La fabbrica dei bambini transessuali
di LIBERO PENSARE (Piero Cammerinesi)
Ci sono pezzi che sembrano scriversi da soli, con leggerezza, altri richiedono fatica, attenzione a ogni parola, a ciascun concetto. Qualcuno esce con dolore dalle dita che picchiano sulla tastiera, come se ogni tasto fosse un colpo ricevuto, una stilettata. E’ il caso di questo, il cui titolo è già sofferenza, certezza di vivere in un incubo, con la rabbia dell’impotenza e il senso di colpa per non riuscire a fare nulla per modificare le cose, salvo farle conoscere, da vox clamantis in deserto.
Sì, esistono le fabbriche dei bambini transessuali e un giorno qualcuno dovrà rendere conto all’umanità e al Creatore del male che sta facendo. Abbiamo letto in rete alcuni brani di un recente libro francese, La fabrique de l’enfant trans-genre, scritto da due note psicologhe e dottoresse in medicina, Céline Masson e Caroline Eliacheff, non tradotto in italiano. La sua uscita ha provocato le solite pseudo tempeste mediatiche provocate ad arte da mestatori professionisti, subito seguiti da attivisti di alcuni settori del variopinto arcobaleno LGBTQI (e chi più ne ha, più ne metta). Lavora a pieno ritmo la polizia del pensiero, che i curatori del libro chiamano Santa In-queer-sizione, dal nome di una delle parole della neolingua sessualmente corretta. Si sta infatti verificando il consueto baccano di censura, intolleranza e odio furioso che accompagnò, mesi fa, l’uscita di Nessuno nasce nel corpo sbagliato, altro libro controcorrente sul controverso tema della (vera o presunta) disforia di genere.
Le autrici denunciano, con la precisione del bisturi di un chirurgo, il delirio trans che ha invaso la vita dei ragazzi e dei bambini, a partire dalla neolingua di stampo orwelliano con cui viene trattato il delicatissimo tema della transessualità, diventato centrale nella pazza – o criminale? – agenda della postmodernità, che pare dettata dalle tre streghe di Macbeth.
La disforia di genere è la non coincidenza tra il sesso biologico e il sesso psicologico, ovvero percepito. Scienza e senso comune hanno sempre concordato – tranne pochi casi da trattare con sensibilità, delicatezza ed empatia- sul fatto che sbaglia (perdonate il termine) il sesso psicologico. Nella stragrande maggioranza dei casi il problema è appunto psicologico e come tale va trattato, specialmente nella fase complessa della pubertà, la transizione tra infanzia e età adulta in cui si modifica l’aspetto fisico, il sistema endocrino e viene a maturazione la personalità. Ciascuno di noi è testimone della confusione di quel periodo fatidico della vita, in cui – contemporaneamente – “non si è più e non si è ancora”.
Il momento più propizio, quindi, per i nuovi stregoni, di assestare l’ultimo colpo, il definitivo, alla decostruzione e alla distruzione dell’identità personale, intima, delle nuove generazioni. Il nuovo trans-verbo, contro evidenza e buon senso, afferma che – come in tutti gli altri campi della personalità individuale e collettiva – a equivocarsi è la natura, chiamata per l’occasione biologia. Non conta più l’identità sessuale che il caso o Dio ci ha assegnato, vale ciò che ci sentiamo di essere.
Masson ed Eliacheff chiariscono fin dall’inizio di non voler trattare la condizione degli adulti transessuali. Costoro sono sempre esistiti ed è del tutto legittimo rispettarne le decisioni, che sono parte dell’esercizio della libertà, anche quando non la capiamo e talvolta ci ripugnano. Le autrici parlano di un “diritto all’indifferenza”, a passare cioè inosservate, delle persone transessuali. Il problema – gigantesco – si pone per i minori e i bambini, nei cui confronti viene condotta una campagna di menzogna, indottrinamento, condizionamento, tanto più colpevole in quanto diretta a soggetti fragili per l’età e per il fatto che la possibile, transitoria confusione nell’identità personale e sessuale, anziché essere trattata per ciò che è – un frutto della particolare stagione della vita alla quale dedicare un’attenzione amorevole, tesa a rimuovere le patologie (quando ci sono) – è sfruttata per modificare la percezione di sé fino alle estreme conseguenze. Le famiglie e la società hanno il compito ingrato di difendere i più giovani anche da se stessi e da desideri o preferenze che sono, nella maggioranza dei casi, effimeri, provvisori.
Al contrario, oggi si enfatizzano momenti o capricci trasformandoli in desideri (e poi in diritti!) con il pretesto della cosiddetta transizione mentale. Si tratta di una battaglia di immensa portata, sulla quale non si può cedere né arretrare di un centimetro, sfidando ogni rischio. Si comincia con il cambio di nome, l’”alias” con cui si vuole essere chiamati e sta diventando prassi in qualche scuola italiana, e si finisce con l’aggressiva somministrazione di potentissimi farmaci e in molti casi con la mutilazione genitale. Il tutto sotto l’ala protettiva del riconoscimento istituzionale.
Le autrici del libro sottolineano il ruolo nefasto delle reti sociali, diventate il più pericoloso luogo d’incontro “virtuale”, di autoriconoscimento, di manipolazione e conformismo alimentato da torme di interessati influencer, non di rado agenti retribuiti di chi alimenta la decostruzione e la disidentificazione dei nostri ragazzi. I nuovi media sono il luogo preferito della propaganda a senso unico a favore della transessualità puberale e finanche infantile.
Sono numerosi i trans-influencer che raccontano su Instagram, YouTube e Tik Tok le delizie del cambio di sesso, quando non incoraggiano direttamente la mutilazione. Nel libro vengono indicati ben dodici ambiti dell’influenza pro-transgenere dei social network. Tra questi, l’accettazione in una nuova comunità (o meglio community) diventato per i più un momento essenziale, il rito postmoderno di iniziazione; l’uso frenetico della neolingua, culminato nell’accoglimento di nuovi termini e sintagmi nel linguaggio accademico e nell’aggiornamento dei dizionari sulla base di fantomatici studi “queer”; una fede incrollabile nell’irrazionale; la propaganda della vittimizzazione. Infine, una singolare democratizzazione dell’istinto sessuale in cui ogni pulsione, atto o fantasia che sia “desiderabile”, deve essere realizzabile, anche, con la produzione artificiale di testosterone e ormoni sessuali. Di passaggio, le due dottoresse mostrano l’aumento costante dei profitti dell’industria farmaceutica e di un settore dell’industria sanitaria, il cui nome dovrà essere aggiornato, giacché nulla a che fare con la terapia, la salute, il benessere fisico. E’ insomma in piena azione la fabbrica dei bambini transessuali, con la collaborazione di settori educativi, scuola, influencer, medici, parte del sistema politico e dell’apparato culturale. Il libro si conclude con l’affermazione che nulla di ciò che viene fatto credere e ritenuto certo è tale:
“prendere una fantasia per un desiderio e far credere che sia realizzabile, positivo, innocuo, è fonte di confusione, non di sicurezza.”
Abbiamo ricercato ulteriori informazioni. La Friend’s Central School di Filadelfia, ad esempio, ha tra gli educatori di bambini un eminente pedagogista convinto che ognuno di essi è
“un essere sessuale libero di sperimentare le numerose etichette che definiscono le diverse attitudini sessuali, un buon inizio perché permettono di identificarsi facendo più esperienze, provando più situazioni”.
Sostiene altresì che ogni adulto deve educare i bambini alla “sessualità trasformativa”. Se le parole nel vocabolario invertito hanno ancora un senso, trasformativo significa “relativo alla trasformazione, ciò che ha la proprietà e la funzione di trasformare”. Ossia, dobbiamo convertire noi stessi – e innanzitutto giovani e bambini – in esseri sessualmente fluidi, “trans”. Contemporaneamente, normalizziamo la pederastia e la sessualizzazione dei bambini. Idee veicolate non da stravaganti o squinternati, ma da soggetti posti in cattedra: quindi il potere è d’accordo con loro. Lasciamo ad altra occasione l’indagine sulle motivazioni del potere e stiamo ai fatti. Si sta attivamente agendo per indurre nelle ultime generazioni la confusione dell’identità più intima.
Per descriverla, non troviamo parole diverse da crimine contro l’umanità.
In giro per l’occidente fiutano l’affare e aprono cliniche per baby trans. Un ex dirigente, atterrito da ciò che ha visto e fatto, ha denunciato il centro in cui lavorava, rivelando che
“le medicine che bloccano la pubertà hanno spinto sempre più minori a cercare di togliersi la vita. E i ragazzi pentiti del cambio di sesso erano trattati come appestati.”
Se vi piace vivere in una civilizzazione di questo tipo, accomodatevi, dopo aver guardato negli occhi i vostri figli o un bambino qualunque che gioca ai giardini pubblici. Sappiate però che l’operazione viene dall’alto. La Fondazione Rockefeller e la Edmond de Rothschild Foundation (i filantropocapitalisti…) hanno creato appositi programmi e associazioni per promuovere l’ideologia di genere. Basta la vista delle serie televisive, un’occhiata ai programmi di intrattenimento, alla pubblicità commerciale, per verificare come essa venga propagandata senza contraddittorio h.24.
Del festival di Sanremo il tacere è bello. Nel frattempo, le teorie gender entrano nelle scuole, anche elementari, nonostante le istituzioni continuino a negarlo. Un caso emblematico fu la vicenda del povero Brian Reimar, nato maschio, educato da psicologi comportamentisti radicali a riconoscersi come femmina. Cavia perfetta: a seguito della perdita del pene avvenuta per errore durante un’operazione chirurgica di circoncisione, gli venne attribuito il nome Brenda. Il suo mentore – diciamo così – fu John Money, uno dei primi sostenitori dell’idea che l’identità sessuale sia solo un costrutto sociale, di cui è banditrice la filosofa ultrafemminista lesbica Judit Butler. Money dichiarò di aver fatto accettare a Reimer la nuova condizione; era assai ben visto nell’alta società americana, proponeva in applaudite conferenze e scritti alla moda, argomenti a favore del matrimonio “aperto” e del sesso “fluido”, nonché della libera sperimentazione di ogni desiderio sessuale, anche i più estremi. Nel 1980 affermò su Time che un’esperienza pedofila “non aveva necessariamente un influsso negativo sul bambino”. Money restò per tutta la vita un beniamino del sistema, ottenne premi e riconoscimenti e fondò la prima clinica per modificare l’identità di genere, fatto celebrato con enfasi dalla grande stampa. L’esperimento con il malcapitato Brian/Brenda finì malissimo: psicologi indipendenti scoprirono e dimostrarono i suoi disagi: lo sventurato non si era mai sentito Brenda è morì suicida nel 2004 a trentotto anni. I casi di ripensamento dei soggetti convinti al cambio di sesso in età puberale sono numerosi.
La prescrizione di farmaci potentissimi, molto cari e dai gravi effetti collaterali aumenta, con effetti negativi per i pazienti ma con ottimi risultati economici per i produttori, tanto più che la ricetta, nei paesi più “avanzati”, si ottiene con la semplice, equivoca diagnosi di disforia di genere. Secondo l’Agenza Italiana del Farmaco, citata nella rivista Scienza e Vita del novembre 2018, il blocco farmacologico della pubertà e degli ormoni sessuali potrebbe compromettere definizione e funzionalità delle parti del cervello deputate alla strutturazione dell’identità sessuale. Si verificherebbe dunque un disastroso disallineamento tra sviluppo fisico e cognitivo. Lo stesso onnipotente manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali americano DSM- V (finanziato da Big Pharma) dichiara che sino al 98 per cento dei maschietti con confusione di genere e l’88 per cento delle femminucce accetta il proprio sesso biologico al termine della pubertà. Riempirli di farmaci bloccanti significa inibire processi fisici e cognitivi naturali, oltreché rendere problematico o impossibile, nell’età adulta, concepire figli: il cerchio si chiude.
Lo sgomento è grande, enorme la voglia di fuggire in un inesistente altrove e urlare, come in un vecchio film, fermate il mondo, voglio scendere.
Roberto Pecchioli
Fonte: https://www.ereticamente.net/2023/02/la-fabbrica-dei-bambini-transessuali-roberto-pecchioli.html
FONTE: https://liberopensare.com/la-fabbrica-dei-bambini-transessuali
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