 al 30 settembre 2022. Il General Chair dell’evento, giunto alla sua ottava edizione, sarà la ricercatrice italiana Alessandra Scognamiglio, architetto e già coordinatrice della Task Force Agrivoltaico Sostenibile presso il centro ricerche di ENEA, l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Probabilmente, non è un caso la scelta del profilo professionale della segretaria generale: l’agrovoltaico sembra essere una preziosa risorsa per il futuro, tanto da essere contemplato anche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Cos’è l’agrovoltaico
Nonostante manchi ancora una definizione univoca e ufficiale, “Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici” pubblicate dal MiTE (Ministero della Transizione Ecologica) nel giugno 2022 definiscono tali quegli “impianti fotovoltaici che consentano di preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione, garantendo, al contempo, una buona produzione energetica da fonti rinnovabili”. I pannelli sono quindi direttamente installati all’interno del terreno, ma con una disposizione tale da permettere le attività di coltura e pastorizia, preservando la natura agricola dell’area senza andare a impattare sulla produzione. Sia le celle fotovoltaiche sia le coltivazioni hanno infatti in comune la necessità di catturare energia solare, e dall’intersezione delle due aree è possibile ottenere un buon risultato senza ulteriore consumo di suolo, come prevedrebbe un impianto fotovoltaico tradizionale.
Un tentativo di dare linee più precise alla materia è stato fatto attraverso il position paper redatto il 2 marzo 2022 dalla Confindustria ANIE (Federazione Nazionale Imprese Elettroniche ed Elettrotecniche), nel quale sono ben spiegati i due tipi di sistemi agrovoltaici esistenti: quelli elevati da terra, che sono costituiti da impianti sopraelevati a un’altezza minima di circa due metri ma variabile in base al tipo di coltura; quelli interfilare, che prevedono l’alternanza netta di file di moduli fotovoltaici ad aree deputate alle attività agricole, maggiormente distanziate. In entrambi i casi le strutture possono essere fisse o ad inseguimento solare (rotanti), e sono studiate per rendere possibile il passaggio agile di macchinari automatizzati, per un’agricoltura digitale e di precisione. Un’ulteriore distinzione da fare è inoltre quella tra agrovoltaico e agrisolare: quest’ultimo, infatti, consiste nell’installazione di celle solari sulle superfici degli edifici agricoli, come tetti o ampie pareti, mantenendo però un approccio più tradizionale e meno innovativo.
La normativa
Il PNRR ha stanziato 1,1 miliardi di euro per aiutare lo sviluppo dell’agrovoltaico, all’interno della missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, con incentivi a fondo perduto. “L’Italia si pone come obiettivo quello di accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, al fine di raggiungere gli obiettivi europei al 2030 e al 2050” è quanto spiegato nelle Linee Guida, in accordo con il Decreto Legge 29 luglio 2021, n. 108, che contiene le disposizioni per l’attuazione delle misure previste dal PNRR, in coerenza con il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Il decreto esplicita la necessità di realizzare “sistemi di monitoraggio che consentano di verificare l’impatto sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture e la continuità delle attività delle aziende agricole interessate”, le cui violazioni comporterebbero la cessazione dei benefici. ll MiTE ha svolto lo scorso luglio una consultazione pubblica sul tema, nella quale ha annunciato la pubblicazione del primo bando per l’assegnazione delle risorse stanziate dal PNRR entro il 31 dicembre 2022, con apertura di sessanta giorni. Secondo il vademecum di SunCity (business partner della società A2A), pubblicato nell’agosto 2022, l’obiettivo prefissato dall’Italia prevede l’installazione di impianti agrovoltaici con capacità produttiva di 1,04 GW, per produrre circa 1.300 GWh annui, con riduzione delle emissioni di gas serra di circa 0,8 milioni di tonnellate di CO2 stimate.
Pro e Contro
I sistemi agrovoltaici sono un ulteriore passo verso la decarbonizzazione del sistema energetico e l’applicazione di soluzioni sostenibili in zone non strettamente urbanizzate, che può essere di rilievo in paesi con una forte tradizione agricola e zootecnica come l’Italia. Il vantaggio di avere strutture sopraelevate è la protezione delle colture dalla possibile minaccia degli agenti atmosferici, come l’eccessiva esposizione al sole (nociva per alcuni tipi di coltivazioni, che godrebbero dell’ombreggiamento dinamico dato dal movimento stesso del sole) o a fenomeni di grandine o precipitazioni abbondanti, che possono danneggiare le piantagioni. Al di sotto del pannello solare, si forma un microclima più fresco in estate e mite in inverno, che permette una riduzione del fabbisogno idrico a causa dell’aumentata umidità dei terreni; viceversa, l’attività agricola a stretto contatto con gli impianti ne abbassa la temperatura, favorendone l’efficacia nella produzione di energia. Infine, la costruzione di un sistema ibrido energetico-agricolo consente anche la rivalorizzazione di terreni marginali o abbandonati, che riacquisterebbero così una duplice utilità: la produzione di cibo e di energia pulita.
L’adattabilità dell’agrovoltaico a tipi di coltura anche molto differenti tra loro ha come contro l’impossibilità di avere un sistema standardizzato, essendo necessario studiare ogni progetto ad hoc; inoltre, i benefici dell’ombreggiamento sono molto variabili in base al tipo di piantagione, e da qui nasce il bisogno di avere delle valutazioni agronomiche e geologiche precise, che presuppongono una approfondita conoscenza dei fabbisogni della produzione. Non tutte le piante sono adatte all’agrovoltaico, soprattutto quelle che necessitano di molta luce come il mais e frumento. Oltre ad un generale scetticismo nei confronti di questa nuova soluzione (tipico delle tecnologie che devono ancora prendere piede), bisogna pur sempre considerare gli elevati costi iniziali a cui non tutte le aziende agro-pastorali possono far fronte. Infine, ad oggi non sono ancora del tutto delineati iter organizzativi unificati, rendendo più complicato il processo.
La situazione in Italia e nel mondo
Insomma: in Italia, l’approccio all’agrovoltaico è ancora timido e contenuto, soprattutto se messo a confronto con altri paesi europei, dove questi sistemi godono di una rapida espansione, o con realtà come l’India e la Cina, che grazie a un’intesa tra le aziende Huawei e Baofeng gode del più grande parco agrovoltaico del mondo, con una produzione stimata complessiva di 4,31 miliardi di kWh. Fortunatamente però, qualche esempio italiano c’è, come il caso di Le Greenhouse, un consorzio di aziende deputate all’agrovoltaico molto attivo nel Sud Italia: il suo fondatore e amministratore, Antonio Lancellotta, parteciperà alla conferenza mondiale di settembre (la WCPEC-8, citata in introduzione) durante la mattinata del terzo giorno, con un intervento dal titolo “Agrovoltaic Plant Management: How to Optimize Energy Production and Agricultural Output”. Lancellotta è anche il vincitore della categoria “Sostenibilità e transizione ecologica” dell’Oscar Green 2022, riconoscimento annuale promosso da Coldiretti Giovani Impresa.
Di agrovoltaico si è parlato anche nel Convegno annuale del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica, tenuto il 17 marzo 2022 all’accademia dei Lincei. Franco Miglietta, dirigente di ricerca presso il CNR, ha spiegato che l’installazione di impianti agrovoltaici a inseguimento solare permetterebbe la produzione di fino al 30% in più di energia rispetto a un normale impianto a terra: con questa valutazione, realizzabile e non solo ipotetica, 173 mila ettari di superficie agricola (pari al 2,3% del totale) sarebbero sufficienti per coprire l’intero fabbisogno elettrico della Nazione. Di fatto però, sottolinea Miglietta, le potenzialità dei sistemi agrovoltaici in Italia sono limitate dalla legislatura che, con l’ultima normativa (il “Decreto Energia”, convertito poi in Legge 27 aprile 2022, n. 34), prevede un utilizzo non superiore al 20% dell’estensione del terreno: questo permetterebbe la costruzione solo di impianti medio-piccoli, con la perdita di tutti i vantaggi dati da un’economia di scala. Il rischio, con una normativa così restrittiva e controproducente, è quello di ostacolare quello che potrebbe essere un ottimo compromesso che abbraccia sia l’agricoltura che l’energia, risorse indispensabili per il nostro presente e futuro.
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